Bloomberg ha offerto qualche giorno fa ai propri lettori una riflessione sul destino del surplus commerciale tedesco che negli ultimi due decenni ha caratterizzato l’economia di Francoforte ed è stato un tema costante nella riflessione degli economisti internazionali. L’avanzo tedesco, ci conferma ancora una volta Bloomberg, è giudicato del tutto innaturale e frutto dell’euro che ha consentito alla Germania di evitare una rivalutazione del marco che l’avrebbe contenuto o, sicuramente, reso molto più complicato. Il surplus commerciale, completamente fuori scala rispetto a quelli giapponesi e cinesi, non è stato ben visto in sede internazionale e alla Germania è stato costantemente ricordato che avrebbe dovuto investire di più per riequilibrarlo. L’Unione europea, però, è rimasta un’unione imperfetta che ha moltiplicato gli squilibri.
Questa è la storia. Il prossimo sviluppo, ci avvisa invece Bloomberg, è la graduale scomparsa del surplus commerciale tedesco che potrebbe evolvere in deficit commerciale. Sarebbe un cambiamento epocale. La generazione cha ha costruito il surplus sta per andare in pensione e dovrà spendere i risparmi in uno scenario stravolto rispetto a quello degli ultimi 30 anni. Il primo cambiamento, non in ordine di importanza, è la comparsa dell’inflazione che porterà a richieste di incremento dei salari. Il secondo cambiamento è l’espansione della spesa per la transizione energetica che comporterà un incremento delle importazioni. La Germania ha già speso centinaia di miliardi di euro in una rivoluzione che l’ha portata vicina ai blackout e che non ha impedito l’impegno per la costruzione del Nord Stream 2.
La transizione energetica è un impegno colossale. La Germania, diciamo noi, si avvia a sostituire gas economico e sicuro con cui produrre elettricità e a chiudere le centrali nucleari per sostituirle con fonti che sono molto più costose e molto meno affidabili. Su questo basti pensare che nessuno ha ancora risolto il problema dell’immagazzinamento dell’energia. La Germania è la principale manifattura d’Europa e ha bisogno di energia se non vuole abbassare drasticamente la qualità della vita dei propri cittadini.
Sospettiamo che ci sia un’altra ragione che concorre a rivoluzionare il surplus commerciale tedesco. I mercati internazionali sono e stanno cambiando alla velocità della luce. Assistiamo a una guerra commerciale che non è estranea allo stravolgimento delle catene di fornitura globale; ci sono numerosi e coerenti indizi di un tentativo già in corso di de-dollarizzazione di Cina, Russia, Turchia e alleati che non può non avere un effetto sul flusso di beni e componenti.
La Germania nel nuovo mondo è fragile o molto meno forte di quanto non lo sia stata nel vecchio. Non ha un esercito, non ha indipendenza energetica, né rapporti consolidati con partner in Africa come nel caso della Francia.
Il surplus commerciale tedesco è stato il prodotto “impazzito” di un preciso equilibrio geopolitico che non c’è più e che si sta dissolvendo alla velocità della luce. L’Unione europea nel nuovo contesto è uno strumento obsoleto che fa molta più fatica a contenere le sue disfunzionalità e che non può essere un’alternativa ai problemi tedeschi. Il corollario di questo è che contrariamente alla scuola di pensiero maggioritaria l’Unione europea non esce rafforzata dalla pandemia. È vero, piuttosto, l’esatto opposto.
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