Per sconfiggere il virus del Covid-19 potrebbe essere necessaria una nuova dose di vaccino, quella che nel ciclo vaccinale equivarrebbe alla quarta somministrazione del farmaco contro il coronavirus. Ad avviare i test sull’ennesimo richiamo c’è Israele, apripista nella sperimentazione dei vaccini, ma dai dati che emergono non è escluso che una quarta dose potrebbe rivelarsi necessaria per far fronte alle sempre più numerose mutazioni del virus che stanno prendendo piede in tutto il mondo fino a diventare dominanti.
A sottolinearlo è anche il direttore di Malattie infettive del Gemelli Roberto Cauda, che intervenuto ad Agorà su Rai3 ha spiegato: “La quarta dose, al di là di quel che può essere l’efficacia della terza dose che sicuramente darà effetti importanti, penso che potrebbe essere necessaria se verranno allestiti dei vaccini che tengano conto delle varianti e che quindi sarebbero più performanti nei confronti della protezione. I dati di Israele saranno importanti, ma se loro hanno cominciato a farla è evidente che, se non per tutti, per alcune categorie potrebbe essere utile”.
QUARTA DOSE VACCINO, LE PREOCCUPAZIONI DEGLI ESPERTI
“La riduzione delle vaccinazioni sull’età pediatrica non è una buona notizia. Un contagio su 4 è al di sotto dei 20 anni. Non dobbiamo desistere dall’immunizzarci contro Covid” ha sottolineato Cauda. Il direttore di Malattie infettive del Gemelli ha poi spiegato: “Auspico che il 2022 sia Covid-free, se non tutto, almeno parte dell’anno. Ma intanto fanno paura i 170mila contagi registrati ieri in Italia, che crescono di settimana in settimana in percentuale del 150%, e il numero dei decessi. Io credo che il picco possa essere fra metà e fine gennaio“.
“In Francia vediamo 300 mila contagi al giorno, in Usa un milione. Abbiamo una situazione piuttosto difficile che richiede prese di posizione rapide per poter cercare di fronteggiarla, anche se noi sappiamo che l’unico modo per poter avere una vera e propria barriera nei confronti di questa diffusione del virus è rappresentato del vaccino- ha proseguito Cauda-. Studi indicano che Omicron dà forme meno gravi, ma quando la platea dei contagiati è così ampia è chiaro che anche l’1% di forme gravi determina quello stress che stiamo vedendo su ospedali e terapie intensive e quell’aumento dei decessi”.