Caro direttore,
torno ad aggiornarvi sulla situazione del Myanmar.
Le novità ancora una volta non sono buone. Ci rendiamo conto che l’opinione pubblica occidentale sia concentrata sui venti di guerra che soffiano in Europa mentre il sud est asiatico è lontano. Ma, proprio sfruttando l’apparente perifericità del nostro paese ai macro problemi, i militari proseguono nella loro azione fatta di terrore, violenza, menzogne e operazioni “spregiudicate”.
Incomincio da queste. Come avevo avuto modo di raccontare, la compagnia telefonica norvegese Telenor è proprietaria della rete telefonica in Birmania. Non volendo consegnare al governo la banca dati dei 18 milioni di utenti, è stata di fatto obbligata a vendere. Il prezzo è ovviamente imparagonabile a quella dei paesi europei, pur rivolgendosi a un potenziale di 60 milioni di utenti. Si sono fatti avanti solo M1 Group (con capitale libanese) e il conglomerato Shwe Byain Phyu che tratta pietre preziose e petrolio, formalmente con sede in Thailandia ma in realtà longa manus dei militari birmani. I due contendenti si sono messi d’accordo e formeranno una nuova società a maggioranza azionaria “thailandese”. Gli attivisti pro democrazia hanno lanciato una petizione per evitare che la vendita non avvenga in questi termini: tutti i dati verrebbero di fatto messi a disposizione dei militari. Per i civili risulterebbe da ora in poi ancora più difficile comunicare e tutti i dati nonché le comunicazioni precedenti verrebbero messe nelle mani dei cattivi. Le conseguenze sono tragicamente prevedibili. Ma senza essere attivisti pro democrazia, un privato cittadino non avrebbe alcuna sicurezza circa la sua privacy. Con tutte le conseguenze che ne derivano.
Per quanto riguarda le menzogne non posso non evidenziare che la tanto sbandierata amnistia di questi giorni in occasione del 75esimo anniversario dell’unione della Birmania ha riguardato solo 814 persone: nessun leader dell’opposizione ne ha beneficiato ma solo personaggi minori, se non delinquenti comuni con cui – si suppone – è stato fatto un patto di “collaborazione”. Che hanno da perdere costoro?
Intanto negli stati etnici periferici proseguono le azioni criminali dell’esercito: i villaggi continuano ad essere bombardati o incendiati, costringendo la già povera popolazione a scappare chi nella giungla e chi nelle grandi città. Non potendo controllare quei territori la loro tattica è – letteralmente – fare “terra bruciata”. E’ una tragedia.
Per terminare, non posso non raccontare del successo del terzo sciopero generale silenzioso. Il primo fu il 24 marzo 2021, il secondo il 10 dicembre dello stesso anno e ora – in occasione dell’anniversario del golpe (1 febbraio 2021) – si è ripetuto. Le strade erano silenziose salvo le manifestazioni messe ad arte in campo dai militari. Veniva addirittura promesso il pieno di benzina a chi si fosse recato quel giorno ai distributori: questo con lo scopo di evitare che le strade fossero totalmente deserte. Oppure sono state organizzate gite gratuite dalla campagna ai centri commerciali delle città. Questa volta, infatti, il governo aveva previsto la pena dell’ergastolo per chi non avesse tenuto aperta la propria attività quel giorno! Davanti a una simile minaccia, ragionevolmente i negozianti hanno dovuto obbedire ma nei giorni precedenti i miei negozianti di fiducia mi invitavano a non recarmi da loro quel giorno, scusandosi per il loro comportamento. In ogni caso lo sciopero è stato un successo. Semmai ve ne fosse stato bisogno, mai ci fu manifestazione più plastica della frattura fra paese reale e governo.
Quindi, amico mio, non posso che dirti nuovamente “Niente di nuovo sul fronte orientale”. Scusate il disturbo.
Un lettore dal Myanmar