Chi ha visto la piattaforma di lancio delle navicelle satellitari nella Guyana francese, da cui venivano e vengono lanciati anche i satelliti dotati di combustibile non liquido ma solido prodotti da quell’azienda meravigliosa che era ed è l’italica Avio, comprende perché nella relazione di concorrenza e di cooperazione insieme tra Italia e Francia, nella conquista di sempre più importanti frontiere tecnologiche nello spazio, la differenza competitiva tra le aziende francesi e italiane è costituita dalla differenza enorme che esiste tra i due Paesi nella cosiddetta total factory productivity. Ossia nella produttività totale dei fattori.
L’impero consente alla Francia di disporre di una piattaforma di lancio che l’Italia non potrebbe mai avere, perché non possiede ciò che invece grandi imprese come quelle francesi hanno: una piattaforma in grado di disporre di mezzi tecnologici che consentono di sfìdare l’assalto al cielo senza vincoli ambientalistici o di varia ideologica natura.
Da quella piattaforma oltreoceano le aziende francesi (e italiane, ben inteso) possono lanciare i loro magnifici vettori in un ambiente naturale meraviglioso e tra dirigenti e lavoratori che si dedicano a quel difficilissimo lavoro con entusiasmante e coraggiosa dedizione. Provare per credere, come toccò a me anni e anni or sono. Non mi sono quindi stupito di leggere che la prima conseguenza del Trattato tra Italia e Francia è stata l’applicazione dell’articolo 7, dedicato appunto alla collaborazione spaziale. Essa ha avuto una prima conseguenza, inevitabile se non auspicabile: sottrarre all’Agenzia per lo spazio italiana la disponibilità delle risorse destinate all’Italia dal Pnrr girandole a quella europea, con le conseguenze che sono immediatamente percepibili a tutti.
Intendiamoci: non si tratta di complotti, ma del normale rapporto tra capitalismi estrattivi come quello francese e quelli da essi dominati (quello italiano). Un capitalismo, quello italico, che ha aderito all’Ue in forma subalterna. Mente quello francese aderì in forma dirigente in partenariato con il capitalismo tedesco (il cosiddetto capitalismo renano). Un capitalismo che all’Ue ha aderito in forma subalterna, come il capitalismo italiano, da questa subalternità non può che essere sempre preformato, spazio o non spazio.
Potremmo far la storia di ciò che ha avvenuto con minuzia di particolari: dal da farsi parlamentare dell’onorevole Tabacci all’attivismo renano del ministro Colao. Ma tutto ciò si può trovare più che sui quotidiani sulle riviste on line di chiara e affidabile fama e quindi qui non ci dilungheremo su fatti che i quotidiani non raccontano, ma di cui vi è traccia storiografica.
Il ministro Colao, in definitiva, ha firmato un accordo con il direttore generale dell’Esa che prevede che sia questa agenzia dell’Ue a gestire le scelte industriali e la contrattualistica di competenza Asi, in larga parte del Pnrr, ma anche appartenente ad altre sorgenti per un totale intorno agli 1,8 miliardi di euro; il 60% dei fondi riguarda le Osservazioni della terra mentre i programmi Vega e Space Rider (quest’ultimo a leadership italiana) si dividono in egual misura il 40% rimanente. Di qui la conclusione inevitabile che si opera in tal modo perché si crede che solo con l’affidamento all’Esa i vincoli imposti dall’Europa potrebbero essere rispettati.
È a ciò che pensavo discutendo con interlocutori molto seri che lamentavano il fatto che così facendo le nostre aziende potrebbero essere sottoposte all forche caudine di un controllo francese e tedesco che lederebbe i nostri diritti e la privacy delle nostre proposte. Ma questo stracciarsi le vesti mi ricorda le critiche del vecchio Karl Marx ai socialisti utopistici: si lamentavano di un mondo che non era benevolo verso gli ultimi, dimenticando che si trattava non di una società indifferenziata ma del sistema capitalistico, dove la centralizzazione della produzione di ricchezza e quindi del plusvalore segue quando necessario i confini nazionali, ma solo se essi favoriscono quella centralizzazione e valorizzazione.
Così è oggi per l’immenso reservoir di risorse costituito dalla ricerca e dallo sfruttamento dello spazio. È nello spazio la vera nuova frontiera del futuro tecnologico e sociale non solo europeo, ma mondiale. È “normale” che i capitalismi più forti, dotati di riferimenti individuali di eccellenza, ossia delle persone che ne perseguono gli interessi con diligenza quale che sia la loro nazionalità, prevalgano.
Così è nello spazio. E naturalmente il Governo Draghi di tali solerti funzionari e dipendenti di tale capitalismo sovranazionale abbonda.
Non è detto che la nostra sorte sia peggiore affidandoci direttamente a costoro (come oggi accade) piuttosto che, invece, alla borghesia compradora che da essi dipende e che quindi una quota parte di quel plusvalore sottrae alle aziende e quindi al lavoro, di qualsivoglia nazione esso sia.
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