Secondo il vocabolario Treccani (appena consultato) un soggetto immunizzato è un soggetto che è reso immune (refrattario) nei confronti di una malattia, mentre un soggetto vaccinato è un soggetto che si è sottoposto a vaccinazione: nel caso del Covid che relazione c’è tra questi due termini? Questo è uno dei tanti quesiti (ma soprattutto dei tanti equivoci di cui paghiamo le conseguenze nefaste) che caratterizza spesso il parlare comune, ma anche chi fa informazione a volte risulta “infettato dalla patologia”.
Nelle poche righe che seguono cercheremo, brevemente, di provare a fare chiarezza su questi due termini (e sul mondo di notizie che ruota attorno a loro) appoggiandoci ai dati reali italiani più recenti disponibili, e cioè l’ultimo rapporto settimanale sull’epidemia Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) del 10 dicembre 2021.
E’ noto, da quando sono disponibili vaccini contro il Covid-19, che nessuno dei vaccini prodotti copre al 100% i soggetti vaccinati: in altre parole, i vaccini anti-Covid oggi sul mercato non immunizzano i soggetti che si sottopongono a vaccinazione, e questo caratterizza tutti i vaccini esistenti a prescindere dalla numerosità delle dosi assunte (prima, seconda, terza…). Nessun vaccino, del resto, ha mai avuto tale pretesa: è l’infodemia informativa che ci ha investito, insieme certamente a fattori di altra natura che qui non interessa indagare, che ha portato molti a creare una equivoca corrispondenza tra vaccinazione e immunizzazione.
In funzione del vaccino, delle dosi, e della distanza dal momento della vaccinazione cambia invece la capacità del vaccino di proteggerci da una eventuale infezione da Covid e dalle sue conseguenze negative. E qui sta il punto: stabilito che il vaccino non immunizza (e questo di per sé la direbbe già lunga sugli atteggiamenti di prudenza che sarebbe comunque opportuno adottare), quale è la sua capacità di proteggerci dall’infezione e dalle sue conseguenze?
In questo contributo non interessa discutere quali sono gli argomenti sostenuti dai soggetti pro-vax e no-vax a supporto delle proprie posizioni, ma ci si preoccuperà solo di mettere sul tavolo informazioni quantitative per descrivere la protezione che i vaccini forniscono: è una informazione importante proprio perché i soggetti vaccinati non sono immunizzati.
Se consideriamo la situazione italiana, e i dati dell’Iss ad oggi sono gli unici disponibili riferiti a tutto il territorio nazionale, risultano le notizie che seguono (per i dettagli si veda la pubblicazione citata), tenendo conto che dall’inizio della pandemia al 7 dicembre 2021 sono stati riportati al sistema di sorveglianza integrata Covid-19 5.134.508 casi confermati e 133.689 decessi, e che dal momento della disponibilità dei vaccini e fino sempre al 7 dicembre 2021 risulta che sono state somministrate 100.083.572 di dosi (44.376.477 prime dosi, 45.835.370 seconde/uniche dosi e 9.871.725 terze dosi).
Come possiamo misurare la capacità del vaccino di proteggerci dagli effetti avversi del virus? Si usa il concetto di “efficacia vaccinale”, cioè si confronta la proporzione di casi (o ricoveri, decessi…) che avvengono tra i soggetti vaccinati con la proporzione di casi che avvengono tra i soggetti non vaccinati: se la proporzione di casi tra i vaccinati è inferiore di quella tra i non vaccinati significa che il vaccino è efficace (tanto o poco a seconda di quanto grande è la differenza tra le due proporzioni). Per capirci (a valle del calcolo indicato e senza entrare in tecnicismi): un’efficacia del vaccino pari al 90% indica una riduzione del 90% dell’insorgenza dei casi (o ricoveri, decessi…) nel gruppo vaccinato rispetto al gruppo non vaccinato.
Nel periodo con circolazione prevalente della variante Alfa (e cioè dagli inizi di aprile 2021 agli inizi di luglio) l’efficacia vaccinale nel prevenire casi di Covid-19 è risultata dell’89%, nel prevenire l’ospedalizzazione è stata del 95%, nel prevenire il ricovero in terapia intensiva del 97% e nel prevenire il decesso del 96%.
