Validità del super green pass ridotta a sei mesi, obbligo della mascherina all’aperto, tampone obbligatorio per accedere a stadi, concerti e discoteche anche per i vaccinati, mini-lockdown di Capodanno, raccomandazioni per cenoni e veglioni, divieto di feste nelle piazze. Il menù che il governo sta preparando per contrastare l’ondata di contagi scatenata dalla variante Omicron è ricca di portate, anche se al momento non si sa ancora quali saranno poi veramente servite a tavola. Ma sono le ricette giuste? Serviranno allo scopo? Girolamo Sirchia, però, in qualità anche di ex ministro della Sanità, spariglia subito le carte: “L’emergenza Covid non esaurisce tutta la realtà, qui c’è in gioco la salute degli italiani. Ci vuole un pensiero, una visione strategica, non possiamo continuare a correre dietro alle cose”. Così facendo, le strategie anti-Covid degli ultimi due governi hanno trascurato tra capitoli decisivi: Piano pandemico, rafforzamento del personale sanitario, sequenziamento. “Anziché buttar via più di un anno ad alimentare e inseguire le polemiche, avessero scelto di fare le cose giuste, a quest’ora magari potremmo curare anche i cardiopatici che non possono fare le ablazioni visto che le cardiochirurgie sono indisponibili”.
Partiamo da quel che il governo Draghi vorrebbe fare per fermare la nuova cosa dei contagi. Sembrerebbe che tutte le forze politiche siano d’accordo su tre misure: super green pass con durata ridotta a 6 mesi, tampone obbligatorio per accedere a stadi, concerti e discoteche anche per i vaccinati e obbligo di mascherina all’aperto. Che ne pensa? È un pacchetto di mischia già sufficiente per opporsi all’avanzata della variante Omicron?
Mi sembrano tre provvedimenti di buon senso, ragionevoli e giustificati dai fatti: sappiamo che la risposta anticorpale dura poco, c’è chi dice anche meno di 6 mesi, per questo è giusto ridurre la validità del super green pass. Sappiamo poi che nelle città lo stare all’aperto tante volte si traduce in assembramenti, quindi l’obbligo di indossare la mascherina è quanto meno opportuno. Infine, sappiamo che per assistere ai grandi eventi, specie eventi sportivi e concerti, la gente sta ammassata, si agita e urla a gran voce, e lì i contagi possono diffondersi con più facilità e velocità: il tampone preventivo può starci.
Si parla anche di mini-lockdown per i non vaccinati, di raccomandazioni per cenoni e veglioni, di divieto di feste e manifestazioni in piazza…
Possono essere anche tutte belle idee, ma chi poi verifica che vengano rispettate, quando mancano i controllori e le sanzioni adeguate? Ma il punto oggi non è questo. Io ho un timore.
Quale?
Pur nel rispetto di quanto è stato fatto per contrastare il Covid, temo che siano comunque rimasti sul tappeto altri problemi, ben più urgenti e gravi, ancora irrisolti, perché non sono mai stati affrontati in questi due anni di pandemia.
A cosa si riferisce?
Non è stato dato alcun seguito al Piano pandemico.
Vuol dire che in questa emergenza non abbiamo aggiornato o preparato un piano pandemico?
Mi spiego. Un anno fa noi sapevamo che i malati ordinari, quelli cioè non colpiti dal virus, ma affetti da patologie gravi o croniche, erano fermi, impossibilitati a essere curati perché dovevamo ricoverare i pazienti Covid. Questa cosa è gravissima, perché molto probabilmente causa più morti che la pandemia stessa. E un Piano pandemico avrebbe senz’altro considerato questo aspetto. È giusto, per esempio, continuare a procedere come abbiamo fatto trascurando gli altri malati per accogliere i malati Covid?
La sua risposta?
Non è giusto.
E come si fa a rimediare?
Utilizzando le strutture mobili. Siamo in grado di creare ospedali temporanei, da campo, vicino a quelli ordinari, e dotati di tecnologie avanzatissime, comprese le sale operatorie. Così facendo, si possono realizzare aree sanitarie che possono usufruire di tutti i servizi offerti dal vicino ospedale, che a sua volta potrebbe tranquillamente continuare a funzionare per i malati non Covid. Perché non abbiamo messo in piedi questi ospedali da campo? Perché in quest’ultimo anno nessuno ci ha pensato?
