I francesi potrebbero mettere una donna a Capo dello Stato? Questa domanda è ora di attualità dopo la vittoria di Valerie Pécresse alle primarie di destra del partito LR Les Républicains, e gli ultimi sondaggi che la pongono ora come un avversario molto credibile per Emmanuel Macron al secondo turno.
Ma chi è questo nuovo volto della destra repubblicana che potrebbe contrastare le ambizioni di Marine Le Pen? Chi è la candidata che qualche anno fa ha lasciato il Partito repubblicano, perché non si riconosceva nel suo programma su sicurezza e identità, e che oggi, per vincere le primarie e forse domani le elezioni presidenziali, è pronta a indurire la linea del partito per corteggiare un elettorato più estremo?
Valérie Pécresse, 54 anni, sposata, 3 figli, della borghesia gollista, dice di voler “creare speranza e sorpresa” ma non è una novizia della politica. È diventata deputata a 34 anni, ministro a 39 anni sotto la presidenza Sarkozy ed è stata eletta presidente della regione Île–de–France nel 2015 a 48 anni (rieletta per un secondo mandato quest’anno). Una carriera impeccabile per questa “brava studentessa” con un eccezionale background universitario, descritta come una macchina da guerra, laboriosa e indiscutibilmente esperta dei suoi dossier, ma che qualcuno potrebbe anche considerare troppo accademica.
In ogni caso, è con il buon vecchio metodo della campagna sul terreno che la candidata alle primarie di destra ha vinto il suo biglietto per la corsa all’Eliseo. A luglio si è messa in cammino, visitando 80 dipartimenti, incontrando rappresentanti eletti e attivisti in un’operazione di riconquista dell’elettorato di destra con uno slogan chiaramente dichiarato e assunto: Macron o io. Ha detto: “Non ho una mano che trema. Sto portando avanti un progetto di franca rottura con il passato e di una destra fiduciosa”.
Soprannominata “la Tigre”, ha dichiarato davanti ai suoi sostenitori la sera della vittoria: “Sono una donna che vince e che fa”. Una dichiarazione come un programma che illustra lo spirito con cui questa appassionata di boxe intende condurre la lotta per le presidenziali: un senso di assoluta parità con gli uomini e il bilancio – positivo – alla guida dell’Île–de–France.
“Ho 20 anni di vita politica e ho l’impressione che nessuno mi abbia mai guardato”. Considerata molto classica, Valerie Pécresse giocherà la carta della modernità, in particolare evidenziando il fatto di essere donna e rivendicando una parità di trattamento e di ambizione all’interno di un partito politico, LR Les Républicains, e di un milieu, la politica, piuttosto in ritardo sull’argomento. “Il tempo delle donne è arrivato”, e non solo nei ruoli di numero 2, dichiara la donna, che si definisce “due terzi Merkel, un terzo Thatcher” e che non esita a evocare la figura di Giovanna d’Arco; una donna, ma anche il simbolo in Francia di una destra tradizionalista e nazionalista. Un’affiliazione più ambigua quando si conosce l’attaccamento appassionato dei sostenitori del Rassemblement National di Marine Le Pen alla figura leggendaria della santa.
Come candidata della destra classica, può vantare un bilancio molto positivo alla guida della regione Île–de–France, la più grande del paese. Con una situazione finanziaria migliorata e delle riforme sociali performanti, la presidente della regione sembra rispondere concretamente alle aspettative e ai bisogni dei sui elettori con una gestione pragmatica dei problemi e delle soluzioni da portare.
Pécresse è vista nei sondaggi come “coraggiosa e credibile”, aggettivi dal peso che vale oro per una candidata che appartiene, per le sue origini e il suo background, all’élite, verso la quale numerosi francesi non solo non si riconoscono più, ma provano anche sfiducia.
Il programma che difenderà nei prossimi mesi è chiaramente costruito in opposizione a Macron e per soddisfare una destra piuttosto conservatrice: ripensare la scuola, lasciata “in uno stato di calamità”; irrigidire la posizione sull’immigrazione per “combattere l’islamismo che è il grande totalitarismo del XXI secolo”; affrontare “un’integrazione fallita che può spaccare una nazione”. Si tratterà anche di innalzare l’età della pensione a 65 anni entro il 2030, di aumentare i salari delle classi medie e di disimpegnare lo Stato per ridurre la spesa pubblica. Questi sono argomenti classici di una destra classica, ma il programma finora sembra più da gestione della situazione che una visione a lungo termine per il paese.
“Emmanuel Macron ha una sola ossessione, che è quella di piacere. Io ho solo una passione, che è quella di fare” dice Valérie Pécresse. Eletta candidata della destra da 90mila membri del suo partito LR Les Républicains, dovrà fare l’equilibrista se vorrà raggiungere il secondo turno delle elezioni presidenziali e sedurre un elettorato di destra stimato oggi in circa 15 milioni di persone e più che mai diviso.
La sfida sarà quella di conquistare gli elettori di Marine Le Pen ed Éric Zémmour senza spaventare i membri più centristi del suo partito. Come ha spiegato il giornalista politico Thomas Legrand, il sistema elettorale francese con la frammentazione dei partiti spinge i candidati a essere più radicali per raggiungere il secondo turno e costringe così Pécresse a “concentrare le sue frecce su Macron mentre, come presidente della regione, applica una politica classica di destra più vicina a Macron che alle idee di Zémmour o di Marine Le Pen. Il sistema spinge ogni candidato ad essere più duro con i suoi vicini ideologici che con quelli che sono più lontani”.
Riuscirà a convincere il suo elettorato, facendo una campagna con una postura così artificiale? Le prossime settimane promettono sorprese, con l’entrata nell’agone del confronto di questa nuova candidata che quasi nessuno aveva visto arrivare.
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