L’Oceano Artico è sempre più caldo dal ‘900. A rivelarlo, secondo quanto riporta Open, è uno studio dal titolo “Rapid Atlantification along the Fram Strait at the beginning of the 20th century”, che tra le firme ha anche alcuni ricercatori italiani, tra cui Tommaso Tesi e Francesco Muschitiello. I risultati, pubblicati recentemente sulla rivista Science, mostrano che la temperatura dell’acqua è aumentata di due gradi dall’inizio del secolo scorso.
La scoperta è stata fatta attraverso l’analisi di alcuni sedimenti marini raccolti dallo Stretto di Fram, un tratto di mare che separa le isole Svalbard dalla Groenlandia, e viene definita dagli esperti “inquietante”. Il motivo risiede nel fatto che potrebbe cambiare totalmente le previsioni finora effettuate in merito al cambiamento climatico. I modelli utilizzati in questi anni, infatti, avevano fissato l’inizio del fenomeno di riscaldamento delle acque nei primi decenni del Novecento. Esso, tuttavia, sembra essere più antico: risale ai primi anni del XX secolo. La situazione, da quel momento, è sempre più peggiorata. “È possibile che l’Oceano Artico sia più sensibile ai gas serra di quanto si pensasse in precedenza”, dicono gli scienziati.
Oceano Artico sempre più caldo dal ‘900: i motivi
I ricercatori che hanno condotto lo studio sul cambiamento climatico si stanno adesso domandando quali siano i motivi per cui l’Oceano Artico sia sempre più caldo dal ‘900. Le colpe potrebbero essere proprio dell’uomo. “Stiamo parlando dei primi anni del secolo scorso e già da allora abbiamo sovralimentato l’atmosfera con anidride carbonica”, ha sottolineato il dott. Francesco Muschitiello, come riportato da Open.
L’aspetto su cui tutti sono d’accordo, ad ogni modo, è quello relativo al fatto che tale scoperta può cambiare profondamente le previsioni rispetto al futuro. “È importante comprendere la causa di questa rapida atlantificazione (il processo di infiltrazioni delle acque dell’Oceano Atlantico nelle correnti dell’Artico, ndr), nonché le discrepanze tra le simulazioni del modello e le ricostruzioni che conosciamo ora”, ha detto il ricercatore americano Rong Zhang.