Fece testamento ch’era, tutto sommato, giovane: oltrepassati i quaranta, i cinquanta erano ancora lontani. Era tra i quaranta e i cinquanta: “Ma sappiamo tutti che la morte non guarda in faccia nessuno – avrà pensato -: di fronte a lei siamo tutti uguali”. Fu ragionando così che la Madonna fece testamento, come gli umani fanno testamento prima d’andarsene via per sempre, per lasciar meno grane possibili a chi spingerà avanti la carretta.
L’idea, forse, già le balenava da un po’: eran trascorsi già trent’anni da quando, un giorno, mise al mondo l’unico Figlio: “Uno solo, ma che razza di figliolo!” le avrà detto qualcuna. Un figlio che, ancora bambino, aveva già idee molto chiare sull’eredità: “Non mi serve niente, mamma, che non sia la tua innocenza e il tuo affetto”.
Giuseppe, nel frattempo, scivolava nel baratro di un silenzio intenso: piano piano il silenzio se lo inghiottì vivo. Dopo che ebbe lasciato, in eredità, al figliolo la cosa più cara: Gli aveva insegnato a diventare un onesto cittadino, a farsi uomo senz’apparire zerbino.
Maria, invecchiando, fece bene i conti di ciò che l’era rimasto di suo: tolto Giuseppe, non le rimaneva che il suo sangesù. Tutto il resto gliel’avevan tolto in nome, a causa, d’esser madre di uno così. “Lascerò tutto alla parrocchia!” disse un giorno tra sé, scartando tutte le altre possibilità. Una parrocchia che, strada facendo, aveva contribuito anche lei a mettere in piedi, assunta da suo Figlio: i giorni di vigilia c’era lei in cantiere, la domenica e le feste arrivava direttamente Gesù.
Dal giorno in cui, inginocchiata, pensò di fare testamento in questo modo, non cambiò più idea. Dovette, soltanto, aspettare l’ora giusta, la circostanza migliore. Attese in preghiera e, facendo così, favorì quell’ora: «In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù». Capitò a Cana, dunque, che Maria individuò l’ufficio notarile migliore per invalidare l’atto. C’erano tutti, «anche Gesù con i suoi discepoli». C’era, dunque, l’erede legittimo che, alla Madre, aveva già detto che gli bastava Lei. C’era, anche, la parrocchia del Figlio, «i suoi discepoli». Che fosse l’ora giusta, lo capì quando, sollecitando il Figlio – «Non hanno vino» – si sentì dire di non intromettersi: «Donna, che vuoi da me?».
Qualcuno rinfaccia al Cristo d’essere stato maleducato con chi, più di qualsiasi altro, si era spaccato la schiena per Lui. Lui, educatissimo, non chiese mai scusa, perché non c’era nulla da scusarsi. Le aveva solo detto, in modo che nessuno capisse, d’aspettare perché era il (vero) Padre a dover fischiare l’inizio, non lui o lei: «Non è ancora giunta la mia ora». Cioè: “Un attimo solo, mamma!”.
Lei capì. Capì che l’ora del Figlio era anche la sua ora: in direzioni opposte ma identiche. Raccolse i fili dell’anima sua, li pinzò per bene, fece le cose fatte bene. E, alla presenza del Figlio, lasciò tutto in eredità alla Chiesa. Leggendo a voce alta il testamento: «Qualunque cosa vi dica, fatela». Non, dunque, soldi in contanti, immobili, prati verdi. Lasciò ciò che il suo cuore non poteva più contenere lui da solo: il suogesù. Non c’era bisogno che lei morisse per lasciare la sua eredità: “Ciò che lasci nei tuoi figli – ripeteva – è più importante di ciò che lasci a loro”.
Un tempo lo pensò, poi si confidò: quando fu l’ora, lo fece: “Ascoltate ciò che vi dice Lui, non più io. Anch’io farò così” disse agli invitati. I quali, tempo al tempo, riscossero i primi interessi di quell’eredità: «Hai tenuto da parte il vino buono finora» (cfr Gv 2,1-11).
Udendo questo, Maria capì d’avere agito alla perfezione: aveva mantenuto da parte Gesù fino all’ora esatta. Poi, granmadre, capì di dover fare un passo indietro: stava per avere inizio la partita finale, partita per la quale ambedue eran nati. Toccava al Figlio, però, la fascia di capitano. Lei, umilissima, accettò di dipendere dalle scelte del Figlio. Andò a bordo campo, non in tribuna: “Se hai bisogno, ci sono!”.
Sotto la Croce, rientrerà per riaccoglierselo. Adesso, però, tocca a Gesù: “Sei maggiorenne! D’ora innanzi accetterò la tua libertà” pensò. Lo salutò: “Sia fatta la tua liberta, gesummio!” E Lui, con dietro Lei, partì.
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