Tra il ricambio generazionale e i passi da gigante compiuti sul fronte tecnico e narrativo, non solo il medium videoludico è stato rivalutato come forma d’arte, ma rivaleggia con le grandi produzioni hollywoodiane per presa sull’immaginario collettivo, popolarità e spettacolo. Non sorprende quindi il desiderio da parte delle grandi major di proporre adattamenti cinematografici di titoli amati dal pubblico, quali The Last of Us – che diventerà una serie TV – e Metal Gear Solid – per cui è stato confermato Oscar Isaac nel ruolo dell’agente Snake.
Tra tutte queste possibilità, l’idea di realizzare un film sulla serie di Uncharted è naturale, ma fino a un certo punto: la tetralogia è stata spesso descritta come la versione videoludica di Indiana Jones, il che rende questo adattamento la versione cinematografica della versione videoludica di… Beh, confusione a parte, l’annuncio di questo film d’avventura ha lasciato molti fan insoddisfatti, che hanno criticato la scelta di casting dei due personaggi principali e il tono non in linea con i giochi. L’opinione dei fan vale quel che vale, ma agli occhi di un profano della saga Uncharted regge il confronto con la sopracitata leggenda dei film d’avventura?
Nathan Drake (Tom Holland) è un giovane appassionato di storia che vive una vita monotona nella speranza di veder ricomparire il fratello Sam, scomparso in circostanze misteriose. Non sarà lui a palesarsi bensì Sully (Mark Whalberg), ex-militare che dice di aver conosciuto Sam e assolda Nathan per cercare il famigerato tesoro di Magellano. Da una parte un canovaccio classico, tra inseguimenti, cattivi pittoreschi ed enigmi mortali, dall’altro la genesi di un eroe, che in questo adattamento è un ventenne alle primissime armi; in teoria ci sono gli ingredienti per creare una ricetta vincente, non qualcosa che rivoluzioni il genere ma un’avventura godibile e ben realizzata. Giusto?
Partiamo dai lati positivi: il tema musicale principale, realizzato da Ramin Djawadi – che ricordiamo per il suo lavoro eccelso su Game of Thrones – è gradevole. Inoltre, le interpretazioni dei due protagonisti sono funzionali rispetto ai loro ruoli, che tuttavia sono sviluppati in maniera risibile. Tom Holland fa essenzialmente Spider-Man – un ragazzetto buttato in una situazione più grande di lui che riesce a cavarsela a suon di battutine e trovate ingegnose -, mentre Mark Whalberg è a metà tra la figura del mentore e quella della mina vagante alla Han Solo: una combinazione potenzialmente interessante, se non fosse che le sue battute sembrano registrate su un nastro a ripetizione, e ogni possibile spunto riguardo al suo sviluppo è affossato da una scrittura pigra e poco ispirata.
Riguardo alla trama, lo spunto è quello che ci si aspetta da una classica avventura archeologica: c’è un tesoro, c’è una mappa che porta al tesoro, c’è una chiave che porta alla mappa che porta al tesoro… Bisogna mettersi di impegno per rompere una struttura così solida e rodata, eppure Uncharted ci riesce: passiamo due terzi del film tra inseguimenti, furti, tradimenti e trappole mortali, per poi scoprire che sarebbe bastato un cacciavite e una spinta decisa per arrivare all’obiettivo finale. Risultato? Tanto i protagonisti quanto gli antagonisti fanno la figura degli incompetenti. Ma il vero problema non è l’incongruenza di trama, bensì il fatto che il film sia talmente piatto e didascalico da fartela notare, quella incongruenza. Non c’è il senso di meraviglia che trovi in certi momenti di un Indiana Jones, dove ti sembra di essere a fianco di Harrison Ford mentre risolve enigmi e rivela reliquie sepolte dal tempo; al contrario, Uncharted – così come tanti altri blockbuster – riesce a prendere situazioni straordinarie e trasformarle in una formula trita e ritrita.
L’impressione che si ha uscendo dalla sala è che Uncharted sia un film incompleto: le gag e gli snodi di trama ci sono, ma sono messi in scena con talmente tanta fretta che sembrano il risultato più di una bozza di soggetto che di una sceneggiatura vera e propria. Ad esempio, il film si chiude con una rivelazione interessante, a dispetto della sua prevedibilità, ma per com’è realizzata sembra quasi che non avessero più di tanto voglia di mettercela, come se fosse un’aggiunta last minute.
Sul fronte tecnico, che dovrebbe essere sempre impeccabile quando si parla di grandi produzioni, emergono altri problemi: il film sembra montato con l’accetta, tra scavalcamenti di campo e piani di ascolto incongruenti; Tom Holland si presta bene alle scene d’azione, ma il ritmo spasmodico dei tagli non consente di apprezzare questa sua abilità atletica, alquanto rara nelle star di Hollywood. Un inseguimento è stato aggiunto palesemente per inserire più scene d’azione nel film, e risulta imbarazzante nella sua inutilità ai fini della trama; un’altra scena d’azione dall’ambientazione spettacolare è rovinata dal fatto che i personaggi sembrano appiccicati davanti allo sfondo, risultando in una sequenza più plasticosa e artificiale di quelle del videogioco stesso.
Si potrebbe aprire una discussione sulla differenza tra il medium cinematografico e quello videoludico, su come l’immersione e l’interattività di quest’ultimo faccia sì che determinate meccaniche non si traducano bene sul grande schermo, ma la realtà è molto più semplice: per fare un bel film basato su un videogioco basta fare un bel film. Arcane non è un buon prodotto audiovisivo ispirato a League of Legends, è un buon prodotto audiovisivo punto e basta. Uncharted, purtroppo, non può essere definito tale.
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