Sapevate di avere una quinta colonna del Cremlino, un cavallo d Troia della Russia alla guida del Consiglio di Stato? Ora lo sapete. Per gentile comunicazione di Pd e Italia Viva, i quali hanno sentenziato come il profilo di un galantuomo e civil servant di primissimo livello internazionale come Franco Frattini non fosse nemmeno accostabile alla corsa per il Quirinale, poiché troppo filo-russo in un momento che impone invece una personalità nettamente atlantista ed europeista (che novità!). Ora, già l’idea che possa decidere il futuro presidente della Repubblica chi pare anteporre gli interessi dell’Ucraina (e delle fobie interessate Usa) a quelli del proprio Paese fa pensare. Già, l’idea che a fare le pulci alle eventuali frequentazioni estere di Franco Frattini sia, tra gli altri, chi annovera fra le proprie e per interessi economici un campione di democrazia e rispetto dei diritti umani come Mohamed Bin Salman si commenta da solo. Ma qui si sta andando oltre. E, se permettete, i dubbi ora cominciano a diventare sospetti. Quantomeno per il sottoscritto. Perché arrivare a muovere un’accusa di quel genere contro il Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, nel clima da caccia alle streghe maccartista imposto dal Dipartimento di Stato ai suoi fedelissimi scudieri del Vecchio Continente, è gravissimo. Eppure, tutto è passato in cavalleria.
Esiste qualche prova concreta di attività infedele dell’ex ministro degli Esteri in favore di Mosca, a parte essere stato insignito del titolo di docente onorario all’Accademia diplomatica del ministero degli Esteri della Federazione Russa? Se sì, venga resa nota. E Franco Frattini allontanato immediatamente dal suo ruolo. Altrimenti, qualcuno spieghi la sortita. La quale non è avvenuta solamente in concomitanza con la campagna di disinformazione a guida statunitense sulla situazione ucraina (visto che martedì lo stesso governo di Kiev ha ridimensionato la portata del reale rischio di invasione, bollando come eccessiva la decisione di Washington di evacuare parte del personale diplomatico), bensì soprattutto nell’immediata vigilia della conferenza call tenutasi ieri al Cremlino tra Vladimir Putin e il gotha degli amministratori delegati italiani per rinsaldare i legami commerciali e di sviluppo economico-industriale bilaterale fra i due Paesi. E per quanto La Repubblica nel suo titolo di prima pagina millantasse la contrarietà del Governo all’appuntamento, quest’ultimo è stato organizzato e programmato lo scorso novembre con il pieno ed entusiasta via libera del ministero degli Esteri, Quindi, o anche il ministro Di Maio è una spia del KGB sotto mentite spoglie oppure il livello di ipocrisia sta travalicando i limiti. E lasciando impronte digitali da agenda nascosta.
E signori, definire l’evento organizzato dalla Camera di Commercio italo-russa ai massimi livelli è dir poco. Se infatti ad accompagnare il numero uno del Cremlino figuravano tre pezzi da novanta dell’economia russa come Dmitry Konov, presidente del gigante petrolochimico Sibur, oltre al capo di Rosneft, Igor Sechin e quello del Fondo sovrano nazionale, Kirill Dmitriev, il parterre italiano certamente non si faceva parlare alle spalle. Fra gli altri, il numero uno di Pirelli e co-organizzatore della call, Marco Tronchetti Provera, Claudio Descalzi di Eni, Francesco Starace di Enel, l’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, il capo del branch russo di Intesa-Sanpaolo, Antonio Fallico, e il numero uno di Generali, Philippe Donnet. Finalità del meeting? Discutere sul potenziale di espansione per quanto riguarda la cooperazione in campo energetico, industriale, finanziario e della tecnologia green. E alla luce della mega-commessa appena ottenuta dal friulano Gruppo Danieli e dei volumi sempre crescenti di interscambio, si può dire che – a differenza di certi partner atlantici – i russi fanno seguire i fatti (e i rubli) alle parole.
