Normalmente mi dedico alla scrittura di racconti di negoziazione in ambito business, mentre oggi vorrei proseguire il breve ciclo di articoli sul tema “negoziazione in famiglia”, e in particolare sulla relazione tra genitori e figli.
Tempo fa io e mia moglie ci recammo a cena da una coppia di nostri amici con due figli: una bambina di nome Carlotta che fa le elementari e un ragazzo adolescente. Quando ci accolsero nella loro dimora notai che il padre Marco, un giovane avvocato molto in gamba, aveva lo sguardo inquieto. Gli chiesi subito cosa fosse accaduto e mi rispose che lui e sua moglie erano molto preoccupati per la figlia Carlotta. A quel punto notai che la tavola era apparecchiata solo per quattro, e dunque domandai dove fossero i figli. La mamma Chiara mi rispose che il figlio adolescente era a cena da un amico, mentre la piccola Carlotta era in camera in castigo. Mi spiegò che quel pomeriggio la bambina aveva fatto cadere un prezioso vaso regalato da sua madre per il loro matrimonio giocando con l’hula-hoop in un’area della casa in cui non le era consentito. Oltre al danno economico e affettivo, il problema risiedeva nel fatto che Carlotta, nonostante l’evidenza, non volesse ammettere di aver causato la rottura del vaso. Il racconto è poi proseguito per voce di Marco, il quale aveva perseverato nel tentativo di far “confessare” la figlia, ottenendo scarsi risultati. Giunto all’esasperazione, la aveva avvertita dicendole che se avesse continuato a mentire sarebbe finita in punizione. Dopo l’ennesima negazione da parte di Carlotta, per rimanere fedele alle sue parole, Marco decise che la bambina non avrebbe cenato con loro quella sera.
Ciò che mi colpì fu soprattutto il commento finale di Marco, che riporto di seguito: “Non mi preoccupa tanto il vaso rotto, anche se frutto di una grave disobbedienza e nonostante il suo valore affettivo, ma soprattutto il fatto che mia figlia continui a negare l’evidenza“. Terminato il racconto, Marco mi chiese: “Come si può negoziare con una persona che non ascolta e che mente su tutto?“. Io gli suggerì di mettere in atto una strategia “a specchio”, ovvero di comportarsi in maniera opposta rispetto alla figlia: ascoltandola e dicendo la verità.
A quel punto chiesi a Chiara: “Qual è la cosa più bella ed evidente nel rapporto con tua figlia?” e lei rispose: “Che nonostante mi faccia spesso arrabbiare, le vorrò sempre tantissimo bene“. Le consigliai di recarsi in camera di Carlotta per riferirle quelle stesse parole, e di ascoltare e osservare la sua reazione. Dopo una quindicina di minuti Chiara tornò da noi tenendo per mano la figlia ed esclamando: “Guardate un po’ chi c’è qui!“. Subito accogliemmo tutti la piccola Carlotta, che corse tra le braccia del padre e gli disse: “Sono stata io a rompere il vaso. Anche tu mi vuoi bene lo stesso come la mamma?“. In un moto di gioia Marco l’abbracciò e continuò a tenerla sulle sue gambe per tutta la durata della cena.
Una volta messa a letto la bambina, noi quattro adulti andammo sul balcone per bere un amaro e Chiara ne approfittò per raccontare nel dettaglio il dialogo avvenuto con la figlia. Dopo averle assicurato che le avrebbe voluto bene nonostante tutto, Carlotta era scoppiata a piangere e aveva confessato che era stata lei a far cadere accidentalmente il vaso.
Anche in questo caso analizziamo con gli occhi di un negoziatore professionista cosa è accaduto. I bambini sono soggetti ancora più emotivi degli adulti, e dunque non sono disposti ad ammettere una colpa, anche se palese, se prima non vengono valorizzati da un punto di vista relazionale. In questo caso specifico, Carlotta si è sentita libera di raccontare la verità solo dopo aver avuto la certezza che il suo rapporto con i genitori sarebbe rimasto solido.
Tuttavia, è bene non ridurre questo atteggiamento a un mero comportamento infantile, poiché si tratta di una dinamica propriamente umana, e che dunque riguarda tutte le fasce d’età. Anche gli adulti, infatti, quando si trovano all’interno di situazioni complesse e sanno di avere torto, spesso non lo ammettono fino a che non si sentono pienamente valorizzati e rispettati.
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