Nel celebre discorso del marzo 1968 Robert Kennedy affermava, fra l’altro, che “non possiamo misurare (…) i successi del paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi”.
Nei 52 anni trascorsi da allora il Pil e gli altri parametri di misurazione delle condizioni del sistema di finanza pubblica hanno acquisito un’importanza sempre maggiore in relazione alla qualità della vita di cittadini e imprese.
Le Corti costituzionali e tutte le istituzioni a vario titolo competenti in materia di finanza pubblica e gestione di politiche sociali ed economiche hanno ormai certificato che «la garanzia delle prestazioni sociali deve fare i conti con la disponibilità delle risorse pubbliche, ed il livello dei servizi pubblici e delle prestazioni erogate alla collettività deve essere calibrato in termini di sostenibilità economica».
La globalizzazione, la trasformazione dei sistemi produttivi e delle dinamiche concorrenziali, le crisi economiche ricorrenti, l’evoluzione dei sistemi di welfare hanno accentuato il ruolo della finanza pubblica in relazione ai principali fattori di benessere e qualità della vita e alla consistenza dei diritti economici e sociali.
L’equilibrio finanziario, il livello di debito pubblico e gli altri strumenti di buona gestione delle risorse pubbliche condizionano in maniera decisiva la quantità e qualità delle prestazioni fornite dalle Amministrazioni, l’ammontare della tassazione e degli oneri contributivi eccetera. E la spesa pubblica, soprattutto nelle fasi di congiuntura economica sfavorevole, rappresenta un efficace volàno per l’economia, poiché fornisce alle aziende risorse essenziali per la continuità della gestione, contribuisce a sollecitare l’imprenditorialità e i consumi, a incentivare le attività produttive e si rivela centrale per la crescita del reddito e dell’occupazione e per l’attrazione di investimenti.
È per questo che imprenditori, cittadini, organizzazioni sindacali e datoriali, Onlus e associazioni che si occupano di prestazioni sociali si interessano con sempre maggiore attenzione ai documenti di programmazione e alle attività di gestione della finanza pubblica.
Le vicende degli ultimi anni dimostrano che, oltre alla programmazione e alla gestione delle entrate e delle spese pubbliche, anche le regole contabili hanno assunto un rilievo sempre maggiore nell’organizzazione e gestione delle politiche pubbliche.
Ciò perché i pagamenti alle imprese, l’erogazione di prestazioni e servizi essenziali e tutte le misure e i provvedimenti che incidono sulla condizione di cittadini e imprese (per esempio, agevolazioni, contributi, misure assistenziali, prestazioni sociali) devono avere una “necessaria proiezione in termini finanziari, nei bilanci preventivi e nei rendiconti” e risultano notevolmente condizionati, e talvolta ostacolati, dalle procedure contabili, che spesso impediscono di spendere anche le risorse disponibili nei bilanci pubblici (ad esempio, le regole sull’avanzo di amministrazione e sugli accantonamenti obbligatori) e dalle irregolarità nella contabilizzazione delle entrate e delle spese attraverso cui molte amministrazioni pubbliche tentano di eludere le regole di contabilità.
Le vicende degli ultimi anni dimostrano che spesso la qualità delle regole contabili o la loro difficoltosa, tardiva o erronea applicazione ha rallentato l’approvazione di fondamentali documenti finanziari, causato criticità nella programmazione delle politiche pubbliche, ostacolato l’adozione di adeguate misure di sostegno al sistema economico e produttivo e l’erogazione di prestazioni fondamentali o determinato rilevanti difficoltà nel ripiano dei disavanzi finanziari.
Sopravvalutazione delle entrate, inefficienza nella loro riscossione, gestione disinvolta dei residui attivi, diffusione di prassi finalizzate ad aggirare le regole sulla copertura finanziaria delle spese, errori nell’accertamento delle poste contabili, frequente ricorso ai debiti fuori bilancio e altre diffuse irregolarità contabili rendono difficile programmare e gestire le politiche finanziarie, causano l’insorgere di oneri ingenti a carico dei bilanci pubblici e costituiscono le principali cause dell’accumulo dei consistenti ritardi nei pagamenti da parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle aziende: fenomeno che indebolisce la struttura finanziaria delle imprese, innescando un circolo vizioso che provoca riduzione dell’occupazione, aumento della povertà, contrazione dei consumi.
