Brutta caduta dei mercati venerdì scorso. A innescare la discesa è stato il dato cosiddetto “non farm payroll”, cioè il numero dei nuovi salariati dei settori non agricoli. Da agosto il dato mensile era in continua ascesa, fornendo così una conferma alla visione “ottimistica” sulla ripresa dell’economia. Il dato precedente (ottobre, uscito ai primi di novembre) si attestava sulle 546 mila unità e la previsione per novembre era di una piccola crescita su questo dato. Invece c’è stato il crollo a 210 mila e questo ha portato alla brusca inversione di tutte le principali borse mondiali.
Comincia a delinearsi un quadro completamente diverso da quello descritto finora dai media ufficiali e dai governatori delle Banche centrali. Per anni questi hanno tentato di spingere la ripresa con l’aumento dell’inflazione, perseguendo un’idea completamente sciocca secondo la quale avendo una causa (la crescita) che genera un effetto (l’inflazione) se ripristini l’effetto allora riavrai anche la causa. Anche un liceale che abbia una sommaria infarinatura di filosofia sa che il principio causa-effetto non può essere rovesciato, sa che non esiste il principio effetto-causa. Eppure questo è quello che hanno tentato di ristabilire negli ultimi dieci anni i banchieri centrali: hanno tentato di far risalire l’inflazione, con la speranza che così ripartisse la crescita.
E qui, a completare il quadretto del delirio, hanno commesso il secondo errore logico. Infatti, le Banche centrali hanno un enorme potere, quello di tenere sotto controllo l’inflazione, cioè di farla abbassare se questa sale troppo. Hanno un immenso potere in questo senso, con la stampa di liquidità potenzialmente infinita e con l’innalzamento dei tassi di interesse. Ma non hanno il potere di innalzare l’inflazione, soprattutto in un momento storico nel quale l’economia reale ristagna, come accaduto da quando è scoppiata la crisi nel 2007. E infatti in tutti questi anni hanno completamente fallito l’obbiettivo dichiarato, l’inflazione non è risalita e non poteva risalire in un momento in cui l’economia non decolla e anzi viene ripetutamente bloccata da situazioni contingenti (guerre, crisi migranti, disordini sociali, pandemie, ecc.).
Ora però l’inflazione c’è ed è robusta. E bisogna capire come mai ora ci sia inflazione. E per capirlo sarà bene partire da quanto ci hanno raccontato finora, soprattutto quelli che ci hanno mentito finora. Hanno detto che l’attuale inflazione è nata perché dopo la pandemia c’è la crescita, ma per fortuna è “transitoria”. Ma non hanno dato spiegazioni sul perché dovrebbe essere transitoria. Se c’è la crescita e questa è permanente, dovrebbe in qualche modo esserlo pure l’inflazione. Oppure sarà transitoria pure la crescita.
Oppure c’è dell’altro. E questo altro è la triste verità che non c’è alcuna crescita; c’è solo la riapertura di quelle attività chiuse o fortemente limitate durante i lockdown da pandemia, quelle che nel frattempo non sono fallite. Non c’è crescita perché non ci può essere crescita prima che il denaro (del Pnnr o di altre iniziative) venga stanziato e speso.
E l’inflazione? Quella viene da un effetto triste quanto previsto. I vari blocchi dovuti alla pandemia hanno portato al crollo del traffico merci e a un innalzamento dei costi relativi. E in un mondo economico nel quale la globalizzazione l’ha fatta da padrone in questi anni e tutte maggiori imprese quando hanno potuto hanno spostato all’estero (fuori dall’Ue) la produzione, il costo dei trasporti si riflette immediatamente sul costo finale del prodotto e quindi sulle tasche dei consumatori. Le crisi internazionali che hanno portato alla salita dei prezzi di petrolio e gas naturale hanno fatto il resto.
Ora finalmente anche il Governatore della Fed Powell ha ammesso che l’inflazione “non è transitoria”. La grande menzogna è caduta. E le Banche centrali si trovano nel “vicolo cieco” da me accennato negli scorsi articoli. Il problema è questo: ho detto qui sopra che le Banche centrali hanno un enorme potere nel tenere bassa l’inflazione, ma devono pur fare attenzione a non distruggere l’economia, a non portare sconquassi nel sistema finanziario. Quando l’inflazione cresce, i due strumenti potentissimi nelle mani delle banche centrali sono l’immissione di liquidità e la regolazione dei tassi di interesse. Cioè, quando l’inflazione sale, la Banca centrale deve diminuire l’immissione di liquidità (o bloccarla del tutto) e innalzare i tassi (per sottrarre la liquidità presente). In tempi normali tutto ciò può funzionare egregiamente. Ma ora non siamo in tempi normali, siamo ancora nel bel mezzo di una crisi mai finita, durante la quale le Banche centrali hanno innaffiato il mercato finanziario di una enorme, smisurata quantità di liquidità.
Ora, per frenare l’inflazione, non basta smettere di innaffiare il mercato di tanta liquidità: occorre iniziare a ritirarla alzando i tassi. Meglio, occorrerebbe, perché nelle attuali condizioni, con l’economia che è appena ripartita senza tornare ai livelli precedenti la pandemia, si rischia di far abortire la ripresa prima della nascita. Infatti, la ripresa che ora inizia a fare capolino non è vera crescita economica, ma un numeretto positivo che dipende dalla stessa inflazione, che ha fatto salire i prezzi e quindi sta dando l’illusione di una crescita dovuta a fatturati più alti. Ma sono solo fatture (passive) più alte. Per questo l’indicatore dei “non farm payroll” era così importante questa volta, più importante del solito. E la sua decrescita è un gran brutto segnale che viene dal mondo del lavoro, perché indica e conferma che la crescita del Pil non ha portato a così tanti posti di lavoro. E i mercati hanno iniziato a riflettere la paura degli investitori, i quali iniziano a considerare la possibilità che la Fed possa essere “costretta” a un rialzo dei tassi in tempi inferiori a quelli previsti (forse fine 2022) e comunque troppo presto per le sofferenze già in atto nell’economia reale.
Questa è la “trappola della liquidità”: se la Banca centrale alza i tassi, diventa difficile prendere denaro (che costa più caro) e la ripresa si blocca prima di nascere; se non alza i tassi, la ripresa viene bruciata dall’inflazione. E la grande speculazione baderà solo a fare soldi spingendo al ribasso i mercati finanziari, senza badare a chi ne farà le spese. Del resto, tutti sanno che i valori dei mercati finanziari sono troppo alti, sono tutti in bolla. Non finirà bene.
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