Lo scenario della pandemia Covid è cambiato, quindi il sistema deve adeguarsi. Il richiamo arriva dal professor Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Intervenuto a L’Aria che tira oggi è partito dall’analisi dei numeri dei morti registrati quotidianamente. «Negli ospedali ci sono soprattutto pazienti con variante Delta. La Omicron causa poche ospedalizzazioni, vengono prevalentemente in ambulatorio e con ricoveri ordinari, temo anche per una questione di maggiore fiducia nei confronti dell’ospedale o perché la medicina territoriale è ancora carente», ha osservato in collegamento con Myrta Merlino. «Quello che stiamo osservando è l’esatta corrispondenza di quello che si era visto ad esempio in Sud Africa. Abbiamo avuto un picco molto forte e repentino, con una discesa che fra poco dovremo cominciare a vedere».
Quel che bisogna fare in questa fase è quello che hanno proposto diversi esperti, cioè apportare delle modifiche al sistema approntato durante l’emergenza. «Più di qualche collega pone il problema di un’analisi più puntuale dei numeri, anche dei morti. Mi permetto di dire una cosa, e spero di non sollevare polemiche: credo che il sistema nel suo complesso, compreso quella della litania quotidiana che non sopporto da tempo e della rendicontazione di contagiati, guariti e morti, è lontano da ciò che avviene nella realtà», ha aggiunto Francesco Vaia.
IL PROFESSOR VAIA CONTRO IL “TAMPONIFICIO” ITALIANO
I numeri dei positivi, così come vengono comunicati ancora, «non sono rispondenti. Oggi molta gente fa test a casa e non comunica la positività», ha osservato il professor Francesco Vaia a L’Aria che tira. Peraltro, secondo il direttore sanitario dello Spallanzani, ad esempio non bisognerebbe far restare a casa i vaccinati con tre dosi per più di cinque giorni. «Bisogna essere coerenti. Se crediamo nella scienza e nella vaccinazione, bisogna tener conto del fatto che Cdc ed Ecdc ci hanno detto che la persona positiva è contagiosa due giorni prima la comparsa dei sintomi e tre giorni dopo. Questo tamponificio è inutile: negli Stati Uniti non fanno tamponi agli asintomatici». Di conseguenza, per Vaia «dopo cinque giorni bisogna liberare le persone, che devono collaborare con il tracciamento. Ma in Italia siccome non si trattano i cittadini come adulti, allora questi devono fare i furbi». Inoltre, bisogna cambiare le regole: «La gente non capisce più nulla con queste regole. Dobbiamo essere più vicini alla realtà. Si sta perdendo il contatto con la realtà».