Nell’area del centrodestra la candidatura di Berlusconi sembra avviarsi verso un tramonto, più che dignitoso, se si pensa che è tuttora in grado di condizionare in modo importante qualsiasi altro nome che aspiri a salire al Colle. Sgarbi ha inventato l’operazione Scoiattolo con una sequenza di telefonate a carattere più goliardico che seriamente politico e lo stesso Sgarbi ad Un giorno da pecora ne ha decretato la conclusione anzi tempo.
Un bell’esempio di come sia più facile morire di fuoco amico che di una campagna denigratoria dei soliti nemici, per quanto martellante e ben orchestrata.
Ma se il centrodestra è alle prese con la candidatura di Berlusconi, il centrosinistra appare vistosamente orfano di nomi, di strategie e di programmi. Lo Enrico Letta, come spesso è accaduto al Pd in questi anni, sa ripetere come un mantra solo una cosa: Berlusconi no; l’eterno nemico deve restare fuori dai giochi. Interrogato su chi proporre in alternativa, appare evidente come le sue alternative siano a zero.
La riedizione di Mattarella appare improponibile per lo stesso attuale presidente; e la proiezione di Draghi al Quirinale come nome della sinistra lo condannerebbe per ciò stesso alla bocciatura, per cui perderemmo contestualmente il capo del governo senza avere il nuovo capo dello Stato. Un problema per tutto il Paese, dal momento che tutti vorrebbero lasciare Draghi al suo posto a gestire i fondi del Pnrr e a far da mediatore-paciere tra partiti sempre più rissosi.
E allora a sinistra sono partite le grandi manovre sott’acqua per piazzare un candidato super partes, che non sia un leader politico, che abbia esperienza di governo, che sia di sicuro prestigio a livello europeo e il cerchio magico si stringe intorno a candidati come Paolo Gentiloni; oppure cerca di farsi strada Franceschini, da sempre grande tessitore dietro le quinte, sinistra Dc, buon ministro della cultura nelle ultime legislature.
Certo c’è qualche outsider, che riemerge in tutte le situazioni critiche, come Amato. Ma alla disperata forse Letta potrebbe anche candidare Pierferdinando Casini, migrato a sinistra ed eletto in quello che fu il seggio storico di Bersani. Un piccolo capolavoro in stile democristiano, perché Casini oggi gioca nell’area del centrosinistra, pur avendo cuore e cultura di centrodestra. Con lui Letta potrebbe mettere tutti d’accordo, su di un uomo che sta a sinistra ma non è di sinistra; eletto nel seggio più rosso di Bologna, fedele difensore della famiglia e dei suoi valori, ma sufficientemente laico da aver divorziato due volte. Impegnandosi a non scavalcare il parlamento, potrebbe piacere al centrodestra.
Sono i ragionamenti che Letta ieri ha fatto con Speranza e Conte. Soprattutto perché, eccetto Draghi, non ha una carta migliore da giocare. Nel frattempo, meglio essere prudenti, fare lo stesso tweet e dire “aperti al confronto con centrodestra”.
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