Chi doveva pensarci? Il ministero della Salute?
È compito del ministero della Salute anche il modo di vedere o non vedere come vanno le cose. Un conto è stilare un pezzo di carta, un atto amministrativo, ancorché fatto benissimo, un altro è avere una struttura che attua quel che c’è scritto. E per farlo occorre, da un lato, essere attaccati a sistemi di vigilanza interni, che fortunatamente già esistono, ed esterni e, dall’altro, poter contare su un sistema di scouting sulle tecnologie più appropriate, pronti a procurarsele qualora sorgessero sospetti che possa arrivarci addosso o una ricaduta pesante del Covid o qualche altro virus o accidente. Ma servono mezzi consistenti.
Come funziona un Piano pandemico?
Deve essere gestito da un centro apposito, che vive giorno e notte, 24 ore su 24, per poter applicare le indicazioni del Piano. In stretta connessione, ovviamente, con il potere politico e amministrativo. È questo centro che monitora la situazione, non solo in Italia, in accordo con altri istituti di vigilanza, attraverso continui scambi di notizie per elaborare i piani e valutare gli scenari di rischio ed è sempre questo centro che dà indicazioni su come muoversi per contrastare questi fenomeni. Come fa il Cdc, il centro di controllo delle malattie infettive, negli Stati Uniti. Non a caso noi avevamo copiato quel modello quando è arrivata in Italia la Sars.
Non c’è già il Comitato tecnico scientifico a doversi occupare di queste cose?
A parte che di comitati ce ne sono fin troppi, oggi non c’è un “cervello” che lavori su questo con esperti dedicati. Il Piano pandemico non è un pezzo di carta da mettere in libreria, è un insieme di azioni e operazioni che devono avere una continuità.
Può farci un esempio?
Noi abbiamo ricostituito le scorte di materiali, dispositivi, attrezzature utili ad affrontare questa e altre possibili pandemie in arrivo? Non so se è stato fatto. Pensi, per esempio, al fatto che in Italia ha fatto di nuovo capolino l’aviaria: dovesse diffondersi, cosa facciamo? Chi se ne prenderà cura? Ci abbiamo pensato?
Potrebbe essere il commissario Figliuolo la figura a cui affidare questo compito?
Il generale Figliuolo è un ottimo commissario alle vaccinazioni, potrebbe quindi benissimo continuare, come ha brillantemente fatto finora, a gestire la campagna vaccinale, che resta tuttora una partita aperta. Altra cosa sarebbe il Comitato tecnico di questo Cdc, che si spartisce i compiti per provvedere a tutto il resto: agli aspetti epidemiologici, agli acquisti di materiali e al loro reperimento, perché non si trovano semplicemente scritti sui cataloghi, per trovarli bisogna conoscere il mondo, essere in contatto con tutti i centri più avanzati. Lo sa che la marina militare americana ha sulle sue portaerei le camere operatorie e i centri trasfusionali tra i più sofisticati al mondo?
Oltre al Piano pandemico, su cui siamo gravemente inadempienti, come ci ha ricordato la stessa Oms, che cosa avremmo dovuto prevedere e invece abbiamo trascurato?
Non abbiamo il personale medico e infermieristico. Siamo sotto agli standard normali. Non sarebbe il caso di rafforzarlo, visto che sono passati due anni? E quando si è in emergenza non servono certo concorsi e concorsoni alla vecchia maniera.
Ci sono altri “buchi neri” nelle strategie anti-Covid?
Un altro ambito sguarnito è quello del sequenziamento, abbiamo pochi laboratori. E ci sono Regioni che neppure inviano i dati: non li hanno o non sono capaci di raccoglierli? Non solo: lo Spallanzani di Roma, che era stato individuato come centro di riferimento nazionale per le malattie infettive, non lo è più, perché la Regione Lazio ha voluto trasformarlo in un Ircss, che è un’altra cosa. Vuol dire non capire il valore di un centro nazionale. E se non lo vuol fare il presidente Zingaretti, tocca allo Stato intervenire, che ha il dovere di proteggere la salute dei cittadini e ha il dovere di procurare il meglio per la salute delle persone. La salute pubblica fa capo a Draghi.
È una sorta di appello?
Non faccio appelli, non critico nessuno, sono un osservatore. Dico solo che io mi sarei comportato così.
(Marco Biscella)
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