Resta alta la tensione tra Nato e Russia sull’Ucraina. La pressione si esercita in entrambe le direzioni a tutti i livelli: militare, diplomatico, politico. Due giorni fa Londra ha dichiarato che un politico filo-russo, l’ex deputato ucraino Yevhen Murayev, era disponibile ad assumere un ruolo guida in un governo controllato da Mosca, evidentemente dopo un’imminente destabilizzazione del paese ex sovietico. In risposta allo schieramento massiccio di truppe russe al confine orientale ucraino, la Nato mobilita uomini e mezzi nelle basi dell’Est europeo. Il ministro della Difesa ucraino Alexei Reznikov ha dichiarato che “al momento non c’è una minaccia di invasione”, come dire che il futuro rimane assolutamente incerto. Intanto Macron, davanti alle immancabili divergenze europee, ha assunto una propria iniziativa diplomatica: dopo avere incontrato il cancelliere tedesco Scholz, avrà una telefonata con Putin venerdì.
Abbiamo fatto il punto sulla crisi e sui possibili sviluppi con Paolo Quercia, docente di studi strategici nell’Università di Perugia e direttore della rivista GeoTrade. “La cosa complicata è determinare cosa intendiamo come invasione. La definizione del grilletto è la cosa più ambigua di questa crisi” spiega l’analista. Mosca vuole ottenere garanzie più solide sulla sicurezza in Europa, ma non le sarà facile dopo aver aperto il conflitto in Ucraina nel 2014. Nondimeno le cause più remote della situazione, per Quercia, stanno nella politica europea e americana negli anni tra il 2008 e il 2014.
Qual è la sua valutazione della gravità della crisi in corso? Da che cosa dipende?
È la crisi geopolitica più grave e pericolosa per l’Europa degli ultimi 30 anni. Come insegna Tucidide, le guerre hanno cause dirette e cause profonde. Quelle dirette sono sotto gli occhi di tutti, anche se le valutazioni possono divergere.
E quelle profonde?
Quelle profonde sono invece molto più chiare. Si tratta di definire le sfere d’influenza tra gli Usa e la Russia in quella parte dell’Europa orientale che Mosca considera il suo estero vicino: Belorussia ed Ucraina.
L’Ue darà all’Ucraina aiuti per 1,2 mld di euro. Questi aiuti sono realmente tali o peggiorano la crisi?
Peggiorare direi di no. Gli aiuti fanno parte delle promesse che l’Europa ha fatto all’Ucraina nel 2014 quando Kiev ha abbandonato la doppia via di un rapporto di integrazione economica sia con Mosca che Bruxelles scegliendo l’Unione Europea. Ora il rischio di un lungo conflitto economico con Mosca obbliga l’Ue a farsi carico dell’assistenza economica e Usa e Uk di quella militare. Un problema non secondario se la crisi durerà a lungo.
Parliamo di sanzioni. Il 13 gennaio l’Ue ha prorogato di altri sei mesi (fino al 31 luglio ’22) le sanzioni in essere dirette contro la Russia. Di che sanzioni si tratta e che impatto hanno?
Sono le vecchie sanzioni, quelle semestrali legate al conflitto del 2014. Sono state rinnovate costantemente senza particolari modifiche. Sono sanzioni modeste, ma un loro impatto sul sistema finanziario ed energetico russo l’hanno avuto, e si vedrà soprattutto nel lungo periodo. Però l’economia russa ha pagato il prezzo, si è adeguata, si è ulteriormente sganciata dall’occidente e si è ripresa. Le sanzioni non potevano essere tolte per motivi politici, ma il loro effetto economico è diminuito notevolmente. Ora sono anche superate dagli eventi.
Sono in vigore anche sanzioni americane?
Sì, ci sono, ma sul dossier russo Usa e Ue hanno proceduto affiancate. Almeno sino ad ora. La nuova crisi in corso potrebbe però portare al rischio di un gap transatlantico come quello avvenuto con le sanzioni verso l’Iran.
Ci spieghi questo punto.
L’Europa è divisa tra i falchi del nord (Polonia, baltici, Uk, Olanda e Danimarca) e la posizione di convivenza realista con Mosca di Berlino e Roma. La decisione di Macron farà la differenza. Decisione non facile, visto la diffidenza strategica con cui Parigi guarda sia Washington che Berlino. Comunque al momento parliamo di sanzioni come deterrenza dopo un’eventuale invasione. La cosa complicata è determinare cosa intendiamo come invasione. La definizione del grilletto è la cosa più ambigua di questa crisi.
Si diceva che l’Ue ha cominciato ad utilizzare sanzioni contro la Russia nel 2014. Che cosa ha ottenuto l’Europa?
Ha ottenuto controsanzioni russe che hanno danneggiato il nostro export. Ma d’altronde era difficile fare diversamente. Non erano sanzioni che potevano cambiare il corso della politica estera russa. Quello che è mancato è stata l’azione diplomatica europea per un accordo con Mosca sulla sicurezza. Era la vecchia idea dell’Italia, ma non siamo stati in grado di portarla avanti.
