Nessuna novità, solo la “conferma” di quanto finora raccolto dalla Procura di Brescia sul caso Amara-Loggia Ungheria: con la chiusura delle indagini già notificata ad ottobre ai diretti indagati, il procuratore Francesco Prete e il pm Donato Greco confermano la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex consigliere Csm Piercamillo Davigo e il pm milanese Paolo Storari.
L’atto giunto in mano del gip vede scritto, spiega “Il Corriere della Sera”, richiesta di processo per “rivelazione di segreto”: i fatti sono noti, Storari avrebbe fatto circolare nella primavera 2020 i verbali segreti dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara (all’epoca ancora teste chiave del processo Eni-Nigeria) in mano all’ex giudice di Mani Pulite, vista la reticenza della Procura di Milano nel recepire la possibile pericolosità della presunta Loggia massonica “Ungheria”. Tale consegna dei documenti secretati non può essere, per la procura di Brescia, «scriminata né dal fatto che fosse stato Davigo a rassicurare Storari sulla liceità della consegna e sulla non opponibilità del segreto investigativo a un consigliere Csm; né dal movente di Storari di lamentare i contrasti con il procuratore Greco e la coassegnataria procuratrice aggiunta Laura Pedio sui ritardi (a suo avviso) nell’avviare concrete indagini».
CHIUSE LE INDAGINI SULLA PRESUNTA LOGGIA UNGHERIA
Con la chiusura delle indagini emerge, sempre sul “CorSera”, che tra le successive rivelazioni di segreto imputate a Davigo si trovano anche l’invio delle carte al vicepresidente del Csm David Ermini, membro del Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore. Come rilevato dallo stesso ex Pd nella deposizione ai pm di Brescia, Ermini ricevette da Davigo anche copia dei verbali che però poi distrusse ritenendoli «irricevibili», pur avendone comunque parlato con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ulteriori rivelazioni d’ufficio sotto inchiesta anche quelle di Davigo ai consiglieri Csm Giuseppe Marra, Giuseppe Cascini, Ilaria Pepe, Fulvio Gigliotti e Stefano Cavanna, alle due segretarie Marcella Contraffatto (accusata dalla Procura di Roma di essere il “corvo” interno al Csm per aver rivelato in forma anonima i verbali al consigliere Csm Nino Di Matteo e poi alla stampa) e Giulia Befera, al presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Nicola Morra (senatore M5s). Nel caso di quest’ultimo dialogo, spiegano i pm nell’atto inviato al gip, il colloquio privato tra Davigo e Morra sarebbe avvenuto «fuori da qualunque regola, e solo per motivare i contrasti insorti con il consigliere Csm Sebastiano Ardita». Sul filone Amara-Eni, sono stati fissati per la settimana prossima gli interrogatori del procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e del pm Sergio Spadaro (ora alla Procura Europea) entrambi indagati per rifiuto d’atti d’ufficio per la gestione di Vincenzo Armanna, l’accusatore principe nel processo Eni-Nigeria (poi conclusosi con assoluzione degli imputati, ndr). In sostanza, per loro l’accusa è quella di aver nascosto il video tra Amara e Armanna che sarebbe potuta essere una prova “in favore” dell’imputato Descalzi. Ai pm di Brescia, sentito anche su questo filone, Storari disse lo scorso giugno «non dovevo toccare Amara e Armanna, servivano nel processo Nigeria».