Per Maurizio Lupi non ci sono dubbi: è Silvio Berlusconi il candidato Presidente della Repubblica del Centrodestra fin dalla prima votazione il prossimo 24 gennaio in Parlamento. Il problema però è la sinistra e quel “pregiudizio” sul nome dell’anziano leader di Forza Italia, motivo per cui alla fine il nome di Mario Draghi potrebbe davvero mettere d’accordo tutti.
Nella lunga intervista al “Corriere della Sera” il leader di Noi con l’Italia riflette sui temi caldissimi della politica, non potendo esimersi da partire proprio dalla corsa al Quirinale: una partita in “due tempi”, partendo dalle strategie e finendo con le “conseguenze” di queste strategie. «La prima è cercare un candidato condiviso, che possa essere eletto a larghissima maggioranza. L’altra, pure legittima, è un voto a maggioranza, come è accaduto già 8 volte su 13, spesso con ottimi risultati», spiega Lupi escludendo di fatto il Mattarella Bis (per il momento). Secondo l’ex Ministro infatti l’attuale Capo dello Stato «è stato un grandissimo presidente, fondamentale in momenti drammatici, apprezzato dalla politica e dalla gente. Ma ha ragione a dirsi indisponibile, perché quella che fu un’eccezione come la rielezione di Napolitano non può diventare regola: sarebbe la sconfitta definitiva della politica che non sa trovare soluzioni adeguate».
LUPI, BERLUSCONI E LA CANDIDATURA DI DRAGHI
Sono dunque due le strade immaginate da Lupi e la prima vede Silvio Berlusconi in rampa di lancio: «Io dico che mi ha molto sorpreso il no della sinistra alla proposta di Salvini di sederci tutti assieme per trovare un metodo e magari un nome. Non si può dire che non si discute perché il centrodestra ha una proposta condivisa, si riconosce cioè nella candidatura di Berlusconi». Non si tratta di un’accettazione senza condizioni, però il deputato milanese non considera positivo neanche accettare il confronto da parte della sinistra: «Anche noi avremmo detto no a Prodi, ma è inaccettabile che ci siano pregiudizi su un leader che ha fatto la storia del centrodestra, che anche a sinistra è stato riconsiderato nella sua importanza, che ha meriti internazionali riconosciuti come dimostrano le parole del segretario del Ppe. Mi auguro che il Pd ci ripensi e si sieda al tavolo». Il Centrodestra deve rimanere unito, rivendica ancora Lupi, se dovesse crollare sul Colle non avrebbe più senso come coalizione. Anche per questo, una possibile via d’uscita è rappresentata da Mario Draghi: «è la figura più autorevole che abbiamo in questo momento e nessuno vuole perdere il suo contributo. Basta guardare l’ autorevolezza con cui ha deciso finalmente di tenere aperte le scuole. E sappiamo che non può essere un’elezione di parte: è un nome di tutti, lo stesso Berlusconi lo indicò alla Bce quando era premier. Ma appunto, prima la sinistra deve rispondere a questa domanda: vuole scegliere la strada condivisa o quella di una elezione a maggioranza?». Con Draghi al Quirinale l’accordo dovrebbe però prevedere anche la prosecuzione dell’attuale maggioranza per impostare le riforme costituzionali necessarie: niente Elezioni anticipate dunque, ma la prosecuzione – secondo Lupi – della legislatura fino al 2023.