Il discorso del presidente della Repubblica del 31 dicembre scorso ha offerto un contributo di giudizio significativo sulle vicende che hanno segnato la storia recente del nostro Paese. Un passaggio di questo discorso ha sottolineato l’importanza, per l’esercizio del proprio compito di Capo dello Stato, della “coscienza del legame, essenziale in democrazia, che esiste tra istituzioni e società; e che la nostra Costituzione disegna in modo così puntuale”.
Purtroppo, la scuola registra spesso uno scarto ancora troppo sensibile – resistente nel tempo, non importa il colore o i colori del governo di turno – tra situazione di diritto e situazione di fatto che riguarda il sistema di istruzione e formazione. Tante sono, infatti, le questioni su cui un coinvolgimento più costante e stabile delle associazioni professionali del mondo della scuola nei processi decisionali dell’istituzione, ossia il ministero, sarebbe oggi più che mai opportuno.
Tra le tematiche che stanno impegnando il governo – anche per il fatto che il Pnrr prevede degli interventi in tal senso – vi è la riforma della formazione iniziale per gli insegnanti della scuola secondaria. L’ultima riforma in ordine di tempo è stata quella del D.Lgs. 13 aprile 2017 n. 59, in attuazione della Buona Scuola (legge 107/2015), che istituiva il percorso Fit (formazione iniziale, tirocinio e inserimento) poi abrogato dal Ddl Bilancio del 2018. Resta comunque vigente il DM 249/2010 che regolamenta i percorsi di formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, primaria e la specializzazione per le attività di sostegno didattico. L’ultimo ciclo di Tfa risale al 2014, mentre la specializzazione sul sostegno ha appena avviato il VI ciclo.
Già a settembre scorso, il ministro Bianchi aveva individuato come essenziali la riforma del reclutamento e della formazione iniziale e continua degli insegnanti riconoscendo che la riforma della formazione iniziale è correlata alla riforma del sistema di reclutamento. Il rischio, tuttavia, che si possa procedere ad una riforma senza un dialogo approfondito con le professionalità effettivamente coinvolte pare alto.
Un aspetto che merita una attenzione particolare, soprattutto alla luce delle esperienze trascorse, è quello del rapporto tra scuola e università.
Il vigente DM 249/2010, all’articolo 10 affida al “consiglio di corso di tirocinio” il compito di curare l’integrazione tra le attività di tirocinio diretto e indiretto, gli insegnamenti accademici e i laboratori. Tuttavia la tempistica di selezione e svolgimento dei cicli trascorsi di Tfa e dei corsi di specializzazione ha reso veramente essenziale la collaborazione e il confronto tra scuola e università. Da un canto, il ruolo del tutor scolastico meriterebbe un riconoscimento formale più adeguato nell’ambito della scuola in un’ottica di valorizzazione delle competenze (DM 8/11/2011 art. 6) mai attuata; d’altro canto, l’università dovrebbe essere messa nelle condizioni gestionali per poter coinvolgere le scuole e adempiere efficacemente all’integrazione tra esperienza di tirocinio e riflessione teorica.
Il rapporto tra scuola e università dovrebbe essere veramente interpretato come strategico: le scuole dell’autonomia sono vocate anche a divenire centri di ricerca, le università non possono smarrire il contatto con i contesti reali di insegnamento-apprendimento e una collaborazione si rende oggi indispensabile.
L’invito è veramente a non mancare questa opportunità di dialogo e di collaborazione paritetica per il rilancio di una formazione di qualità.
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