L’avvocato di Massimo Bossetti, il legale Claudio Salvagni, è stato ospite nella serata di ieri del programma di Telelombardia, Iceberg. Si è parlato molto degli ultimi risvolti legati al caso dell’omicidio della povera Yara Gambirasio, e della possibilità che forse venga concessa agli avvocati difensori di Bossetti, così come chiesto da sette anni, di poter rivedere alcuni reperti e il dna, per avere la certezza che appartenga proprio al muratore condannato all’ergastolo: “Abbiamo letto la memoria difensiva del procuratore generale – sono le parole di Salvagni – che ci dà sostanzialmente ragione. Nel provvedimento del novembre 2019 con qui autorizza a fare tutto, analisi comprese, è un provvedimento passato in giudicato e intangibile”.
“Quelle analisi siamo stati autorizzate a farle – ha continuato l’avvocato di Bossetti – non solo guardare i reperti, ma guardarli per poi analizzarli. Bossetti è stato condannato sulla base del dna, cosa possiamo chiedere se non esaminare il dna? Il risultato condizionerà la revisione. Se il risultato sarà favorevole la revisione sarà automatica, se no il contrario. Bossetti si domanda perchè la Suprema Corte può essere disattesa dal tribunale di Bergamo. io l’ho visto sabato, lui chiede da sette anni e mezzo che mi facessero fare questa cosa”. E ancora: “Non si può sapere se non c’è nulla di nuovo. Noi siamo stati autorizzati, quindi non si può tornare indietro. Nei processi ci sono gli atti, non le chiacchiere da bar”.
CASO BOSSETTI, L’AVVOCATO CLAUDIO SALVAGNI: “UN PROCESSO MEDIATICO”
Si parla anche del video del famoso furgone di Bossetti, rivelatosi poi non essere vero ma usato solo per scopi comunicativi: “Arriveremo a scoprire che il dna è sbagliato, ci impiegheremo degli anni, non si fanno le cose che vanno subito. In un paese normale sarebbe saltato l’intero procedimento. Non si può dire che uno manda quel video fatto in accordo con la procura, è un video definito tarocco e patacca, ma è una patacca”.
“La cosa incredibile – ha aggiunto Salvagni – è che esiste un verbale udienza, io ho contro esaminato il colonnello Lgo e lo ha ammesso, scritto nero su bianco, che quel video è un video confezionato per esigenza di comunicazione. ci volevano cinque minuti e non sei anni”. Quindi ha aggiunto e concluso: “Questo è stato un processo ad altissima esposizione mediatica con comunicazioni a volte errate. Vai a vedere il film che è uscito prima della Cassazione, se questa non è una mediaticità non so…”.