Raoul Bova avrebbe dovuto leggere un monologo intitolato “Sull’inutilità dei preti” al Festival di Sanremo 2022, durante la sua apparizione con Nino Frassica, ma per esigenze di scaletta e di diretta televisiva non ha avuto modo di farlo. Così, intervenendo ai microfoni di Rtl 102.5 durante “Non Stop News”, trasmissione condotta da Giusi Legrenzi, Enrico Galletti e Massimo Lo Nigro, l’attore ha dichiarato: “Quello che credo importante è avere sotto la veste un uomo, un uomo che sbaglia, che può avere dei sentimenti. Entrare in discussione con alcune cose, il domandarsi, la pulsione che può venire dall’uomo è normale. Il prete cerca di fare un passo in più, cerca di amare, di migliorarsi nell’amore e questo non è facile. Da quando ho cominciato le riprese ho applicato questo tipo di mentalità su tutto e mi sono reso conto di quanto l’amore a volte fosse discriminante, nel senso che a volte non amiamo sempre tutti, invece cercare di amare tutto e tutti è un lavoro che mi ha fatto crescere come essere umano”.
Luca Bernabei, l’amministratore delegato di Lux Vide, società che produce “Don Matteo”, ha chiarito che il monologo nasce da un’idea, da un’esigenza di Raoul Bova, ovvero andare a Sanremo e dire qualcosa sul suo personaggio e sulla figura del sacerdote: “Ho chiamato Don Luigi Epicoco, con il quale sto lavorando a un grandissimo progetto, e gli ho chiesto cosa volesse dire per lui essere prete e lui ha scritto questo monologo”.
IL MONOLOGO DI RAOUL BOVA NON LETTO A SANREMO 2022 SULL’INUTILITÀ DEI PRETI: TESTO
Riportiamo di seguito il testo del monologo sull’inutilità dei preti non letto da Raoul Bova al Festival di Sanremo 2022 e svelato su Rtl 102.5: “La gente pensa che fare il prete sia un mestiere. Uno che magari si sveglia la mattina ed è convinto di poter mettere su una bancarella per vendere parole, benedizioni e santini. Uno pensa che basta mettersi una tonaca e la magia è fatta. Ma la tonaca non funziona se sotto non c’è un uomo, un uomo che sa che è il più miserabile di tutti, eppure è stato scelto. È difficile accettare il peso di quella tonaca che oggi appare più inzozzata dal tradimento di chi avrebbe dovuto amare e invece se n’è solo servito.
Ma poco importa, bisogna caricarsi anche sulle spalle l’infamia degli altri. Non si diventa preti per essere benvisti. Si diventa preti per essere servi inutili, servi gratuiti. L’amore salva solo se è gratuito. È questo lo scopo di ogni vero amore: amare senza contraccambio. Amare a fondo perduto. Amare e basta. Chi ti ama non ti dice che non soffrirai mai, che non sbaglierai mai, che non avrai mai paura, ma ti dice che tu puoi vivere tutto, accettare tutto, affrontare tutto. E te lo dice perché è con te. Fare il prete non è un mestiere, è un modo inutile di amare. Inutile come ogni amore. Inutile come l’aria”.