Il nuovo anno è iniziato con un dato incoraggiante per l’economia italiana, anche se riferito ancora al 2021. La lettura finale dell’indice PMI manifatturiero di dicembre è stata infatti pari a 62, battendo le stime che parlavano di 61,5. “È il diciottesimo mese consecutivo di miglioramento dello stato di salute del settore, che in generale è stato rapido ed ha segnato nel quarto trimestre la media PMI più alta dall’inizio della raccolta dati nel 1997”, si legge nel rapporto di IHS Markit. Resta però da capire che impatto potranno avere la ripresa dei contagi di Covid e i rincari energetici su questa prima parte del 2022.
«È ancora presto per valutare l’impatto della variante Omicron – ci dice Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano -, anche perché l’Italia sta entrando per ultima in una fase “emergenziale” grazie all’efficacia della campagna vaccinale. Certamente conseguenze negative si sono avute per il turismo, ma l’indice PMI, che si riferiva a dicembre, un mese in cui già c’era qualche problema di Covid, è stato per il terzo mese consecutivo il più alto tra i Paesi del G20: vuol dire che il manifatturiero è andato come un treno».
Qual è lo scenario che si prefigura per il nuovo anno?
È uno scenario misto, perché vi sono dati e segnali positivi, ma non mancano alcuni elementi di preoccupazione.
Partiamo dai dati positivi.
Il 2021 potrebbe essersi chiuso vicino al +6,5% e questo vuol dire iniziare il nuovo anno con una crescita acquisita non indifferente. Inoltre, questo risultato è stato raggiunto grazie al settore privato: l’Italia è stato il primo Paese del G7 per crescita di consumi privati (+6,8%) e investimenti fissi lordi (+8,5%), mentre i consumi finali del settore pubblico nei primi nove mesi del 2021 sono diminuiti dell’1,2%. Non abbiamo, quindi, puntellato la ripresa con il settore pubblico, probabilmente lo faremo con il Pnrr nel 2022-23. Un biennio in cui, secondo le previsioni Ocse diffuse a inizio dicembre, l’Italia farà registrare la crescita cumulata più alta tra i Paesi del G7 (si vedano grafico e tabella riportati qui sotto, ndr).
Quali sono invece gli elementi di preoccupazione?
Può darsi che a seguito di un calo dei consumi nei Paesi più colpiti dalla variante Omicron ci possa essere un rallentamento delle esportazioni, anche se non va dimenticato che l’economia tedesca, con cui abbiamo importanti scambi, non potrà restare sempre ferma come negli ultimi mesi. Senza dubbio il più forte elemento di preoccupazione riguarda l’impennata del prezzo gas, che sta determinando in alcuni settori delle crisi importanti, pensiamo al metallurgico o al cartario, che potrebbero avere conseguenze drammatiche. È importante che si comprenda il contributo fondamentale alle varie filiere del made in Italy che viene dato dalla nostra manifattura. Siamo in una situazione in cui persino l’industria pastaria soffre la mancanza di cartoncino per gli imballaggi.
Che provvedimenti si possono mettere in campo per evitare il peggio?
Oggi senza una forte industria cartaria e metallurgica rischiamo di penalizzare dei nostri punti di forza, compresa la rubinetteria, perché siamo così miopi da non estrarre più gas dall’Adriatico. Gli interventi che si possono mettere in campo riguardano soprattutto la politica energetica. Dobbiamo essere consapevoli che la manifattura è un patrimonio del Paese, e tutto quello che serve, senza devastare l’ambiente o fare politiche di retroguardia, per avere energia in quantità sufficiente e a prezzi meno cari va fatto. Altrimenti rischiamo di buttare al vento gli sforzi fatti finora. L’unico che mi sembra aver capito i problemi è il ministro Cingolani, ma non appena cerca di esporre le soluzioni viene accusato di essere contro l’ambiente.
È quindi importante che anche a livello europeo il gas sia riconosciuto come fonte essenziale nel processo di transizione ecologica?
Il gas è strategico, essenziale per noi. Se il prezzo rimarrà così alto per un lungo periodo avremo degli impatti drammatici in tanti settori della nostra manifattura. Se la Francia difende il nucleare, noi dovremo batterci perché il gas è fondamentale per l’Italia nel processo che porta alla transizione energetica. Poi chiaramente c’è anche un problema europeo, l’Europa sembra dormire sul gas e non rendersi nemmeno conto che non ha le materie prime e le nuove tecnologie per la transizione che si è prefissata. L’Ue dovrebbe, come fecero gli Usa negli anni ’70, avere diverse scorte strategiche (metalli, materie prime energetiche, agricole, ecc.).
(Lorenzo Torrisi)
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