Sembrava che le milizie dei ribelli del Tigray, in Etiopia, fossero arrivate quasi alle porte di Addis Abeba, pronte a conquistarla, poi la situazione si è rovesciata un’altra volta. “Non sappiamo in che modo, visto come le notizie da laggiù filtrino con grande difficoltà”, ci ha detto Mussie Zerai, sacerdote eritreo che vive in Italia dal 1995 occupandosi di migranti e di rifugiati politici dall’Eritrea e dall’Etiopia. “Non sappiamo cioè se le truppe tigrine siano state costrette a tornare indietro, perché sconfitte in battaglia, o su pressione internazionale. Ciascuno racconta la sua versione dei fatti”.
L’aspetto più drammatico è però legato alla sanguinaria repressione, sempre più violenta, da parte dell’esercito governativo etiope, che fa uso di droni per attaccare e bombardare i campi civili dei rifugiati. Dopo il bombardamento di un campo a Dedebit, che ha provocato 56 morti, nelle scorse ore c’è stato un altro raid aereo, che ha causato altre 17 vittime. Le agenzie umanitarie che operano con difficoltà in quelle zone hanno annunciato di voler sospendere le loro attività, perché le minacce di attacchi sono sempre più continue: “Questo è il vero dramma” ci ha detto ancora Zerai, “perché si è versato già moltissimo sangue da una parte e dall’altra e chi ne fa le spese sono i civili, anche rifugiati fuggiti dall’Eritrea, che qui erano venuti in cerca di protezione, mentre adesso rischiano la vita”.
Che cosa si sa della situazione attuale? Le milizie tigrine non minacciano più Addis Abeba?
Le notizie non sono chiare, non si capisce se si siano ritirate dietro pressioni internazionali, visto che le parti in causa stanno cercando di chiamare tutti intorno a un tavolo di pace. Di fatto si sono allontanate dalla zona della capitale e sono tornate verso il Tigray, questo è lo stato di fatto. Su quali basi sia stato possibile, se con la forza o in seguito ad accordi, non è possibile saperlo. Ciascuno racconta la sua versione, chi sia stata una ritirata strategica o chi invece una sconfitta.
L’esercito etiope sta facendo attacchi con droni che hanno provocato la morte di molti civili. Conferma?
Sì, e questo è terribile, ci angoscia e ci addolora. Sono molti i morti tra i civili e anche tra i profughi eritrei che erano ospitati in questi campi, si contano vittime anche tra di loro. Persone che erano venute per trovare protezione e invece si sono ritrovate sulla linea di fuoco.
Le agenzie umanitarie intendono sospendere le attività perché, secondo loro, la situazione è diventata troppo pericolosa, il governo si dimostra davvero feroce. Come mai tanta violenza da parte di un premio Nobel per la pace come il premier Abiy Ahmed Ali?
Anche questo è molto grave e va a discapito di chi ha bisogno. Se le agenzie umanitarie si ritirano, la popolazione che ha bisogno di aiuto rimane privata di qualsiasi sostegno. Avremo più persone affamate, senza cure mediche e che subiranno disagi e sofferenze, rischiando anche l’incolumità e la vita.
Che ruolo ha l’esercito dell’Eritrea? Da sostenitori del Tigray adesso sono alleati con l’Etiopia?
Tra le poche notizie che arrivano si parla anche di reparti dell’esercito eritreo che attaccano le milizie del Tigray. Altre fonti dicono che c’è uno spiraglio di pace, un tavolo di trattative avviato. Spero che prevalga la forza di dialogare e far tacere le armi.
Il presidente americano Biden ha parlato al telefono con il premier etiope, ma non sembra abbia ottenuto molto. Lei ritiene che Usa e Occidente se ne stiano lavando le mani?
Non penso, essendo una zona ad altissimo interesse strategico non possono lavarsene le mani del tutto. Forse non hanno la forza sufficiente, perché ci sono altri attori nello scenario ormai da tempo, e cioè Cina, Russia e Turchia. Questo impedisce di farsi ascoltare e fa sembrare che non facciano di tutto, ma non è così. Non possono disimpegnarsi completamente.
La priorità più importante adesso è attivarsi per proteggere la popolazione civile?
Certo, si è versato troppo sangue nel Tigray e non solo, a soffrire sono anche civili di altre zone e i rifugiati che si trovano in mezzo a tutto questo. La loro protezione deve essere al primo punto per chiunque si trovi coinvolto in tutto questo.
(Paolo Vites)
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