Ancora lui. Paolo Cirino Pomicino. ‘O ministro per antonomasia a Napoli e per gli addetti ai lavori che ne hanno seguito le gesta – fortune e sfortune – quando era uno degli uomini più potenti del Paese. Torna in campo, questa volta, affiancando due iniziative che promettono di smuovere le acque ferme della politica in Campania: la fondazione di un nuovo partito e il concepimento di un piano per sciogliere l’annoso nodo del debito che strangola il comune capoluogo togliendo il sonno al neosindaco Gaetano Manfredi.
Il partito – proprio così, partito e non movimento o altro di fluido – si chiamerà Popolari Riformisti e Liberali. L’Assemblea costituente si sarebbe dovuta tenere in settimana, ma l’aumento dei contagi da Covid19 ha consigliato di rinviarne la celebrazione a data da destinarsi sostituendola con una meno impegnativa – sotto il profilo dell’impatto sanitario – conferenza stampa. Con lui nomi di provata esperienza come quelli di Giuseppe Gargani ed Erminia Mazzoni assieme a volti nuovi o quasi.
L’idea è mettere insieme persone dal profilo professionale spiccato, in grado di fornire soluzioni ai tanti problemi che ingombrano il campo di una società in rapida trasformazione e profondamente segnata dalla pandemia. Con una forte carica identitaria e per questo aperti al confronto, i Prl – Popolari, Riformisti, Liberali – intendono diventare un riferimento per formazioni analoghe che volessero sorgere in altre parti del Paese seguendone l’esempio. L’organizzazione non potrà che essere di stampo federale.
Per dare un segnale di quello che il partito nascente si propone di fare, i promotori hanno già elaborato una proposta per alleggerire il Municipio di Napoli del fardello dei debiti (circa 5 miliardi) e consentire all’amministrazione di dedicarsi alla ricostruzione morale e materiale di una città sull’orlo del fallimento. Eredità della velleitaria conduzione del Sindaco uscente Luigi De Magistris che ha definitivamente aggravato i conti spazzando via ogni capacità manageriale e scoraggiando la partecipazione dei privati.
La proposta, nata con il contributo di altri due politici di lungo corso come Umberto Ranieri ed Eugenio Mazzarella, è nota ai napoletani per essere stata illustrata sul Mattino: costituire una società per azioni nella quale far confluire l’ingente patrimonio del Comune – circa 12 miliardi in gran parte rappresentati da immobili – chiedendo poi a un ente pubblico, Cassa depositi e prestiti o altro, di rilevarne il 49 per cento conferendo capitali freschi con i quali ristorare la gran massa dei creditori e procedere verso il risanamento.
L’assessore al bilancio Pier Paolo Baretta, già sottosegretario all’Economia, e l’economista Mario Mustilli si sono dichiarati favorevoli. La formula può funzionare a patto, naturalmente, che la gestione dei cespiti diventi remunerativa e si mettano a frutto beni oggi abbandonati al loro destino o molto poco valorizzati. Ci sono anche voci contrarie, soprattutto nelle numerose chat di circoli cittadini politici e culturali, ma la sfida è lanciata: chi immagina di avere progetti migliori si faccia avanti e li illustri.
Tutto questo nel presupposto che i famosi fondi per la città, promessi e non concessi dal cartello dei partiti che ha spinto Manfredi a candidarsi, non arriveranno mai o arriveranno in misura inferiore ai reali bisogni. Forse una combinazione delle due misure potrebbe essere la chiave di volta: un po’ di finanziamenti dal centro – quelli possibili in base alle disponibilità – accompagnati dall’impegno a fare da sé sul territorio. Un esempio che potrebbe essere di stimolo ad altre realtà che versano nelle stesse condizioni.
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