Il problema per noi che abbiamo Sanremo nel sangue – nel senso letterale del termine: se ci fosse un marcatore preciso per rilevarla sarebbe sicuramente una voce delle nostre analisi, tra i globuli rossi e le transaminasi – è che non riusciamo a spiegarci tutti questi giovani cantanti che hanno invaso il festival.
Per decenni la gara canora più importante del Paese è stata una roba da vecchi. Dire semplicemente di aver per pochi minuti ascoltato Orietta Berti o Totò Cotugno significava perdere il saluto degli amici per mesi. Nei salotti-soggiorno-sala da pranzo delle casa degli italiani i ragazzi si accatastavano sul divano e scambiavano battute e lazzi nei confronti degli adulti, che seguivano con entusiasmo la competizione. Oggi sono quelli più avanti con l’età a dover cercare di nascosto sul telefono chi cavolo sia questo Sangiovanni che a 18 anni ha già portato a casa sette dischi di platino e due d’oro.
Durante la stratosferica prima serata da 11 milioni di telespettatori, oltre il 70% del pubblico tra i 14 e i 25 anni era incollato alla tv (più facile immaginarli attaccati allo smartphone) per seguire i loro beniamini, a cominciare dal fenomeno musicale del momento, i Maneskin, quei 4 ragazzi romani che hanno imposto il rock italiano a mezzo mondo. A conferma di quella strana sensazione di essere stati – poco a poco – defraudati del proprio festival, i boomers l’hanno provata in particolare quando hanno dovuto guardare un po’ preoccupati alle performance dei loro idoli, quelli per cui avevano combattuto e si erano divisi 50 anni fa. Ranieri e Morandi, i due over 70 che si sono cimentati la prima sera, si sono sottoposti a una dura prova, una specie di cardiogramma sotto sforzo.
Amadeus è il principale responsabile di questa mutazione. Ha preso nelle sue mani il contenitore e ha lavorato perché tutto apparisse uguale come sempre – i fiori, l’orchestra, il pubblico di babbioni e raccomandati, gli ospiti e la classifica – e nessuno si accorgesse che dall’interno lui stava lavorando perché tutto cambiasse. Apertura totale alla musica nuova, ai giovani, alle tendenze più innovative, a un pubblico che neanche si sognava di spendere un euro per acquistare un biglietto dell’Ariston, ma che ormai considera il festival il suo festival.
Amadeus si è avvalso in questa straordinaria operazione di rapina nei confronti di un’intera generazione di alcuni marpioni dell’intrattenimento nazionale. Martedì era toccato all’inseparabile amico di sempre, il Fiorello nazionale. A dimostrazione di quello che sto dicendo vi ricordo come Fiorello ha gestito l’incontro con la famiglia Berrettini e come – mentre tutta l’Italia femminile sbavava sullo smoking del numero 6 del tennis mondiale – Fiorello si rivolgeva al padre di Berettini, vecchio amico e maestro di tennis ai tempi in cui il giovane Fiorello intratteneva il pubblico dei villaggi turistici oltre 30 anni fa.
Ieri sera il ruolo di ospite centrale è toccato a Checco Zalone, un gigante della comicità, interprete autentico e spietato della natura perversa dell’italiano medio di oggi. Inizia con un esilarante rivisitazione di una cenerentola Lgbt ambientata in Calabria, prosegue con un inno a Milano e ai “poco ricchi”, e finisce nei panni di un virologo pugliese parente di Al Bano, che canta “pandemia ora che vai via”.
La pattuglia di boomers scesa in battaglia è stata anche ieri ai massimi livelli. Se martedì si erano esibiti senza risparmiarsi Morandi (78 anni) e Ranieri (72), ieri sera Iva Zanicchi (82 anni, brava, molto brava) e Donatella Rettore (66 anni, in coppia con la giovanissima Ditonellapiaga) hanno fatto la loro parte. Dobbiamo dire che hanno dato il massimo e hanno fatto tutti una gran bella figura. Ma non credo che potranno competere con le corazzate social dei giovani protagonisti del festival. Eppure il loro ruolo non è apparso una mera copertura, ma una sfida vera, leale, di chi c’è la mette tutta. Questo mix (giovani-vecchi) sta esplodendo, spingendo il Festival di Sanremo in una dimensione impensabile solo qualche anno fa. Cioè la dimensione del primo, più importante, irripetibile evento nazionale unitario. Non più “popolare” nel senso dispregiativo con cui è stato definito per decenni, ma “unitario” inteso come evento riconosciuto pienamente da tutti. Il luogo di un’identificazione di massa, di un intero popolo.
C’è poi una generazione di mezzo che ha cercato di mediare tra giovanissimi e over 70. Tra questi sicuramente vanno citata Elisa (con una canzone stratosferica) ed Emma e la sua canzone d’amore e di lotta, che si è avvalsa di una direttrice di orchestra d’eccezione come Francesca Michelin, che si è fatta notare alla fine della performance quando ha preso il mazzo di fiori riservato alle donne dalle mani di Amadeus e lo ha regalato al primo violino maschio. Così come la conduttrice di giornata, Lorena Cesarini, che ha conquista il pubblico con il suo sorriso solare e la naturale negazione di ogni ruolo di routine.
La seconda puntata probabilmente otterrà per gli ascolti un risultato inferiore alla prima, ma ormai non ci staccheremo più fino a sabato notte dalla tv. La classifica provvisoria stillata dalla stampa premia Rettore e Ditonellapiaga, Emma ed Elisa. Sommando i voti con quelli di martedì, la prima classifica generale vede in testa Elisa, Mahmood & Blanco, La rappresentante di lista.
Oggi si replica, parte il voto popolare, poi ci saranno le cover, il momento clou della manifestazione.
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