Ma la qualità delle regole e della gestione contabile incide notevolmente anche sulle politiche economiche pubbliche e, in particolare, sulla capacità di approntare adeguate misure di sostegno al sistema di welfare e al mondo produttivo. Gli iter di approvazione dei piani di investimenti pubblici congelano risorse per svariati miliardi, gli errori nella programmazione del fabbisogno finanziario, l’erronea applicazione delle regole di contabilizzazione delle entrate e spese, l’inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio della gestione finanziaria ostacolano il finanziamento di prestazioni pubbliche essenziali, l’adozione di rilevanti misure di politica economica e sociale e la proficua utilizzazione dei finanziamenti europei, “che costituiscono i principali strumenti finanziari della politica regionale di investimento dell’Ue”.
Anche per queste ragioni nel 2009 è stato avviato un processo di revisione e armonizzazione dell’ordinamento contabile nazionale e di quelli regionali e locali, finalizzato a strutturare un sistema di regole che garantisca una gestione efficiente delle risorse e delle politiche pubbliche.
Queste rilevanti misure, però, sono state attuate solo parzialmente: la Corte dei conti ha rilevato gravi criticità nella riscossione delle entrate e nel riaccertamento delle somme non incassate e non pagate negli esercizi precedenti (cosiddetti residui attivi e passivi), il fenomeno dei debiti fuori bilancio risulta persistente (coinvolge 1.488 comuni nell’esercizio 2018 e circa 607 milioni di euro), la massa dei debiti in attesa di riconoscimento, frutto di prassi scorrette da parte dell’ente, è in aumento (902 milioni nel 2018) e “lascia intravedere la presenza di debiti occulti, che alterano le scritture contabili e ‘coprono’ comportamenti irregolari”, che possono generare effetti pregiudizievoli per la programmazione finanziaria, la trasparenza e la gestione degli enti pubblici.
Le irregolarità non rappresentano soltanto il prodotto di condotte fraudolente opportunistiche, ma anche sintomi di patologia di un sistema che, nonostante le tante riforme, resta affetto dai mali storici: costante riduzione dei trasferimenti agli enti locali e ritardo nell’attribuzione delle risorse, criticità nella ripartizione del gettito tributario tra Stato, Regioni ed enti locali, malfunzionamento di meccanismi solidaristici di perequazione, carenza di efficaci sistemi di controllo sulla gestione, complessità delle procedure contabili, scarsità di personale qualificato (soprattutto nei piccoli enti), stringenti vincoli alla spesa, vorticosa proliferazione di regole che rendono difficile programmare e gestire le politiche finanziarie, inefficienza delle procedure di riscossione.
Per strutturare politiche pubbliche efficienti, che consentano un utilizzo produttivo ed efficace delle ingenti risorse del Next Generation Eu è indispensabile contrastare simili prassi attraverso misure strutturali che incidano sull’assetto del sistema di finanza locale e sui rapporti finanziari tra lo Stato e gli enti territoriali e impongano condotte di sana gestione finanziaria: equa ripartizione delle risorse e dei sacrifici finanziari tra tutti i livelli di governo, strutturazione di un sistema efficiente di leale collaborazione nella programmazione e gestione delle politiche finanziarie e nelle risorse, standard di organizzazione dei servizi e delle procedure di riscossione delle entrate, ridefinizione degli adempimenti e delle responsabilità degli organismi di controllo interno e degli organi di revisione contabile, misure adeguate a rendere trasparenti le scelte di allocazione delle risorse delle pubbliche amministrazioni, responsabilizzazione giuridica e politica degli amministratori pubblici, qualificazione del personale di enti e Pa, sistema di incentivi e sanzioni che garantisca la concreta attuazione delle regole sulla spending review, premiando le amministrazioni virtuose e sanzionando quelle che spendono male, non incassano il dovuto e ricorrono ad artifizi contabili.
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