Confrontarsi con il mondo contemporaneo – un ordine politico/giuridico confuso e frammentato – impone di fare i conti, pur indirettamente, con la sovranità. Impone, per dirla con Hegel, di “afferrare il proprio tempo mettendolo in concetti”.
E quello di sovranità, per quanto oscuro, sfuggente e talvolta scomodo, appare un concetto imprescindibile per orientarsi in una realtà le cui complessità, che si moltiplicano in modo esponenziale, non rendono agevole cogliere le dinamiche del potere e le loro traiettorie. Un concetto, dunque, che continua a rappresentare non tanto un paradigma, ma “il paradigma” del nostro pensiero, gli assi cartesiani entro cui collocare e decodificare le vicende del mondo.
Il concetto di sovranità, infatti, non solo ha impresso il suo marchio ad ogni dottrina e forma di organizzazione del potere politico dall’ascesa dello Stato moderno ad oggi, ma ha anche forgiato le categorie del pensiero politico e giuridico moderno che caratterizzano il costituzionalismo contemporaneo. Non solo, la sovranità continua a riecheggiare negli slogan degli attuali regimi nazionalisti, e anche in quelle forme di organizzazione politica che parrebbero essersene svincolate. Insomma, la sovranità è una cartina di tornasole con cui è necessario misurarsi per capire il mondo e le sue tendenze.
Da questo assunto muove il saggio La sovranità oltre lo Stato (Il Mulino, 2021) di Enzo Cannizzaro, che da studioso dei fenomeni giuridici internazionali ed europei accompagna il lettore lungo un itinerario affascinante che tocca la filosofia e scienza politica e la dottrina giuridica. Tracciandone il percorso storico, la parabola della sovranità viene esaminata minuziosamente, dalla sua genesi, come categoria per spiegare l’indivisibilità e assolutezza dei poteri dello Stato moderno, passando attraverso le sue manifestazioni più compiute – la sovranità nell’ordinamento costituzionale – e quelle più controverse – la sovranità come custode della democrazia e dei diritti umani –, fino a vederla trasformata, forse mortificata, dall’esperienza sovranazionale, che si fonda proprio sullo smembramento dei poteri sovrani.
Attraverso gli snodi più significativi – tra i quali la distinzione tra sovranità interna ed esterna – Enzo Cannizzaro cerca di mettere ordine nel disordine di un concetto intrinsecamente incerto, che sistematizza ed incanala, rendendolo uno strumento conoscitivo per interpretare i fenomeni contemporanei. La sua riflessione è lucida e disincantata, mai pedante, mai libresca, mai ispirata dall’intento di imbonire il lettore. Lascia il segno proprio perché, con cautela, cerca di imbrigliare questa forza misteriosa ed oscura, che è il potere sovrano, indagandone l’essenza anche attraverso paradossi e aporie giuridiche (come la teoria della sovranità ripartita, che si fonda sulla coesistenza di due sovranità nel medesimo spazio, definita “debole” e “logicamente aberrante”). Cerca di smascherarne il trasformismo perché la sovranità, sotto celate spoglie, si ricompone e si riafferma con vesti differenti. Infatti, “se è difficile immaginare che la sovranità possa sparire dal mondo entro un tempo prevedibile, è altrettanto difficile ritenere che essa possa resistere, nella sua dimensione attuale, alla nuova sfida del governo di un mondo sempre più complesso e sempre più diseguale”.
L’esperienza dell’integrazione europea appare emblematica: la progressiva attribuzione di competenze all’Unione ha per certi versi determinato una frammentazione sostanziale dei poteri sovrani. Da dimensione puramente tecnica, l’Ue ha acquisito spazi di autonomia parziale. E, come acutamente suggerito da Cannizzaro, non è chiaro se attraverso questa transizione di poteri verso l’ente “lo Stato stia producendo un nuovo servo ovvero si stia sottomettendo a un nuovo padrone”, oppure se sia ipotizzabile una terza via tra il tutto o il niente. Come deve essere letto, ad esempio, l’impegno di Italia e Francia per “un’Europa democratica, unita e sovrana per rispondere alle sfide globali”, affermato nel recentissimo accordo del Quirinale del 26 novembre scorso? È forse un ulteriore paradosso parlare di sovranità in relazione all’Ue, oppure è un’altra manifestazione della sua capacità camaleontica di cambiare forma?
A prescindere dalla risposta, nel suggerire nuove forme di sovranità, Cannizzaro coglie una esigenza avvertita anche dai sovrani per antonomasia, gli Stati. L’esigenza, cioè, che la gestione delle grandi sfide del presente – la dittatura delle nuove tecnologie, la mondializzazione dei fattori economici, le catastrofi naturali, la tutela dell’ambiente, la lotta contro la povertà e le disuguaglianze, le pandemie, le migrazioni – non potrà che essere affidata ad organismi sovranazionali. Cosa accadrà sarà la storia a dircelo. Cannizzaro ci ha offerto intanto gli strumenti per riflettere su queste possibilità.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.