Dopo averlo minacciato da tempo, gli Stati Uniti hanno annunciato il boicottaggio diplomatico delle prossime Olimpiadi invernali in Cina. Un boicottaggio che arriva dopo forti pressioni del Congresso e non solo per mandare un chiaro messaggio sul tema della difesa dei diritti umani nel Tibet, ad Hong Kong e nello Xinjiang, regione dove è in atto la persecuzione della minoranza musulmana, definita dalla Casa Bianca senza giri di parole “genocidio”.
“Gli Stati Uniti” ci ha detto in questa intervista Francesco Sisci, giornalista, sinologo, già inviato de La Stampa a Pechino e attualmente opinionista per tv europee e americane, “con un boicottaggio diplomatico ottengono l’effetto di attaccare Pechino senza rischiare di perdere tutti gli interessi economici che un boicottaggio sportivo avrebbe comportato”. Allo stesso tempo, ci ha detto ancora, obbligano tutti i paesi del mondo a scegliere da che parte stare: “Con questa azione, ogni paese, anche l’Italia, dovrà decidere come comportarsi, il che porterà a guardarsi in faccia e a vedere chi sta con Pechino e chi no. Una accelerazione significativa del clima da Guerra fredda”.
Cosa c’è realmente dietro la decisione di un boicottaggio diplomatico?
E’ una maniera astuta di avere un boicottaggio senza tanti effetti negativi. Se infatti non si mandano gli atleti, si crea un problema a migliaia di loro che da tempo si stanno preparando e a tutte le aziende che li sponsorizzano: sono miliardi di interessi persi. Se viceversa si annuncia un boicottaggio diplomatico, si ha l’effetto di “insultare” tra virgolette il paese ospitante senza intaccare l’aspetto economico. Si raggiunge un risultato senza perdite.
In che modo si concretizzerà il boicottaggio?
Gli americani non manderanno funzionari o rappresentanti politici alla cerimonia di apertura. Pensiamo soltanto che alle Olimpiadi del 2008 a Pechino alla cerimonia di inaugurazione era presente addirittura il presidente Bush. Questa volta probabilmente non manderanno neanche funzionari dell’ambasciata. Ci sarà il contrasto con le Olimpiadi del 2008 e quindi la percezione dell’affronto sarà molto forte.
Che reazioni dobbiamo aspettarci?
La percezione dell’insulto è tanto vera in quanto i cinesi annunciano ritorsioni che non sappiamo ancora in cosa consistano. La Guerra fredda tra russi e americani ci ha messo anni, prima di prendere una sua forma: solo nel 1980 c’è stato il primo boicottaggio di una Olimpiade, quella di Mosca. Questa volta invece si procede molto più velocemente con conseguenze difficili da immaginare.
La risposta cinese è abbastanza sensata nel dire che alla gente interessano le gare, non la presenza di funzionari politici. L’America non rischia di fare un buco nell’acqua?
La risposta cinese ci dà una speranza. La Cina minaccia ritorsioni, ma non ha intenzione di esasperare la situazione oltre un certo limite. Si rendono conto che siamo su un piano inclinato. Se non stiamo attenti a frenare, la situazione può sfuggire a ogni controllo. Per fortuna, almeno per ora, la reazione è moderata e contenuta, e questo ci fa sperare che non sfuggirà di mano.
Resta comunque un forte segnale politico, giusto?
E’ forte e pone una questione seria per tutti gli altri paesi: boicotteranno anche loro i Giochi o no? In che misura lo faranno? Con il Covid ancora in circolazione è facile che pochi paesi siano in grado di mandare rappresentanti di governo, però c’è la questione degli ambasciatori che saranno tutti invitati alla cerimonia. Se un ambasciatore non va, chi ci andrà al suo posto? Un console? Si apre un mondo in cui sia la Cina che l’America cominceranno a contarsi.
Cioè si apre una divisione globale?
Non è una divisione definitiva, però è una prima occasione in cui ci si conta. Questo boicottaggio, bisogna dire, arriva pochi giorni dopo la pubblicazione di un libro bianco sulla democrazia in cui Pechino dice che il loro modello democratico è buono, quello americano non funziona.
Un’accusa pesante.
Non arriva però fino al punto di dire che il loro modello deve sostituire quello americano. Pone una serie di problemi, ma in teoria apre un possibile dialogo con l’America. La democrazia è il tema del boicottaggio e si terrà un vertice delle democrazie mondiali, organizzato da Washington, che sarà appunto contro la Cina. Il boicottaggio è solo una parte di un mosaico più ampio.
L’Italia in che modo è coinvolta da questo boicottaggio?
La scelta americana pone problemi anche all’Italia. La cerimonia di inaugurazione sarà il 4 febbraio, quando il nuovo presidente della Repubblica sarà appena stato eletto o saremo ancora nel mezzo delle votazioni. Cosa farà l’Italia, manderà suoi rappresentanti? E se sì, a che livello? Sono problemi apparentemente banali, ma estremamente importanti per i rapporti futuri. E se il nostro paese non manderà nessuno, perché farà così? Con quale argomentazione? Problemi grandi quasi più dell’elezione del presidente.
(Paolo Vites)
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