Con l’approvazione da parte della Commissione europea della proposta di atto delegato complementare “Clima” della tassonomia europea di cui al Regolamento 2020/852, che introduce all’interno di essa alcune attività del settore del gas e del nucleare alla luce degli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, si è avviato ufficialmente l’iter che porterà alla sua adozione ed eventualmente alla sua piena operatività dal gennaio 2023.
Ora il Parlamento europeo e il Consiglio europeo disporranno di quattro mesi per esaminare il documento e, se lo ritengono necessario, sollevare obiezioni. Entrambe le istituzioni possono chiedere di prolungare di due mesi il periodo di controllo. Il Consiglio avrà il diritto di sollevare obiezioni con una maggioranza qualificata rafforzata, il che significa che è necessario almeno il 72% degli Stati membri (ossia almeno 20 Stati membri) che rappresenti almeno il 65% della popolazione dell’Ue. Il Parlamento europeo può sollevare obiezioni se il testo riceve un voto negativo della maggioranza dei suoi membri in seduta plenaria (ossia almeno 353 deputati).
Non dimentichiamo che prima dell’approvazione di oggi i singoli Governi hanno espresso il loro parere. Per l’Italia, la comunicazione del ministero dell’Economia e delle Finanze, “Feedback by the Italian delegation to DG FISMA on the Complementary Delegated Act on nuclear energy and natural gas” della scorsa settimana, di fatto approvava la proposta della Commissione evidenziando che i limiti previsti per le centrali a gas dovevano essere rivisti in aumento per evitare che alcune nostre centrali non rispondessero ai criteri richiesti.
Non possiamo nascondere che la proposta europea sia frutto di un compromesso, in particolare tra la Francia, sostenitrice del nucleare, e i Paesi legati al carbone, come la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca, che avrebbero grandi difficoltà a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050 senza l’utilizzo del gas. La Germania è sorniona, ha deciso di chiudere le centrali a carbone entro il 2038, con l’obiettivo prioritario di salvaguardare il suo sistema manifatturiero, quindi in fondo accetta questo compromesso.
D’altronde, se approvata, questa tassonomia rappresenterebbe comunque indicazioni generali, che non limitano o spingono a priori la possibilità di investire in tutti i settori, né determina il mix energetico dei singoli Paesi.
Fatte queste doverose premesse riteniamo inconcludente fare battaglie ideologiche contro queste indicazioni, bensì sarebbe molto più opportuno concentrarsi sugli obiettivi finali della decarbonizzazione, al 2030 e al 2050, che dobbiamo raggiungere al più presto.
È evidente a tutti che la situazione degli aumenti delle tariffe energetiche, che colpiscono in particolare il nostro Paese, ci dovrebbero obbligare a rivedere la nostra strategia energetica, che a oggi non può prescindere dall’utilizzo del gas naturale e che rende l’Italia ricattabile da molti punti di vista.
Il passaggio alle Fonti energetiche rinnovabili, che consideriamo ineludibile, sarà il frutto di grandi investimenti, per la produzione e per la rete, di cui però ancora non ci sono tempistiche certe, mentre le bollette aumentano da subito per le famiglie e per le imprese. Occorre fare attenzione nelle tempistiche reali della transizione; il settore automotive ci fa sognare un futuro fatto di mobilità a emissioni zero e purtroppo, ci fa gestire, un presente fatto di licenziamenti, con il rischio di erodere il necessario consenso per transizioni così complesse.
In questi mesi non vediamo la dovuta attenzione alle persone, per la loro transizione lavorativa e per l’adeguamento delle loro competenze. Le politiche attive del lavoro rimangono al palo, mentre si declamano obiettivi ambientali tanto belli quanto privi di progetti concreti e tempi certi.
Non abbiamo e pensiamo non ci siano soluzioni miracolistiche e immediate, però neanche vediamo il necessario impegno a discutere e approfondire le questioni con il massimo del coinvolgimento e del pragmatismo.
Le indicazioni dell’atto delegato complementare “Clima” della tassonomia europea di cui al Regolamento 2020/852, approvate o no, non saranno comunque obbligatorie, mentre i ritardi e le indecisioni del nostro Paese comporteranno rischi veri per l’utilizzo dei fondi del Pnrr e per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.
Farne questioni di principio non aiuta il Paese e non aiuta le lavoratrici e i lavoratori.
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