Caro direttore,
vorrei segnalare a Lei ed ai lettori un articolo scritto da un ospite di una comunità psichiatrica di riabilitazione ad alta intensità collocata nelle strutture di una fondazione che ho l’onore di presiedere. Il testo è stato letto dall’autore in una recente celebrazione natalizia lasciando amici e curanti molto sorpresi. Mi sembra descritto un approccio edificante per tutti alla malattia, al dolore, alle cure ed in generale alla vita in cui la fede rompe steccati e censure.
Alessandro Pirola
Prima di iniziare l’articolo vero e proprio vorrei fare una piccola premessa su che cosa rappresenta Dio nella mia vita.
“Dio ci consente di vedere l’invisibile, accettare l’impossibile e sperare nell’incredibile”. Essere umani significa anche sperimentare l’incertezza, il dolore e la morte. Dio, tuttavia, è un punto di riferimento per dare un senso al caos, un ospedale per guardare ferite invisibili, un’ancora di salvezza che ci offre seconde possibilità. Dio non è semplicemente una risposta alle difficoltà, ma tanto altro, per esempio per me è anche l’unione di persone sole, è una guida, dà forma alla ricerca di un sentiero “sicuro” quando ci sentiamo smarriti. Dio offre uno spazio nel quale le risposte e il significato della vita possono essere cercati e trovati. Detto questo, e in base al mio trascorso di vita fatto fino ad oggi, voglio riflettere con voi su come Dio insieme ad un corretto percorso terapeutico può aiutare le persone a curare l’anima.
Nella vita purtroppo non nasciamo già capaci di soffrire o meglio non nasciamo già capaci di soffrire in modo adeguato. Fondamentale, non siamo creati per la sofferenza e spesso soffriamo per cose di cui non abbiamo colpa.
Ma la sofferenza è un viaggio, non la destinazione finale. E saper soffrire è l’inizio del viaggio verso la guarigione. Fa male doversi rapportare con la sofferenza, ma nella mia esperienza posso dire che fa ancora più male ignorarla.
Un primo passo che ho fatto è stato quello di imparare a chiedere. Possiamo avere molti motivi per cui proviamo dolore o rabbia, ma la guarigione richiede necessariamente che noi ci spogliamo del nostro orgoglio, del nostro desiderio di risolvere tutto noi. Nel momento di estrema sofferenza si tende a perdere il senso di sé, ci si sente soli e senza via d’uscita. È stato allora che ho deciso di chiedere aiuto alla mia famiglia, a dei professionisti competenti e a Dio, tutto per provare a guardare la vita da un’altra prospettiva. Una volta fatto il primo passo ho deciso di aiutarmi e farmi aiutare, innanzitutto con un lavoro iniziale di consapevolezza che la guarigione dell’anima richiede tempo, sacrifici e soprattutto dialogo. Bisogna permettere ai sentimenti di trovare una valvola di sfogo. Il silenzio logora ogni dolore.
Ovviamente l’orgoglio può spingerci a coprire il nostro dolore, ma condividendo la nostra storia ci farà scoprire che anche altre persone hanno vissuto la stessa cosa. Ho condiviso ciò che provavo con mio fratello, con gli educatori, con il mio clinico di riferimento e… tutte le notti prima di dormire anche con Dio!
Troppe volte sono scappato dalla sofferenza, l’ho evitata o peggio ancora l’ho intorpidita in modi malsani, fino a quando ho deciso di affidarla nelle mani sicure dell’As.Fra e di Dio. Qui ho trovato la sofferenza più tollerabile, oltre al supporto clinico ho avuto possibilità di scoprire come Dio è presente nel mio dolore, dandomi sempre il Suo amore.
Non ho più dubbi sul fatto che quando non stavo bene si stava “nascondendo da me” ma lavorava in sordina per donarmi la Sua guarigione, con i giusti tempi. È proprio vero che, a volte, capiamo soltanto dopo tanto tempo dove ha operato Dio nei momenti in cui pensavamo di essere stati abbandonati. Adesso ho occhi speranzosi verso un futuro migliore, e questa speranza mi spinge a una forte motivazione per affrontare la vita. È la motivazione che avvicina la cura dell’anima a Dio. L’anima di una persona, come la sua storia, le sue esperienze, possono assumere un senso diverso se lette e avvicinate alla luce di Dio.
Vorrei concludere con un estratto della lettera enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso (cfr Es 33, 18; Sal 27 [26], 8-9; 63 [62], 2-3; Gv 14, 8; 1 Gv 3, 2)”
Matteo
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