Come si possa continuare a navigare sul Titanic della politica energetica dell’Ue e del mondo intero raccolto attorno ai Trattati internazionali è la domanda che tra non molto ci porremo ansiosamente. I Trattati e le organizzazioni internazionali sono proliferati prepotentemente non a caso appena il ciclo socialdemocratico del neocapitalismo post-bellico è andato in crisi, con le privatizzazioni e lo smantellamento continuo dello stato sociale. Di qui piloti automatici che spuntano da ogni dove e di qui il perfezionamento costante di una teoria del diritto internazionale raffinata che tiene insieme con un equilibrio miracoloso il liberalismo dei diritti umani e gli interventi armati da parte degli Usa, della Russia, della Turchia e delle monarchie del Golfo alla bisogna in ogni parte dell’Heartland e nei mari che lo attorniano (dal Grande Medio Oriente all’Indo-Pacifico).
L’Europa è una retrovia da presidiare per abbassare costantemente il grado di contendibilità del Mediterraneo che, dopo il fallimento di Suez nel 1956 e poi con la stabilizzazione della Libia con la morte di Gheddafi nel 2011, ha ridato fiato alle potenze regionali e alla Russia. Con la Turchia neo ottomana che ha ripreso a insidiare il dualismo Usa e Cina che si profilava alle porte.
La battaglia climatica ed energetica va inserita in questo contesto delle relazioni internazionali, che ora sono costrette a svilupparsi non più secondo la ragione di Stato dispiegata, ma incapsulata nei Trattati. La ragione di ciò deriva dal fatto che si presupponeva, dopo gli anni Ottanta del Novecento, che i Trattati e gli organismi internazionali consentissero alle potenze maggiori (Usa, Cina e Russia) con regole e obbligazioni, di condizionare il comportamento delle potenze intermedie. Fu quando iniziò la grande iper-regolazione liberista, che io chiamo ordoliberista oppure neo-cameralistica. Esempio preclaro è l’Ue, tramite le cui burocrazie tanto la Francia quanto la Germania, con i loro alleati minori al seguito, pensavano e pensano di affermare. E di qui Trattati e incontri a non finire con proliferazione degli stessi, come dimostra il caso franco-italico, ora che la Nato impedisce loro di far uso delle armi come un tempo.
Le più grandi potenze europee, com’è noto, sono la Francia e la Germania e stanno entrambe in Europa e in Europa non riescono a centralizzare le loro relazioni economiche come la globalizzazione imporrebbe. Usa e Cina parevano essere riusciti a farlo creando il China-Usa capitalism, come la Germania e la Cina con il german-capitalism. Il primo, di mare, ha come asse la finanzia dispiegata che sorregge l’industria e controlla il digitale; il secondo è di terra ed è industriale, ma non riesce a elaborare una centralizzazione finanziaria in grado di sostenerne il potenziale industriale, come dimostrano i continui crolli delle banche tedesche. La Russia non integra il suo capitale di potenza energetica con nessun altro sistema capitalistico non di Stato, così come fanno invece Cina, Germania e Usa.
Di qui la centralità della battaglia energetica: chi controllerà la transizione vincerà la partita demografica e di potenza militare che dietro la lotta per la CO2 controllata e il rifornimento energetico “sostenibile” dominerà il mondo. Ma il problema è che è la finanza a dettare il ritmo del cambiamento tecnologico e degli investimenti in campo energetico. I mercati volatili valorizzano le fonti non fossili e inducono le industrie e soprattutto le grandi centrali finanziarie oramai dispiegate e senza controllo (addio Glass Steal Act…) a non investire proprio nei fossili. Così ecco che nel mondo dei Trattati a farla da padroni e da piloti automatici sono le grandi alleanze finanziarie che invece proprio le fonti non fossili sostengono. Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra e del Canada, presentò alla COP26 di Glasgow la Glasgow Financial Alliance for Net Zero che raggruppa più di 450 finanziarie con 130mila miliardi di assets, che ha a capo il suddetto Carney e l’ex sindaco di New York, il miliardario Michael Bloomberg: queste forze auspicano una “tranquilla ma rapida decarbonizzazione”.
Certo, incontrano resistenze profonde e strutturali non politiche: in Olanda il sito gasiero di Groningen, tra i più importanti al mondo, deve cessare di operare, sennò le dighe olandesi crollano per i sismi e se si sgretolano l’Atlantico giunge sino a Berlino. Dovendo continuare a vivere e quindi a lavorare con luce e gas si ricorre al carbone e la stessa cosa dopo la mancanza di vento nel Mare del Nord si fa in Germania per l’elettricità, senza pensare alla Russia, alla Cina, alla Polonia e alla stessa Australia, dove il carbone diviene un must per riscaldarsi, non per muoversi. Il vecchio detto “il gasista riscalda, il petroliere trasporta” tra un po’ sarà affiancato da quello il “carbonaio riscalda e illumina ma non trasporta” e allora saranno guai seri, perché il riscaldamento climatico non è una bufala, ma una possibile catastrofe che non si affronta come si dovrebbe fare.
Il problema è che mentre i Trattati governano il mondo, aumentano i bisogni umani, tra cui quelli del digitale, grazie all’uso sempre più potente del quale, con i fantastici aggeggi algoritmici, si consuma il 10% dell’energia elettrica e si produce il 4% del gas serra a livello globale. Pensate un po’, mettete assieme transizione digitale e transizione energetica così come oggi sono disgraziatamente perseguite e ne vedremo delle belle: al freddo e al gelo e senza interventi chirurgici… e tra non molto.
Dimenticavo: invece che dare sussidi a gogo con miliardi a pioggia modello argentino, ossia con sussidi diseducativi e default prossimo accluso, basterebbe fissare i prezzi non con i contratti spot, ossia fissati dai futures finanziari speculativi, ma con quelli take or pay, ossia basati sulle quantità fisiche e su contratti a venti o a trent’anni che mettono al sicuro tanto il fornitore quanto il compratore, dove uno vince e l’altro perde, ma tutte e due consentono il rifornimento energetico. A differenza di quanto ora potrebbe accadere. Risparmiando altresì gli stipendi delle decine di migliaia di funzionari delle cosiddette “autorità”: dalla creazione di esse tutto è andato a rotoli. Pensate che in Francia si torna al carbone e si spinge ancor più il nucleare, sussidiando non i cittadini e le imprese consumatrici, ma quelle produttrici di elettricità, impedendo a esse di alzare i prezzi, sussidiandone i mancati profitti.
Insomma, “La follia si è impossessata del mondo”, dice Shakespeare ne La dodicesima notte…
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