Dopo il vergognoso attacco contro Franco Frattini nella corsa al Quirinale, qualcuno cercherà di sabotare l’evento? Se sì, saboterà il Paese. Meglio saperlo. Perché le cifre non mentono. Il volume di scambio fra Italia e Russia è cresciuto del 54% su base annua fra gennaio e novembre del 2021, raggiungendo la cifra di 27,7 miliardi di dollari. E se la parte del leone è ovviamente appannaggio dell’export energetico russo, le esportazioni italiane verso la Federazione nel medesimo arco di tempo sono cresciute del 20%, raggiungendo gli 11 miliardi di dollari. Ci fanno schifo in tempi di inflazione alle stelle e ormai conclamato sbugiardamento della favoletta del Pil al 6%, totalmente ascrivibile a una colossale una tantum di credito d’imposta chiamato superbonus? Le aziende, quelle vere, stanno morendo per i prezzi dell’energia alle stelle. Ma la politica italiana sembra non interessata, a parte la Lega. E, chiaramente, tutti a puntare il dito sui trascorsi relativi allo scandalo dell’Hotel Metropol. Ma agli imprenditori tutto questo non interessa. E che imprenditori, veri e propri manager di Stato. In compenso, interessa molto la dinamica rappresentata in questo grafico: flussi praticamente a zero attraverso entrambe le pipelines di collegamento verso l’Europa. E Gazprom che non ha prenotato alcuna extra-capacity di trasporto per tutto il mese di febbraio.
Certo, qualche genio della geopolitica da diritti umani vorrebbe spostare la dipendenza energetica italiana verso la delirante alternativa dei tankers che partono dai porti del Texas o di Boston. Oppure aspettare, come sta accadendo, che Washington tratti a nostro nome la fornitura dal Qatar, Paese dove notoriamente i diritti umani sono in cima alla lista delle priorità del Governo, altro che i gulag di Putin per gay e dissidenti. Parallelamente, gli stessi geni fremono perché in sede Ue si dia corso al desiderata del Dipartimento di Stato per sanzioni economiche senza precedenti contro la Russia e anche ad personam contro il suo Presidente. Questo grafico mostra senza bisogno di commento ulteriore chi fra Europa e Stati Uniti pagherebbe il prezzo più alto a livello di interscambio commerciale e forniture, in caso si arrivasse a una sorta di embargo di guerra come qualcuno prospetta, anelando un approccio cubano verso la Russia. E, addirittura, minacciando di espellere Mosca dal sistema di pagamento internazionale Swift. Ulteriore, geniale intuizione quest’ultima. Tanto che la Cina ha già invitato la Russia a non preoccuparsi e aderire al suo China International Payment System (Cips), di fatto l’arma operativa di de-dolarizzazione del mondo che Xi Jinping ancora sta tenendo in arsenale.
Non c’è che dire, strateghi simili fanno un baffo a Sun Tzu e Von Clausewitz. E sono annidati in Italia Viva e Pd, pensate che fortuna. Sorge un dubbio, però. Anzi, un sospetto. Perché se Franco Frattini non può ambire al Quirinale per un generico atteggiamento filo-russo, di fatto sostanziato solo da una cattedra accademica ad honorem, gente che sostiene sanzioni autolesioniste e si permette di criticare le scelte dei migliori e più importanti Ceo del Paese di proseguire e anzi migliorare le relazioni bilaterali con Mosca, quali scheletri nell’armadio potrebbe avere? Perché spero vivamente che esista un interesse, quantomeno politico, dietro tanta miopia: poiché in caso si trattasse di reale adesione ideale all’approccio statunitense, allora sconfineremmo nel patologico. E nello psichiatrico. Perché a voler pensare male, ovvero volendo usare il medesimo metro di giudizio utilizzato da Italia Viva e Pd nei confronti di Franco Frattini, verrebbe da pensare che tanto accanimento anti-russo abbia qualcosa a che fare con il contratto di affitto (lease and lease-back) siglato dalla saudita Aramco (gigante energetico a controllo statale) per la sua rete di gasdotti con un consorzio guidato da due società d’investimento: l’americana BlackRock Real Assets, di fatto il padrone del mondo a livello di AUM (Assets-Under-Management) e la saudita Hassana Investment. Un accordo da 15,5 miliardi di dollari, fresco fresco di firma. O, magari, potrebbe emergere qualche interrogativo rispetto alla serie di accordi di cooperazione firmati sempre recentemente da Saudi Aramco con alcune società energetiche francesi, fra cui compaiono Air Liquide, Alteia, Axens e Gaussin.
Ma pensare che dietro all’attacco frontale di Italia Viva e Pd contro Franco Frattini possa esserci questo, sarebbe veramente scorretto. Davvero un cattivo pensiero, pieno di malizia e malafede. Nulla di più lontano dalle mie intenzioni.
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