STOCCARDA – Secondo lo Statistisches Bundesamt, il Pil della Germania, dopo un 2021 piuttosto deludente (-0,3% nell’ultimo trimestre, +2,9% su base annua), dovrebbe registrare nel 2022 una crescita del 4,9%. Il sentiment nell’economia tedesca è notevolmente migliorato: l’indice IFO è salito a febbraio a 98,9 punti, rispetto ai 96,0 punti di gennaio. Due problemi hanno ostacolato la ripresa negli ultimi mesi: da un lato l’inceppamento delle catene logistiche internazionali, dall’altro il rallentamento dei servizi commerciali nazionali ad alta intensità di contatti. Secondo il presidente dell’IFO Clemens Fuest, interpellato da Handelsblatt, entrambe le questioni sarebbero in fase di risoluzione, e la ripresa dovrebbe prendere slancio a partire dal secondo trimestre (Ucraina permettendo).
Continua in sottofondo il dibattito sull’inflazione: il neo presidente della Bundesbank Joachim Nagel ha esortato la Bce a reagire con misure atte a contenere le spinte inflazionistiche. “Se il quadro non cambia entro marzo, sosterrò la normalizzazione della politica monetaria”, ha affermato l’economista, come riportato dal settimanale Die Zeit. Fin qui, niente di nuovo. Un interessante contributo sul tema inflazione è arrivato invece dal duetto tra Bert Rürup (capo economista di Handelsblatt) e Michael Hüther (direttore dell’Institut der deutschen Wirtschaft), disponibile su Youtube.
L’inflazione è un fenomeno complesso e multifattoriale. Esiste in linea di principio una relazione inversa tra inflazione e tassi di interesse. Con l’aumento dei tassi di interesse, aumentano infatti i rendimenti dei risparmi e la propensione a risparmiare da parte dei consumatori. La riduzione del reddito disponibile immesso nel ciclo commerciale rallenta l’economia e raffredda l’inflazione. Un altro fattore che influenza il tasso di inflazione è il rapporto tra domanda e offerta di moneta. Quando l’offerta di moneta aumenta, i prezzi tendono a salire, perché l’insieme dei beni prodotti è “coperto” da una massa monetaria maggiore.
Non sarebbero però questi fattori, Secondo Rürup e Hüther, a causare l’attuale rialzo dei prezzi, bensì trigger di natura esogena. Questi ultimi sarebbero legati al rallentamento logistico globale e, soprattutto, al costo dell’energia, senza il cui contributo il tasso di inflazione attuale (5,1%) risulterebbe quasi dimezzato, attestandosi su un valore non allarmante (2,6%). L’aumento dei tassi invocato da Nagel non produrrebbe quindi nessun effetto, se non quello psicologico di placare le ansie dell’opinione pubblica, che chiede alla politica di agire. Ci sarebbe poi la delicata questione degli impatti della politica monetaria sul debito del Sud Europa.
Le recenti iniziative del cancelliere Scholz non sembrano tenere conto dei suggerimenti di Handelsblatt. Durante il recente incontro a Washington, Scholz aveva appreso dal Presidente americano Joe Biden che, in caso di attacco russo in Ucraina, l’accordo per il gasdotto Nord Stream 2 sarebbe saltato. Il 22 febbraio, dopo il riconoscimento da parte di Putin delle repubbliche separatiste, il Cancelliere ha annunciato la sospensione della certificazione per il gasdotto. Un esempio di sanzione simmetrica, che danneggia quasi in egual misura chi la impone e chi la subisce.
In controtendenza appare la posizione del ministro delle Finanze Christian Lindner. Intervistato il 24 febbraio da Tagesschau, il ministro ha definito “naif” l’idea di rinunciare al gas russo (che rappresenta il 55% del gas importato in Germania). Lindner ha escluso la possibilità di fare dietro-front sul nucleare (“esiste una legge”) e ha suggerito di imporre sanzioni asimmetriche (più dannose per la Russia che per la Germania). Ottima idea: vedremo cosa ne pensa la Russia.
Sul fronte ucraino, la posizione della Germania appare contraddittoria. Se da un lato il Governo tedesco sostiene l’adesione di Kiev alla Nato, dall’altro nessuno sembra disposto a impegnarsi logisticamente, e men che meno militarmente, per difendere l’Ucraina. Ci si chiede a cosa serva la Nato se l’unico aiuto nel momento del bisogno sono i 5.000 elmetti che la Germania ha promesso di inviare. Una confrontazione con la Russia potrebbe avere un alto costo economico per la Germania (e per l’Europa): questo è il nucleo del problema, di cui le dichiarazioni distoniche di Lindner sono un chiaro indicatore.
Le conseguenze della guerra russo-ucraina sull’economia tedesca possono essere di due tipi. Da un lato, il conflitto porterà a un’accelerazione dei prezzi dell’energia e quindi dell’inflazione. Questo, a sua volta, potrebbe causare un rallentamento della congiuntura. Ci sono poi gli effetti delle sanzioni sull’interscambio commerciale tra Germania e Russia, che vale una trentina di miliardi, sia per l’import (materie prime) che per l’export (automobili, macchine utensili). Il danno delle sanzioni all’economia russa sarebbe in proporzione molto maggiore del danno all’economia tedesca (la Germania rappresenta per la Russia il terzo partner commerciale, la Russia per la Germania il dodicesimo): difficile dire se si tratti di una buona notizia per qualcuno.
Sul fronte interno, la Germania è stata recentemente flagellata dall’uragano Ylenia, che ha imperversato principalmente sulla metà settentrionale del Paese da ovest a est. L’uragano ha provocato notevoli disastri: alberi caduti, strade bloccate, pesanti ripercussioni sul traffico ferroviario e aereo. Tre automobilisti sono morti per cadute di alberi e incidenti stradali. L’interpretazione del fenomeno è duplice: se da un lato può rappresentare un auspicio favorevole per i rotori eolici, dall’altro rischia di diventare un simbolo, una metafora della tempesta perfetta che sta per abbattersi sulla strategia energetica della Ampelkoalition.
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