Gli aerei iraniani che atterrano in Myanmar hanno sollevato speculazioni sulla cooperazione segreta militare, comprese le possibili vendite sensibili di armi iraniane in mezzo alle crescenti richieste internazionali di imporre un embargo sulle armi alla giunta militare.
Fonti diplomatiche con sede nel Sud-Est asiatico, che hanno chiesto l’anonimato, hanno affermato che una delegazione iraniana sarebbe sbarcata in Myanmar il 13 gennaio. Ma non sarebbe stata l’unica volta: si tratterebbe, infatti, della terza visita da quando i militari hanno preso il potere e sospeso la democrazia con un colpo di Stato.
Che l’Iran fornisca attrezzature e armi militari a diversi regimi repressivi, nonché a belligeranti allineati a Teheran nelle guerre civili siriane e yemenite, è noto. Ma fino a questo momento non si sapeva che l’Iran avesse legami militari con il Myanmar, che si rifornisce regolarmente da Russia, Cina e India.
Oltretutto nel 2017, il vice capo del Parlamento iraniano aveva chiesto la creazione di forze militari congiunte da parte dei paesi musulmani per fermare la violenza militare del Myanmar contro la minoranza etnica musulmana Rohingya, che ha spinto centinaia di migliaia di persone nel vicino Bangladesh; le Nazioni Unite hanno affermato che potrebbe costituire un “genocidio”.
Secondo i dati di Flightradar24, un aereo di proprietà della compagnia aerea cargo iraniana Qeshm Fars Air sarebbe volato da Mashhad, la seconda città più grande dell’Iran, in Myanmar giovedì scorso. L’aereo è tornato in Iran dal Myanmar il giorno seguente.
È interessante osservare che proprio nel 2019 il ministero del Tesoro degli Stati Uniti aveva imposto sanzioni a Qeshm Fars Air per aver presumibilmente trasportato armi a gruppi sostenuti da Teheran nella guerra civile siriana per conto della Forza Qods della Guardia Rivoluzionaria iraniana (Irgc-Qf), un’unità militare specializzata. Qeshm Fars Air, che originariamente operava come compagnia aerea commerciale tra il 2006 e il 2013, ha riavviato le operazioni nel 2017 e la sua flotta di due aerei B747 ha operato voli cargo regolari per Damasco, consegnando merci, comprese le spedizioni di armi, per conto dell’Irgc-Qf.
Fonti che monitorano i recenti voli iraniani suggeriscono che Teheran potrebbe fornire alla giunta del Myanmar missili guidati, un approvvigionamento che farebbe alzare più di un sopracciglio nelle nazioni vicine, tra cui Thailandia e India. La giunta militare ha sempre più fatto ricorso ai bombardamenti aerei e agli attacchi con armi da elicotteri contro le forze di resistenza. Più di 1.400 civili sono stati uccisi dalle forze di sicurezza da quando c’è stato il colpo di Stato, secondo l’Associazione di assistenza per i prigionieri politici, un gruppo per i diritti umani. Le notizie di torture militari, stupri ed esecuzioni sono all’ordine del giorno sui social media del Myanmar.
Il Nug, un governo ombra istituito lo scorso aprile da parlamentari e gruppi della società civile spodestati, ha iniziato una “guerra difensiva popolare” a settembre e ha posto in essere una vera e propria resistenza armata contro la giunta.
L’Unione Europea ha proposto un embargo internazionale vincolante sulle armi contro il Myanmar in risposta al colpo di Stato e agli abusi post-golpe. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione non vincolante l’anno scorso che invita tutti gli Stati a “prevenire il flusso di armi in Myanmar”. Tuttavia, gli analisti ritengono che sarà difficile fermare la vendita di munizioni e attrezzature alla giunta, anche se viene imposto un embargo. Non dimentichiamoci infatti che Cina e Russia sono i due maggiori fornitori di armi.
Oltre a queste informative, ve ne sono altre altrettanto recenti che riguardano i rapporti tra India e Myanmar. Le autorità di Nuova Delhi si sono affrettate a soddisfare le richieste di aggiornamenti nel campo militare da parte della giunta birmana. Il viceammiraglio Adhir Arora della Marina indiana si è recato dal 5 al 10 gennaio in Myanmar per una riunione congiunta del comitato tra le due marine. Questo incontro non deve destare particolare sorpresa né clamore, perché è la conseguenza di un incontro precedente svoltosi tra il ministro degli Esteri birmano, Min Aung Hlaing, e il suo omologo indiano, Harsh Vardhan Shringla, in visita nel paese il 22 e 23 dicembre.
