L’INDAGINE DEL GARANTE PRIVACY SUL GREEN PASS
Dopo l’inchiesta scattata nei giorni scorsi dalle pagine del “Fatto Quotidiano”, ora pure il Garante della Privacy e le due Procure di Milano e Roma indagano sui migliaia di Green Pass autentici finiti online all’insaputa dei titolari, scaricabili da piattaforme web, Telegram e dark web.
Se aggiungiamo tali inchieste a quelle scaturite sulle migliaia di certificati anti-Covid con nomi falsi acquistabili in rete, la cornice del “mercato nero” del Green Pass si fa inquietante. La nuova indagine parte dalla scoperta di un esperto informatico toscano su almeno 1.500 Green Pass trovati con semplice ricerca sul web (tramite nota piattaforma): «tre file da 700, 500 e 300 certificati ciascuno, scaricabili facilmente da una nota piattaforma, almeno il 70% dei quali letti correttamente dall’app di ufficiale Verifica C19», riporta “QuiFinanza.it”. Dopo le prime denunce, il Garante Privacy ha deciso di avviare indagine, dando anche mandato alla Guardia di Finanza di acquisire gli archivi on line.
GREEN PASS FINITI SUL WEB: COSA SUCCEDE
«Migliaia di green pass, apparentemente autentici, disponibili on line all’interno di una nota piattaforma di file sharing e scaricabili da chiunque, con il serio rischio che possano essere manipolati o commercializzati», si legge nella nota datata 20 novembre dal Garante Privacy nazionale. Considerata la gravità e la pericolosità di questa illecita diffusione di dati personali particolarmente delicati, il Garante per la protezione dei dati personali «ha avviato d’urgenza un’indagine per accertare le modalità con le quali questi dati siano finiti in rete e ha dato mandato al Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi tecnologiche della Guardia di Finanza di acquisire gli archivi on line e accertarne la provenienza». A Roma e Milano aperti due differenti fascicoli a partire dalla medesima segnalazione: nella Capitale si indaga sui certificati disponibili e scaricabili da piattaforma web, mentre in Lombardia si investiga sui Green Pass reperibili online nelle altre modalità (sempre illecite). Al momento sono in corso ulteriori indagini per risalire agli indirizzi ip di chi ha caricato in rete i certificati e individuare poi successivamente chi li ha acquisiti concretamente.