Filiera sempre più corta – a volte, letteralmente a “cm0” -, riscoperta di ingredienti poveri e dimenticati, maggiore attenzione verso la riduzione degli sprechi e consolidamento del delivery, non solo verso il consumatore finale, con la differenziazione del menu riservato, ma anche come canale di approvvigionamento per il ristorante stesso. Sono queste le tendenze che impatteranno sulla trasformazione delle cucine dei ristoranti nel 2022 secondo le analisi di Soplaya, la piattaforma che mette in contatto più di 300 produttori artigianali con oltre 1.800 ristoranti clienti. Cinque trend, irrobustiti dalla pandemia, che sembrano destinati a recitare un ruolo importante nella gestione dei locali. Eccoli in dettaglio.
La prima evidenza che emerge dal monitoraggio di Soplaya è la riduzione della filiera. Un po’ per i rinnovati gusti dei consumatori – che, anche tramite i ristoranti, si stanno riavvicinando a una cucina legata al territorio – un po’ per le contingenze (anche logistiche) portate dalla pandemia, gli chef stanno infatti sempre più reintroducendo nei propri menu ingredienti locali, che spesso reperiscono direttamente dal produttore. “In media negli ultimi sei mesi – commenta Tommaso Terenziani, Farm Manager di Soplaya – per ogni ordine effettuato da uno chef o da un ristorante tramite la nostra piattaforma, il 50% dei prodotti selezionati provengono da piccoli produttori vicini, anche geograficamente, alle location dei ristoranti; moltissimi, addirittura, sono presidi Slow-Food. Le ragioni sono diverse: in primis, offrire ai propri clienti prodotti locali a cui difficilmente si riesce ad avere accesso a livello individuale, ma va anche considerato il semplice desiderio di accorciare la filiera, per avere un miglior controllo sull’ingrediente e un maggiore legame con il territorio”.
Il secondo trend riguarda invece lo spazio conquistato dagli ingredienti sottovalutati, dimenticati, o, in generale, “poveri”. “Negli ultimi 12 mesi – spiega Gian Carlo Cesarin di Soplaya -, abbiamo visto aumentare l’interesse di chef e ristoratori verso questi prodotti: il pesce, per esempio, è cresciuto del 136% grazie all’attenzione riservata a specie dimenticate come la lampuga, la mormora o specialità locali come ghiozzo e garusoli. E anche alcuni ingredienti nell’area ortofrutta stanno letteralmente esplodendo, portando la categoria al +49% sul fresco e al +45% sulla cosiddetta “quarta gamma”, ovvero sui prodotti freschi, lavati, confezionati in imballaggi protettivi, pronti per essere consumati”. I vantaggi di questa scelta sono molteplici. “Oltre a permettere una migliore gestione del food cost – nota Cesarin -, l’utilizzo di ingredienti ‘poveri’ o dimenticati garantisce anche un’alta differenziazione dei menu”.
Il terzo fattore da attenzionare rimanda alla sostenibilità, un tema ormai sempre più centrale nell’agenda dei singoli consumatori e di conseguenza anche di ristoranti e chef. Sempre più chef richiedono infatti prodotti tracciati e allenano creatività e innovazione per usare gli ingredienti nella loro interezza. Ma non solo. Cambia anche il modo di gestire gli ordini e i magazzini. Rispetto al passato – rileva Soplaya -, si osserva la tendenza a fare ordini più piccoli, ma più frequenti. Con benefici evidenti: gli chef che ordinano ogni giorno, sfruttando i progressi fatti grazie a tecnologia e logistica, riescono infatti a tenere sotto controllo la scadenza dei prodotti e limitare gli sprechi anche del 30%.
In quarta istanza, va poi evidenziata la crescita del delivery, capace di diventare a tutti gli effetti un core business per molti ristoranti, che si stanno attrezzando per dedicare alle consegne a domicilio e all’asporto un menu a sé stante, prevedendo, a volte, anche la specializzazione di alcuni membri della brigata. I piatti destinati al delivery, infatti, sempre più spesso seguono processi di ricettazione e cottura completamente diversi, in modo da mantenere la qualità intatta anche dopo il tempo richiesto dal tragitto di consegna.
Infine, non va dimenticato il fattore tecnologico. Se infatti il 2020 ha visto chef e ristoratori affrontare timidamente il tema (il 33% di aziende della ristorazione aveva investito solo il 5% del budget per questa voce), il 2022 sarà l’anno della definitiva svolta per la digitalizzazione delle cucine.
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