Il Covid ormai da due anni porta a continue emergenze sanitarie, mettendo in luce le carenze delle nostre strutture ospedaliere, ma soprattutto la mancanza di piani progettuali sulla lunga distanza. L’ultimo allarme arriva dal presidente della Siaarti (Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva), Antonio Giarratano, che parla di “emergenza sanitaria” per tutti quei pazienti che necessitano di interventi chirurgici cardiologici, oncologici e per altre patologie che una volta ricoverati si rivelano positivi, ma asintomatici.
Non essendoci, appunto, un piano organizzativo, in quanto positivi questi pazienti si trovano ricoverati nei reparti infettivi dove, come ci ha detto un rianimatore dell’ospedale Sacco di Milano che preferisce mantenere l’anonimato, “non ci sono o sono scarse le competenze chirurgiche”. Così si accumulano centinaia di casi di pazienti che non vengono curati. Sempre secondo la nostra fonte, “sarebbe ora di cambiare il paradigma con cui si affronta la patologia Covid: occorre tenere separati i pazienti asintomatici da quelli sintomatici in modo da poter intervenire su di loro”.
Secondo il presidente della Società italiana anestesia e rianimazione, si stanno registrando molti casi di pazienti che necessitano di interventi chirurgici, ma, risultando positivi seppur asintomatici, non vengono operati. Come mai questa situazione?
C’è di fatto una quota di pazienti che arrivano anche in pronto soccorso per altri problemi rispetto al Covid e che poi si rivelano positivi. La classica patologia Covid, quella di natura respiratoria, è minima o assente, ma ci sono altre problematiche.
Quindi? Come si snoda il loro percorso una volta ricoverati? Quali sono gli intoppi?
Il problema è che hanno una gestione complicata. I reparti Covid sono organizzati e pensati per persone che hanno la patologia Covid, cioè la polmonite. I percorsi chirurgici o specialistici sono complicati da organizzare.
Perché?
Perché nel reparto degli infettivi che accolgono i pazienti Covid non ci sono o sono scarse le competenze chirurgiche. Succede che vengono cioè mandati pazienti con problemi chirurgici in un reparto che non ha le competenze per gestirli, e lo stesso vale per un paziente cardiologico.
Nelle precedenti ondate, soprattutto durante la prima, gli ospedali erano intasati di pazienti Covid e chi aveva problemi oncologici o cardiopatici non veniva ricoverato. Adesso questi pazienti arrivano in ospedale e spesso si rivelano positivi. Cosa è cambiato in questi due anni?
E’ cambiato che in quest’ultima fase sono molti di più i pazienti positivi e asintomatici, per via dei vaccini e anche per la minor virulenza della variante. Prima, se uno era positivo, era spesso sintomatico.
Si parla di emergenza sanitaria: non si poteva prevedere questa situazione? E che procedure sarebbe necessario istituire?
Sicuramente già nei mesi scorsi, tra fine estate e inizio autunno, la gran parte degli ospedali lombardi era alle prese con un tentativo di abbattere le liste di attesa dei pazienti che necessitano di interventi chirurgici. Questo obiettivo non è stato possibile raggiungerlo vista la nuova ondata e probabilmente ci sarà da affrontare un ulteriore sovraccarico. In questo momento, al di là delle terapie intensive, resta il problema degli interventi intermedi, cardiologici, neurologici, oncologici. Purtroppo però non c’è un piano né un’organizzazione adeguati.
Dove sono finite le tante promesse fatte per riorganizzare al meglio gli ospedali?
Se vogliamo ci sono migliaia di spunti utili per migliorare: questa situazione non è la prima e non sarà l’ultima.
Forse il ministero della Sanità dovrebbe prendere delle iniziative?
In generale va cambiato il paradigma di gestione del Covid.
In che modo?
Il paziente positivo asintomatico deve essere gestito in maniera diversa rispetto al paziente sintomatico, così come i tamponi. Va cambiato l’approccio a tutta la patologia.
Tutto ciò porta a voi operatori sanitari un carico di lavoro non da poco, è così?
Ormai è così da due anni, si naviga a vista, non c’è una programmazione. Ogni giorno c’è sempre qualcosa che cambia.
(Paolo Vites)
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