Qual è il suo bilancio dei colloqui di Ginevra?
È buono che ci siano questi colloqui, così si evitano malintesi e possibili escalation. Ma era troppo presto perché potessero produrre risultati. Erano stati preceduti da mosse, dichiarazioni e posture aggressive da entrambe le parti. Potevano solo interrompere l’escalation ma non risolvere la crisi.
A quale strategia risponde lo schieramento massiccio di truppe russe al confine ucraino?
Nessuno lo sa. Le strategie degli Stati sono segrete. E le loro mosse tattiche sono concepite per confondere l’avversario. Sono sempre mosse a duplice uso. Anche distinguere tra offesa e difesa in strategia non è sempre facile. Ogni mossa, poi, è sempre incompiuta, nel senso che il suo significato reale dipende spesso da come reagisce l’avversario.
Ma cosa vuole Mosca?
Sul piano generale, vuole essere riconosciuta un interlocutore paritario ed ottenere garanzie sulla sicurezza in Europa. Qualcosa di non facile dopo aver aperto il conflitto in Ucraina.
Cosa può dirci della guerra ibrida e delle operazioni attuate da Mosca in Ucraina? Equivale a chiedersi se le preoccupazioni dell’Occidente e di Kiev sono giustificate.
Non credo che siamo già in una situazione di guerra ibrida, ma di conflitto asimmetrico, dove gli attori misurano volontà politica, strategie e capacità di reazione dell’avversario. Le preoccupazioni è comprensibile che ci siano, perché se si ignorano le minacce e non le si contengono esse possono avverarsi per via della nostra inazione. Però è doveroso non farsi guidare dalla paura ed è anche opportuno non superare la linea.
Cosa bisogna fare?
Non bisogna spingere l’Ucraina verso la percezione dell’inevitabilità del conflitto. Né è utile spingere Mosca nell’angolo. Non credo che il conflitto sia inevitabile, ma se ci sarà esso sarà il risultato di decisioni prese da entrambe le parti.
Proviamo di valutare complessivamente l’intera vicenda. Mosca ha ragione o no a denunciare l’avanzata della Nato verso est?
Qui il discorso di fa complicato. L’avanzata della Nato verso est non è di per sé ostile a Mosca. Ma quantomeno è ambigua, soprattutto se viene pilotata da Paesi che vogliono tenere la Russia sotto costante pressione geopolitica, sia in chiave anti-russa che anti-tedesca. Ora si capisce quanto fosse saggia la posizione italiana di abbinare all’allargamento ad est della Nato il raggiungimento di un accordo sulla sicurezza in Europa con la Russia. Purtroppo le posizioni anche sagge, se non sono sostenute da un’adeguata forza politica, militare, economica e da una costante azione diplomatica vengono velocemente archiviate dallo scorrere della storia.
Allora perché gli Stati Uniti perseguono un obiettivo così destabilizzante?
Non credo che gli Usa perseguano un obiettivo destabilizzante. Piuttosto è difficile modificare le posizioni verso la Russia che spesso sono ancora quelle dettate dai riflessi condizionati della Guerra fredda. L’atteggiamento di Mosca certamente non aiuta. E neanche la Brexit, che ha rimesso in moto le ambizioni geopolitiche di Londra. Io penso che un elemento che ha fatto saltare definitivamente il rapporto è stato il riconoscimento unilaterale del Kosovo del 2008 e la guerra in Libia del 2011. Due episodi che hanno preparato il conflitto ucraino del 2014. A torto o a ragione, in quei cinque anni abbiamo archiviato ogni possibilità di trovare un modus vivendi con Mosca. Ed ora i nodi vengono al pettine.
Mosca può esigere la rinuncia da parte dell’Ucraina ad un ingresso futuro del paese nella Nato?
No, non può. La Nato non può farsi condizionare, né si può limitare la sovranità di uno Stato che vuole aderire all’Alleanza. È una questione di opportunità nostra casomai, non un diritto di veto di Mosca. Il paradosso è che Mosca con il conflitto del 2014 e con la crisi attuale ha ottenuto de facto quello che non volevamo – e non potevamo – concedere di diritto.
Quello di non far entrare l’Ucraina nella Nato è un obiettivo che Mosca otterrà destabilizzando l’Ucraina e favorendo una crisi politica a Kiev?
Come dicevo, in parte l’ha ottenuto, anche se non ci sarà un regime change a Kiev. I frozen conflicts servono a questo. Questa è una parte non secondaria della crisi attuale. Ricordiamo poi che l’Ucraina non è un Paese cosi compatto ed unito. Rischiamo un’altra Jugoslavia. Ma l’Occidente oggi non ha le posizioni di forza che aveva negli anni Novanta. È una crisi davvero complessa, anche perché si somma al deterioramento dei rapporti con la Cina.
(Federico Ferraù)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.