I leader militari del Myanmar hanno presentato all’India una lista della spesa per diversi lanciarazzi Pinaka, cannoni di artiglieria Sharang, sonar e altri sistemi di sorveglianza. Inoltre è stato chiesto l’aiuto di Nuova Delhi per aggiornare i sistemi missilistici terra-aria russi Pechora e Kvadrat. Inoltre il mese scorso, la Marina birmana ha commissionato il sottomarino di seconda mano Ums Minye Kyaw Htin, acquistato a una tariffa scontata dalla Cina. All’inizio di ottobre 2020 l’India aveva trasferito in Myanmar, con il consenso di Mosca, un sottomarino usato per scopi di addestramento.
La strategia dell’India mira principalmente a frenare la crescente influenza della Cina nel paese. Come abbiamo detto la Cina, che non si è opposta al colpo di Stato militare che ha rovesciato il governo civile di Aung San Suu Kyi, fornisce anche ai servizi di sicurezza della giunta vari strumenti di sorveglianza. A cosa stiamo alludendo? L’Ue ha annunciato il 21 giugno scorso un terzo round di sanzioni contro la giunta birmana in risposta alla repressione delle proteste in Myanmar. Le sanzioni, la maggior parte delle quali prendono di mira le aziende vicine al regime, probabilmente causeranno preoccupazione agli appaltatori che lavorano per le forze di sicurezza del paese, come la società cinese Salvation Data, un fornitore di recupero dati e medicina legale per smartphone.
Salvation Data, che opera anche sotto il nome di Xly Technology, è stata segnalata in un rapporto di marzo dell’Ong Justice for Myanmar per il suo lavoro con il ministero dei Trasporti e delle comunicazioni del paese, che è sotto il controllo dell’esercito dal colpo di Stato di febbraio. La giunta può utilizzare la tecnologia dell’azienda per setacciare i dati sui telefoni appartenenti ai manifestanti arrestati.
Xly è anche partner delle forze di sicurezza in Russia, Croazia, Malesia e Pakistan. Durante una visita del 2017 agli ufficiali dell’azienda, l’allora segretario del ministero pachistano della Scienza e della tecnologia, Arshad Mahmoud, ha espresso sostegno ai programmi di formazione di Xly in Pakistan e una più stretta collaborazione con le forze di polizia pachistane.
In Cina, Xly è partner del ministero della Pubblica sicurezza (Gonganbu) e dell’Esercito di liberazione popolare (Pla). L’amministratore delegato della società, Liang Xiaoning, lavora anche a progetti di recupero dati per le autorità cinesi. Dirige due centri di ricerca nella provincia del Sichuan, uno dei quali, il Sichuan Province Data Recovery Key Laboratory, lavora con il Pla. Un ingegnere dell’istituto di ricerca del Dipartimento dello stato maggiore generale del Pla, Wang Ning, ha partecipato a una riunione del comitato del laboratorio nel 2019.
Xly svolge anche ricerche sulla difesa come parte della spinta del presidente Xi Jinping per la fusione militare-civile, che invita il settore privato a sviluppare tecnologia per i militari. I suoi partner di ricerca includono la Northwestern Polytechnical University (Nwpu) e l’Università di scienza e tecnologia elettronica della Cina (Uestc), due istituzioni di difesa che lavorano, tra le altre cose, sulla scienza elettronica e sulla tecnologia delle comunicazioni.
Proprio per tutte queste ragioni alcuni paesi europei – in particolare la Francia – sono preoccupati di questa situazione. Funzionari del servizio di intelligence esterno francese, della Dgse, e della direzione delle relazioni internazionali e strategiche del ministero della Difesa, la Dgris, hanno espresso preoccupazione per il ruolo della Cina nel colpo di Stato militare in Myanmar e per il fatto che Pechino ha permesso ai generali di agire durante un’audizione a porte chiuse del Senato qualche mese fa. I funzionari, infatti, hanno sottolineato che la Cina aveva una leva significativa nel paese, considerate le sue infiltrazioni nell’entourage della leader spodestata Aung San Suu Kyi.
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