Se si guarda invece il periodo con circolazione prevalente della variante Delta (da inizio luglio ai dati di inizio dicembre 2021) l’efficacia vaccinale nel prevenire l’infezione è risultata del 65,1%, nel prevenire l’ospedalizzazione dell’88,7%, nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva del 93,5% e nel prevenire i decessi dell’89,2%.
Come si vede dai numeri l’efficacia vaccinale varia sia in funzione del tipo di variante del virus che è in circolazione (minore copertura nei confronti della variante Delta), sia in funzione della gravità sanitaria del fenomeno infettivo (dalla semplice presenza del virus fino al decesso), ma non si raggiunge mai l’immunizzazione (cioè il 100% di efficacia), nemmeno di fronte agli esiti più gravi: alcuni soggetti, nonostante siano vaccinati, si infetteranno (senza altre conseguenze) ed altri (molti meno) arriveranno purtroppo a decesso. Il rapporto segnala anche differenze di efficacia per età, per tipo di completezza del ciclo vaccinale (una, due, tre dosi) e per distanza dalla completezza del ciclo (meno o più di cinque mesi), ma non abbiamo lo spazio per i dettagli.
Per completezza, poiché i dati disponibili non si riferiscono ad un campione casuale (cioè adeguatamente selezionato dal punto di vista statistico), ma ha privilegiato nella sequenza temporale la vaccinazione delle fasce di popolazione a maggior rischio, si dovrebbe aggiungere che i risultati proposti dovrebbero rappresentare una sottostima dell’efficacia vaccinale complessiva, e che l’efficacia reale dovrebbe essere quindi superiore ai valori riportati.
Alcuni, limitandosi ad osservare il numero assoluto di casi, sostengono la tesi che gli eventi di infezione tra i soggetti vaccinati siano paragonabili, se non addirittura superiori, a quelli tra i soggetti non vaccinati, con le ovvie conseguenze che si possono immaginare. E’ quello che viene definito con il termine di “effetto paradosso”: nel momento in cui le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura, e quindi sono tanti i soggetti vaccinati, il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi (poiché come si è detto l’efficacia vaccinale non è del 100%) può essere simile, se non maggiore, tra vaccinati e non vaccinati. E’ chiamato effetto paradosso, ma in realtà si tratta di un vero errore di paragone, in quanto il confronto corretto non deve essere effettuato tra i numeri assoluti di casi (tra vaccinati e non vaccinati), ma tra i valori dei rispettivi tassi (perché così si tiene correttamente conto delle diverse dimensioni numeriche delle popolazioni a confronto).
Ad esempio, secondo il Rapporto Iss nell’ultimo mese, il tasso di ospedalizzazione per i non vaccinati è di 83,9 ricoveri per 100.000, quello dei vaccinati con ciclo completo da meno di cinque mesi è di 7,8 ricoveri per 100.000 (oltre 10 volte più basso), quello dei vaccinati con ciclo completo da oltre cinque mesi è di 16,6 ricoveri per 100.000 (circa 5 volte più basso), e quello dei vaccinati con ciclo completo + dose aggiuntiva/booster è di 9,8 per 100.000 (oltre 8 volte più basso); per i ricoveri in terapia intensiva il tasso per i non vaccinati è di 11,4 per 100.000, quello dei vaccinati con ciclo completo da meno di cinque mesi è di 0,7 per 100.000 (oltre 16 volte più basso), quello dei vaccinati con ciclo completo da oltre cinque mesi è di 1,2 per 100.000 (poco meno di 10 volte più basso), e quello dei vaccinati con ciclo completo + dose aggiuntiva/booster è di 0,8 per 100.000 (14 volte più basso); per i decessi il tasso per i non vaccinati è di 16,6 per 100.000, quello dei vaccinati con ciclo completo da meno di cinque mesi è di 1,5 per 100.000 (11 volte più basso), quello dei vaccinati con ciclo completo da oltre cinque mesi è di 2,4 per 100.000 (quasi 7 volte più basso), e quello dei vaccinati con ciclo completo + dose aggiuntiva/booster è di 1,0 per 100.000 (oltre 16 volte più basso).
Certo, c’è ovviamente molto altro che si può dire attorno alle tematiche ed alle cifre che sono state introdotte: la speranza di chi scrive è che i numeri proposti e le informazioni che portano con sé possano aiutare i lettori a migliorare la propria conoscenza degli effetti della pandemia e degli strumenti con i quali può essere affrontata.
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