La variante Omicron non sarà l’ultima secondo Andrea Ammon, direttrice del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), e Maria Van Kerkhove dell’Oms. Anche per il professor Mario Clerici, ordinario di Immunologia all’Università Statale di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, è logico supporlo alla luce di quello che è accaduto con tutti gli altri coronavirus. «Eccetto la Mers che però è un’altra storia, convivono con noi da sempre e ci danno dei sintomi che sono molto lievi, raffreddori molto lievi», spiega al Corriere della Sera. La biologia delle infezioni virali che diventano meno patogeni per convivere con l’uomo, senza ucciderlo perché è fondamentale per restare in vita.
Lo dimostra Ebola, che è un virus diverso: «Infetta, uccide nel giro di pochissimi giorni e infatti le epidemie di Ebola arrivano, sono violentissime e in due mesi poi scompaiono», aggiunge Clerici. «C’è la possibilità teorica che emerga una variante più pericolosa ma è molto più probabile che emergano altre varianti sempre meno pericolose». Questo anche perché ora impattano su una popolazione sempre più vaccinata, fa notare l’immunologo.
VARIANTI COVID, “PERCHÈ VIRUS EVOLVE…”
Il professor Mario Clerici spiega anche come si sviluppano le mutazioni, citando la teoria del “braccio di ferro”. «Il virus evolve per sfuggire alla risposta immune e la risposta immune si modifica per fronteggiare il virus fino a che si raggiunge un equilibrio. Perché la risposta immune non è mai in grado di uccidere del tutto il virus». Quindi, il virus resta in stato silente, perché il sistema immunitario lo controlla, senza eliminarlo mai. Ciò ha effetti sulle proprietà del virus, che muta casualmente. «L’Omicron ha preso il sopravvento perché contiene una serie di mutazioni tali per cui il virus uccide meno l’ospite però lo infetta molto di più», afferma al Corriere della Sera. A proposito di varianti Covid, c’è la cosiddetta “Omicron invisibile”, che difficilmente diventerà una variante di preoccupazione (VOC). «Sembra che sia estremamente improbabile che venga fuori una criticità clinica», perché molto simile alla Omicron. L’immunologo spiega anche come agiscono i vaccini sui virus. Il vaccino induce l’anticorpo specifico che lega il virus e gli impedisce di entrare nelle cellule dell’organismo, inoltre induce i linfociti T che uccidono le cellule in cui il virus è invece entrato.
“IL RUOLO DEI LINFOCITI T”
Ciò è quanto accaduto con la variante Omicron. «Gli anticorpi indotti dal vaccino non sono stati in grado di bloccare l’infezione o lo hanno fatto molto male. Pochissimi di noi vaccinati hanno sviluppato una malattia severa, perché la seconda linea di difesa, i linfociti T indotti dal vaccino hanno ucciso le cellule infette impedendo che la malattia diventasse severa», spiega il professor Mario Clerici al Corriere della Sera. In ogni caso il vaccino è in grado di ridurre la possibilità che una persona vaccinata contragga la malattia e diffonda il coronavirus. L’immunologo ha citato uno studio in pre-print da cui è emerso che chi ha ricevuto il vaccino a mRna ha anticorpi «in grado di neutralizzare l’infezione dell’88-95% per le varianti Alfa, Beta, Gamma e Delta e scende a meno del 50% per Omicron, proprio perché Omicron ha venti e più mutazioni». Ma ci sono i linfociti T che garantiscono una protezione comparabile con le varianti Alfa, Beta, Gamma e Delta. Infine, chiarisce che c’è solo un modo per ridurre il rischio che si sviluppino nuove varianti: «Se vacciniamo sempre più gente, riduciamo la possibilità che il virus vari».