In Giappone il covid si starebbe auto estinguendo, eliminando praticamente da solo. A sostenere tale ipotesi, alquanto interessante e suggestiva, e nel contempo affascinante, è un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Genetica e dell’Università di Niigata, secondo cui le continue mutazioni avrebbero di fatto ucciso il covid. Mauro Minelli, immunologo e responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la Medicina Personalizzata, ha commentato così ai microfoni dell’Huffington Post: “L’ipotesi della ricerca giapponese fa emergere per la prima volta i punti deboli del Covid-19: il virus che pensavamo invulnerabile, a furia di mutare, è rimasto impigliato nelle sue stesse mutazioni evolutive, con il risultato di immobilizzarsi da solo. È un precedente da tenere bene in considerazione, anche ai fini della ricerca scientifica e dell’immunoprofilassi”.
Il professor Itsuro Inoue, capo del di ricerca dell’Istituto Nazionale di Genetica e della Niigata University, parlando con il The Japan Times, ha meglio specificato i risultati a cui è giunto il suo gruppo di ricerca, sostenendo che: “La variante Delta in Giappone era altamente trasmissibile e aveva soppiantato le altre varianti. Ma crediamo che, man mano che le mutazioni si accumulavano, alla fine il virus sia diventato difettoso e non sia stato più in grado di replicarsi. Considerando che i casi non sono aumentati, pensiamo che a un certo punto si sia andato verso l’estinzione naturale a causa delle mutazioni”.
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Al di là delle vaccinazioni (in Giappone il 76.1% della popolazione è immunizzata con doppia dose), e delle misure rigide anti contagio, secondo i ricercatori sarebbe proprio questo meccanismo di “auto-eliminazione”, a giustificare il calo vistoso di contagi degli ultimi mesi. Basti pensare infatti che ad agosto si contavano 25mila positivi sull’isola nipponica, mentre oggi sono soltanto poche centinaia, traguardo raggiunto senza particolare misure restrittive. I virus sono soliti mutare e spesso e volentieri diventano più aggressivi, vedi il covid passato dal ceppo di Wuhan, a quello inglese, quindi indiano, divenendo sempre più contagioso, ma in alcuni casi queste metamorfosi possono risultare controproducenti. “I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Genetica giapponese e della Niigata University – spiega ancora Minelli – pensano che Delta abbia accumulato troppe mutazioni a carico della proteina nsp14, responsabile della correzione degli errori di copiatura durante la replicazione virale. Il malfunzionamento della proteina avrebbe innescato l’autodistruzione dell’agente virale. Non è una novità assoluta: è un meccanismo conosciuto ma che in questo caso, se l’ipotesi fosse confermata, avrebbe il primato di aver reso manifesti i punti deboli del coronavirus”.
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I ricercatori giapponesi sono giunti a tale conclusione analizzando nel dettaglio la variante Delta e scoprendo che la diversità genetica in essa nascosta era molto più ridotta rispetto a quella della variante Alfa: in poche parole il virus aveva subito un blocco evolutivo dovuto ad un eccessivo accumulo di mutazioni. Ma è auspicabile un’auto-estinzione anche in Europa e in Italia? Secondo Minelli la risposta sarebbe negativa: “Si tratta di uno scenario meno probabile considerando che all’estero è stato riscontrato un numero di mutazioni a carico di nsp14 minore di quello osservato in Giappone. L’ipotetico blocco evolutivo verificatosi nel paese asiatico sarebbe auspicabile, ma al momento potrebbero non esserci i presupposti per aspettarsi una replica del fenomeno nipponico”.
Difficile anche comprendere cosa accadrà dopo la variante Delta, ma secondo Minelli: “gli scenari potrebbero essere diversi, ma credo che l’evoluzione più realistica potrebbe essere un ‘perfezionamento’ del virus, mirato ad acquisire una maggiore resistenza nei confronti dei farmaci e del vaccino. Ma per riuscirci il virus ha bisogno di ‘incubatori’ in cui moltiplicarsi e mutare la nostra arma per impedirlo è il vaccino: solo così possiamo anticipare il Covid e neutralizzare la sua capacità di replicarsi e modificarsi. Questo è ciò che possiamo fare nella nostra parte di mondo, ovviamente quello che accade in altri Continenti non è da sottovalutare. Per esempio l’Africa, dove è ancora grande il dramma dei ritardi nella vaccinazione, continua ad essere un grande incubatore per il virus”.