Nell’era della “prevedibile imprevedibilità” l’analisi economica si concentra sulle capacità della politica economica e monetaria di reazione ai problemi e su quelle di adattamento del mercato. Recentemente, nell’Ue, sono esplosi problemi che hanno sorpreso tutti: picco di inflazione combinato con scarsità di beni essenziali che ha colpito duramente i bilanci di imprese grandi e piccole e il potere di acquisto/risparmio delle famiglie, complicato dal ritorno del rischio epidemiologico. Ciò non impedirà all’Italia di finire il 2021 con un rimbalzo del Pil del 6,2%. Ma rende incerta la stima di una crescita del 4,1% nel 2022 comunicata da Banca d’Italia.
Tale incertezza è stata confermata dalla Bce: si tiene pronta a tutte le evenienze con una postura di “opzionalità”. Valutandone gli strumenti è credibile che la politica monetaria potrà contrastare i rischi sia di inflazione sia di recessione. Ma non può intervenire sui costi dell’energia e sulle ondate epidemiologiche. Lo possono e devono fare i Governi.
Al riguardo c’è una reazione fortissima, in particolare sul piano medico. Ma ci vorranno alcuni mesi per soluzioni stabilizzanti. Pertanto una prima bozza dello scenario 2022 per l’Italia fa ipotizzare: un primo trimestre ancora incerto, ma il secondo e terzo di forte ripresa. Dove il punto critico sarà da settembre in poi perché lì si vedrà se la ripresa sarà consolidabile o meno e, soprattutto, se sarà a favore di tutti o diseguale.
Chi scrive stima una forchetta di crescita 2022 tra il 3% e il 5%, considerando la forza del sistema industriale italiano, sperando che si realizzi il caso migliore perché significherebbe che la ripresa è socialmente omogenea.