Com’è andata? Come chiude questo ventiventuno per il mondo del turismo? Beh, in verità si sperava andasse meglio, inutile nasconderlo. Ma è vero anche che quell’ormai mitica e abusata parola dell’anno, la resilienza, sta trovando davvero la sua applicazione, producendo un mix di volontà barricadera, di autentico spirito d’impresa, di caparbia tenacia nel proiettare a un futuro prossimo venturo la ripresa più concreta e stabile.
E non va sottovalutato nemmeno il più recente fenomeno carsico che si sta registrando tra i viaggiatori: il revenge tourism, il turismo “di vendetta”, di rivalsa, quello che, secondo Lonely Planet, “identifica un flusso di consumi (non solo legati al viaggio) che cresce dopo un periodo di austerità” come quello della pandemia.
I tempi sono ancora difficili, il Covid non ci lascia, si trasforma, si adatta, così come probabilmente dovremmo fare tutti noi. Ma nel frattempo un italiano su cinque (e almeno un americano su due) ammette che il viaggio è la cosa che manca di più. Da qui la previsione comune di un grande rimbalzo dell’intero comparto non appena le condizioni lo consentiranno, ma nello stesso tempo anche la sensazione che se le tranquillità cui eravamo abituati pre-Covid dovessero tardare, ugualmente si sapranno trovare metodi e precauzioni tali da ammettere la soddisfazione di quei desideri.
Torniamo al punto: com’è andata? Lo scenario mondiale rivela che i flussi internazionali si stanno attestando sui livelli del 2020, tra il 70% e l’80% in meno rispetto al 2019. Secondo l’UNWTO nel mondo si possono stimare 100 milioni di posti di lavoro del settore turistico a rischio, specialmente nelle aree più colpite dalle restrizioni. In Italia (dati del Data Appeal Studio in uso a ENIT) il 2021 segna un incremento netto sul 2020, con un divario positivo costante durante tutta la stagione estiva, proseguito poi in autunno grazie ai vaccini e ai green pass. Tutto questo però non ha compensato i livelli pre-pandemici, a eccezione delle destinazioni laghi-mare, che in alcuni casi sono riusciti anche a superarli. In estate bene anche la montagna, che però deve scontare la totale chiusura dello scorso inverno e che quindi registra numeri annuali negativi. In costante, grave difficoltà il segmento urban, penalizzato dalle restrizioni del turismo internazionale di lungo raggio e dal business travel, minacciato dalle nuove abitudini alle riunioni virtuali da remoto. Il turismo internazionale ha recuperato oltre 6 punti percentuali, soprattutto grazie agli arrivi di prossimità. Di fatto azzerato il lungo raggio, quello più altospendente, e in vistoso calo anche i viaggi di gruppo.
“Nell’analisi del sentiment – sostiene Damiano De Marchi, analista di The Data Appeal e esperto per UNWTO – emergono punti di forza e di debolezza dell’offerta italiana. In un periodo connaturato dall’incertezza, la professionalità, la tempestività e l’accoglienza da parte del personale diventano fattori chiave di competitività e successo. Al contempo diventa importante un contesto di destinazione ameno e il più possibile preservato, che ne agevoli la fruizione da parte delle diverse tipologie di visitatori, per aumentarne l’attrattività: in questi casi la risposta da parte della domanda non mente e premia territori e operatori che si muovono in tal senso. Molto forte rimane il tema enogastronomia e cibo, nelle diverse declinazioni di offerta, che però non sempre trova un rapporto qualità prezzo percepito come adeguato, anche perché le aspettative verso l’Italia sono molto alte. Gli aspetti hardware delle infrastrutture e software dei servizi vedono ancora ampi margini di miglioramento, sebbene si siano rivolti molti investimenti in tal senso negli ultimi anni”.
Detto tutto ciò, che previsioni si possono azzardare? Nessuna, ovviamente, o almeno nessuna che possa contare davvero su elementi di certezza e stabilità, essendo il turismo, come del resto anche tutti gli altri settori dell’economia, assolutamente in balia dell’andamento epidemiologico. De Marchi, però, basa le sue prospettive data-driven per il turismo 2022 su alcuni indicatori: il primo è il sentiment, che è molto buono, anche in confronto con i competitor stranieri più prossimi. Però il dato attuale è di un paio di punti percentuali più basso rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. “Gli sforzi della destinazione o di business del singolo operatore verso la massimizzazione dei tassi di occupazione non devono essere mai a discapito della soddisfazione del cliente: è infatti da un’esperienza positiva che si associano i flussi turistici futuri”.
Secondo indicatore sono le tariffe: il prezzo medio è in costante crescita nei prossimi mesi, con livello complessivo è più alto di circa il 9% rispetto al 2021. “Da Capodanno in poi, dove si registra il picco del prezzo, l’offerta ricettiva italiana si dimostra pronta ad accogliere i visitatori in sicurezza”, che è un nuovo, decisivo indicatore. “Le ultime notizie relativamente alle nuove restrizioni relative a questa ulteriore pesante ondata di contagi sono una doccia fredda, infatti le ultime rilevazioni sulle OTA danno tutte valori in calo, ma su questo fronte l’Italia in questo momento ha un vantaggio temporale indiscusso sui suoi competitor europei. Sono infatti moltissime le destinazioni che hanno già attuato restrizioni molto più rigide della nostra, in risposta a una situazione attuale decisamente più grave e in continuo aggravamento. È indubbia la differenza abissale tra il dato attuale e quello relativo allo stesso periodo dello scorso anno, frutto ancora una volta del grande sforzo dell’Italia verso l‘immunizzazione e la sicurezza sanitaria, che si traduce subito in fiducia e propensione alla visita. Al contempo si evidenzia come negli ultimi due mesi siamo in un plateau, ovvero dal punto di vista della domanda, la voglia c’è, ma anche ci sono fattori ancora poco prevedibili legati alla pandemia”.
L’ultimo indicatore arriva da ricerche & prenotazioni, ridimensionate dalle nuove abitudini al last-minute: nel 2022 vi sarà una concreta differenza tra ricerca e prenotazione. Aprile 2022, ad esempio, rappresenta attualmente quasi il 4% delle ricerche, ma solo l’1,6% delle prenotazioni, con mercati come quello inglese e tedesco attualmente ancora in stand-by per l’acquisto. “Allargando lo sguardo all’extra Europa, si evidenzia come il mercato americano abbia una forte propensione al viaggio in Italia già da maggio in poi, con gli Stati Uniti che puntano al belpaese, seguiti da Brasile e Argentina”.
E dunque, verso che 2022 stiamo andando? Che turismo ci sarà? Una cosa è certa: l’industria italiana del settore sta cambiando, modellandosi verso criteri migliori di qualità e competitività, assecondando le fisionomie dei viaggiatori – anche queste cambiate e più sensibili alle esperienze, ai territori, alla sostenibilità, alla sicurezza – ed elaborando la necessità di abbandonare le microdimensioni per forme aggregative più solide, in grado di assicurare impianti anche finanziari migliori. Il ventiventuno andrà insomma archiviato quale laboratorio di costruzione dove si sono studiati nuovi vantaggi competitivi, i soli che possono far sperare in una crescita concreta nel 2022. Covid o non-Covid permettendo.
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