La peste suina preoccupa il il tessuto produttivo ed economico legato alla filiera suinicola, in particolare per la produzione di prosciutti DOP e IGP che, da Parma a Norcia, rappresentano il fiore all’occhiello del Made in Italy. Il primo caso, scoperto pochi giorni fa su un cinghiale in Piemonte, ha fatto suonare il campanello d’allarme, con Cia-Agricoltori Italiani che hanno sottolineato la preoccupazione per quanto potrebbe presto succedere a una delle industrie più importanti che esporta e fa conoscere in tutto il mondo le prelibatezze italiane.
L’allarme lanciato interessa in maniera diretta marchi come il prosciutto di Parma che, secondo quanto riferito, potrebbe subire un danno di proporzioni non immaginabili nel caso in cui l’esportazione fosse bloccata a causa della peste suina africana. Le autorità competenti di Giappone e Taiwan hanno già disposto il blocco dell’import di carni suine italiane e si temono ulteriori manifestazioni di ostilità commerciale che potrebbero mandare in fumo anni di lavoro dedicato alla qualità delle produzioni, alla sicurezza dei consumatori e al benessere degli animali.
PESTE SUINA, PROSCIUTTO DI PARMA A RISCHIO EXPORT
Attualmente, l’export di salumi e carni suine si attesta su 1,7 miliardi di euro, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera. Nello specifico le principali tipologie di prodotti esportati sono prosciutti stagionati, disossati, speck, coppe e culatelli. Nonostante la grande preoccupazione, le misure di bio-sicurezza degli allevamenti italiani hanno comunque degli standard molto elevati che, dopo l’emergenza peste suina, verrano di certo ulteriormente rafforzate nelle prossime settimane per tutelare le aziende zootecniche.
Per Cia la peste suina si sta diffondendo per i troppi ungulati selvatici. Per l’associazione i numeri parlano chiaro: 2 milioni di ungulati in circolazione, oltre 200 milioni di euro di danni all’agricoltura e 469 incidenti, anche mortali, in quattro anni.