Fa il giro delle redazioni dei giornali, rimbomba nei corridoi delle grandi aziende di stato, si sussurra nelle stanze di quelli che sanno. È la voce, non confermata, di chi nel ministero dell’Economia vorrebbe un passo indietro del Direttore generale delle dogane Marcello Minenna, nel mirino nelle ultime settimane delle inchieste del Domani.
Lo scoop riguarderebbe gli esposti di due ex dipendenti delle dogane, relativi al suo operato da Direttore dell’agenzia. Minenna, che al momento non avrebbe ricevuto avvisi di garanzia, viene messo sotto accusa per presunti comportamenti poco opportuni nella scelta dei fornitori.
Ma chi conosce bene il comportamento legalitario di Minenna scommette che a scatenare l’attacco concentrico ci sarebbe qualcosa di diverso dai fatti contestati, giornalisticamente curiosi ma di scarsa rilevanza. Non sarebbe nemmeno il carattere irruento e spigoloso del personaggio, rafforzato da venti anni di attività da ispettore della Consob e l’ego gonfiato dai successi nelle indagini su Antonveneta e Mps.
A far sollevare più di un sopracciglio sarebbe invece l’iperattivismo di un Direttore che ha rianimato un organismo burocratico come l’agenzia delle Dogane, portandolo a giocare un ruolo di primo piano nel contrasto all’illegalità. Minenna – il Turbodirettore come viene soprannominato – è infatti entrato a piazza Mastai in pieno stile grillino.
Nel mirino in particolare ci sarebbe il suo interventismo nelle funzioni di polizia giudiziaria che lo ha portato a moltiplicare i sequestri di droga nei porti, quelli di rifiuti, le operazioni di contrasto alle frodi sui carburanti, sul gioco d’azzardo e sui liquidi da inalazione per i tabacchi riscaldati. Operazioni un tempo rivendicate come successi solo dalle forze di polizia.
Ma il casus belli nascerebbe a causa di un’imbarcazione. Proveniente da un sequestro, è stata adibita, su input di Minenna, a funzioni di pattugliamento e recupero delle navi dei migranti disperse in mare. Un compito che, sebbene previsto dalla legge, non era mai stato svolto efficacemente dall’Agenzia.
Il resto è storia nota, gli esposti, le inchieste giornalistiche e le voci di dimissioni. Per ora Minenna resta in sella, forte dei risultati raggiunti e dell’apprezzamento trasversale nelle istituzioni e unanime nelle associazioni di categoria. Ma un rinvio a giudizio potrebbe disarcionarlo. Se invece le indagini a suo carico fossero archiviate continuerà la sua opera. Con quel fare da cow boy di provincia che tanto irrita i suoi oppositori.
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