C’è il sostegno di 800 euro al genitore separato che non ce la fa a pagare l’assegno di mantenimento a coniuge o figli; c’è la rimozione del divieto di cumulo tra assegno di invalidità e piccolo reddito da lavoro; c’è anche la soppressione della Tari per gli immobili della Chiesa. C’è un po’ di tutto nel nuovo decreto fisco-lavoro sdoganato l’altra sera dal Senato, grazie a un voto di fiducia. Ma non c’è invece la proroga della cassa integrazione Covid, ammortizzatore volto a sostenere i settori maggiormente piegati dalla pandemia, primo tra tutti il turismo, e nello specifico il segmento che comprende agenzie di viaggio e tour operator. “Siamo allibiti per la sostanziale scomparsa della proroga Cig a beneficio dei settori più colpiti dalla pandemia dal decreto fiscale approvato in commissione e in Senato”.
Lo dicono in una nota congiunta Fto – Federazione Turismo Organizzato di Confcommercio, Aidit Federturismo Confindustria, Astoi Confindustria Viaggi, Assoviaggi Confesercenti, Fiavet Confcommercio, e Maavi Conflavoro. “Un eventuale problema di coperture finanziarie per la modifica tanto attesa dalle aziende del nostro comparto non giustifica l’insipienza e l’insensibilità della politica nei confronti del segmento dell’economia italiana più flagellato dalla pandemia, dopo ben 20 mesi di blocco pressoché totale”. “Evidenziamo con forza – prosegue la nota – che si sta avallando con colpevole negligenza lo smantellamento di un settore cruciale come il turismo organizzato. Sorprende che il G20 di ottobre abbia riconosciuto questo come il comparto più gravemente ridimensionato dall’emergenza sanitaria, che il Presidente del Consiglio Draghi abbia ripetuto più volte il concetto e che il ministro dell’Economia Franco lo abbia ribadito in audizione sul Ddl Bilancio, ma che poi il Governo non faccia assolutamente nulla per traghettare il turismo oltre la pandemia. Ormai le risorse si sono completamente esaurite e molti imprenditori sono allo stremo delle forze”.
Cos’è successo? Solo dieci giorni fa le rappresentanze che ieri hanno rilasciato la nota avevano presentato alcune proposte di modifica al decreto votato l’altra sera, prima tra tutte proprio la proroga di ulteriori 12 settimane di Cig, fino al 31 marzo, e la proroga del credito di imposta affitti fino al 31 dicembre, con possibilità di cessione estesa al 30 giugno 2022. “Provvedimenti che aiuterebbero ad alleviare una situazione ormai molto difficile, che vede a rischio oltre 10 mila imprese e 80 mila lavoratori – avevano annunciato le organizzazioni -. Situazione dalla quale, tuttavia, possiamo pensare di uscire soltanto con una prudente e sicura riattivazione delle tratte extra Ue, proprio come avvenuto negli altri Paesi europei. Ci auguriamo che tali proposte possano trovare il parere favorevole del Governo”.
E invece…
La cassa integrazione con causale Covid-19 (80% del salario totale normale, versata interamente da Inps, ma spesso anticipata dalle imprese datoriali) era stata introdotta per affrontare il periodo di emergenza sanitaria. La Cig-Covid recentemente è stata estesa fino alla fine del 2021 (con un decreto specifico, lo scorso 21 ottobre: è un periodo aggiuntivo di cassa di 13 settimane (dall’1 ottobre al 31 dicembre) per l’assegno ordinario FIS e CIGD, e di 9 settimane per alcuni specifici settori che sono stati duramente colpiti dalla crisi economica, come l’industria tessile e dell’abbigliamento. Ed è proprio su questo punto che s’innesta la forte protesta del turismo organizzato: perché diecimila imprese, tutte praticamente ferme da 20 mesi, devono restare escluse dal provvedimento?
Tre le motivazioni possibili. Prima: dei circa venti miliardi di disavanzi nelle casse Inps, quasi 15 sono imputabili proprio alla Cig-Covid, e quindi qualche ramo doveva essere sacrificato. Seconda: nelle due estenuanti maratone notturne in commissione, e poi nella votazione di fiducia (senza emendamenti) in Senato, ci sono state colpose distrazioni, che comunque potrebbero essere sanate con aggiustamenti in corso d’opera già prima del voto alla Camera. Terza (più grave): si era pensato (erroneamente, viste le nuove restrizioni arrivate con la variante Omicron) che corridoi turistici e libertà ritrovate potessero rimettere in moto la macchina di tour operator e agenzie, nel pervicace affidamento in un turismo che “sa sempre salvarsi da solo”.
Se c’è una cosa che il Covid ci sta insegnando, però, è che nessuno si può salvare da solo, men che meno chi si è ritrovato tra le mani un mestiere che di fatto non esisteva più. Il settore che sta protestando ha perso 11 miliardi sui 13 che produceva. Certo, non sarà manifattura, ma non è nemmeno un qualcosa di aleatorio o immateriale: i viaggi (sia leisure che business) implicano personale, trasporti, ospitalità, un bel po’ di anelli di quella lunga catena che è l’industria del turismo. Quella che il Governo ha più volte indicato quale motore di ripartenza. Davvero si vuole spezzare l’equilibrio minacciando l’intera filiera?
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