Nuove pesanti accuse da parte degli Stati Uniti nei confronti della Cina e della sua politica militare nell’Indo-Pacifico. A pronunciarle il segretario alla difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin dopo una visita nella Corea del Sud e in vista di un vertice i prossimi 7-9 dicembre alla Casa Bianca denominato “Summit della democrazia” a cui sono invitati più di cento paesi in gran parte dell’area asiatica con l’ovvia esclusione della Cina. Secondo Austin, “la Cina nel 2030 sarà in grado di superare l’armamento nucleare americano”.
Il generale Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista da noi intervistato ci spiega che “attualmente l’arsenale americano è così superiore a quello cinese che non è possibile neanche instaurare negoziati per diminuire la corsa agli armamenti, cosa che si può fare solo in condizioni di parità come succedeva tra Russia e Stati Uniti durante la Guerra Fredda”. Attualmente, ci ha detto ancora, non solo Usa e Cina sono impegnate in una corsa al nucleare e agli armamenti, ma molti paesi del mondo: “Per restare vicini a noi, molto preoccupante è lo scenario della Bosnia”
Gli Stati Uniti si dicono allarmati per la corsa agli armamenti anche nucleari della Cina, sono preoccupazioni giustificate?
A mio avviso sì per un semplice motivo. La Cina ha circa un ventesimo delle testate nucleari americane di cui un quindicesimo di quelle operative per cui cerca di diminuire questo divario. Il problema è il fatto che mentre Biden vorrebbe diminuire l’importanza della strategia nucleare americana, la Cina come la Russia e altri stati ne stanno aumentando l’importanza come spina dorsale del loro sistema di sicurezza.
Si tratta di deterrenza, come si usava durante la Guerra Fredda, o si tratta di minacce reali?
Siamo ancora ben lontani da una parità così come conseguita durante la Guerra fredda, parità che poi consentiva negoziati di riduzione. Senza parità non è possibile alcuna riduzione.
Gli Usa dicono che entro il 2030 la Cina sarebbe in grado di superare l’armamento nucleare americano, questa escalation non è preoccupante?
Tutti i paesi del mondo si stanno riarmando. Il programma nucleare americano consiste di 3mila miliardi di dollari in trent’anni, un programma enorme.
Il fatto che tutti si riarmino vuol dire che la diplomazia ha fallito?
No, non è detto. La corsa al riarmo non è detto che provochi un conflitto. Il conflitto viene provocato da uno squilibrio di forze in cui un paese ha una superiorità di forze molto alta rispetto all’altro.
Il concetto di superiorità vale anche per le armi nucleari o no?
Negli anni 60 dopo la crisi missilistica di Cuba, quando Usa e Russia si erano trovate sull’orlo di una guerra, si erano spaventate del meccanismo della dissuasione, il riarmo contro il riarmo, detto anche il dilemma della sicurezza. A un certo momento hanno deciso di accordarsi raggiungendo una capacità di distruzione mutua e garantita. Attualmente la situazione sta diventando instabile per la presenza di armi di cibernetica, missili spaziali e convenzionali iper veloci con cui può essere condotto un attacco contro le forze di rappresaglia dell’avversario.
Non le sembra che la situazione stia sfuggendo di mano ai grandi leader del mondo?
Direi di no. Una cosa è la diplomazia armata, cioè le dichiarazioni retoriche, la cosiddetta strategia dichiaratoria. Un’altra cosa è la strategia reale. Nessuno è tanto matto da iniziare una guerra nucleare anche se gli Usa hanno una superiorità enorme rispetto alla Cina e potrebbero essere tentati di scatenare un attacco preventivo di sorpresa sulle forze nucleari dell’avversario fidandosi delle loro difese anti missile per abbattere i missili sopravvissuti.
Nei prossimi giorni cii sarà un summit cosiddette delle nazioni democratiche. Non le sembra che si stia alzando un muro troppo alto nei confronti della Cina?
La Cina si aspettava di essere esclusa, è consapevole di avere un modello politico non democratico, ma autoritario accentrato nel partito e nella figura di Xi Jinping. Non essere invitata è uno sgarbo come un altro così come succede continuamente anche tra Usa e Russia. Piuttosto pensiamo che ci sono situazioni vicine a casa nostra che si fanno sempre più tese, ad esempio in Bosnia con l’intenzione di costituire un esercito serbo.
(Paolo Vites)