Nuove regole d’ingaggio nell’Italia con l’elmetto. Se manifesti contro il green pass, sei un pericoloso untore. Se lo fai contro Putin, non c’è rischio di contagio da assembramento. Anzi, pare che aiuti a far regredire la pandemia.
Una sorta di vaccino democratico. Se fino a ieri era un pericoloso fascista e antisemita, da oggi Viktor Orban è non solo un leader presentabile ma un faro di democrazia post-sovietica. Infine, CasaPound e Forza Nuova vanno sciolte, mentre tifare per i nazisti (veri e rei confessi) del Battaglione Azov che detta la linea al governo di Kiev è cosa buona e giusta. Vostro dovere di sudditi e fonte di salvezza degli interessi Usa. Fine del prontuario, ricordatevelo se non volete finire sulla lista degli amici del Cremlino da bandire dal genere umano.
Il problema sostanziale è che la gente non capisce cosa sia realmente successo nelle ultime 24 ore. E non in Ucraina, di cui non parlo come promesso. Bensì nel nostro Paese, da ieri in stato di pre-allarme gas e con lo spazio aereo interdetto ai voli russi. Signore e signori, se pensavate (giustamente) che il Governo Draghi fosse la maschera presentabile del commissariamento de facto dell’Ue, oggi sappiate che esso stesso è stato commissariato. Tutto si è dipanato rapidamente fra venerdì e sabato, quasi in maniera impercettibile. Nella sua comunicazione al Parlamento, il presidente del Consiglio è incappato in una mezza gaffe relativa alla telefonata non andata in porto con il presidente Zelensky, il quale ha replicato piccato con un tweet, nel quale prometteva in futuro di sincronizzate meglio l’agenda bellica per non far attendere palazzo Chigi. Sgradevole. Perché unica sbavatura in un clima di farsesca solidarietà collettiva europea verso un Paese che vede il suo presidente sfruttare l’alibi delle bombe per ricattare l’Ue e costringerla a dare il via libera all’ingresso su corsia preferenziale di Kiev, terribilmente a corto di soldi e necessitante dei munifici fondi comunitari.
In serata, una strana accelerazione sull’estromissione della Russia dal sistema di pagamento SWIFT, dopo che Germania, Austria, Ungheria e Italia avevano pressato in sede di Consiglio Ue per evitare quella mossa suicida. Il motivo della freddezza di Mario Draghi al provvedimento sta tutto in questi grafici: le nostre banche, Unicredit in testa, sono le più esposte al mercato russo con qualcosa come 25 miliardi, mentre un interscambio da 26 miliardi cui fa capo un export da oltre 11 rischia di far saltare più di un’azienda, se si blocca la possibilità di rientrare dei crediti rispetto alle controparti russe.
Eppure, venerdì sera all’ora di cena, un tweet del ministro degli Esteri ucraino annunciava la svolta: in una telefonata, il ministro Di Maio aveva confermato il sì italiano all’estromissione di Mosca da SWIFT. Ufficialmente, nessuna conferma dall’Italia.
Ed eccoci a sabato. Dopo un martellamento mediatico unilaterale senza precedenti, cui a Vladimir Putin mancava di essere additato solo dell’omicidio Kennedy e della strage di Bel Air con Charles Manson, ecco che la Germania rompe il primo tabù: trasferimento diretto di armi pesanti all’Ucraina. Idem la Francia. Poi anche l’Italia. L’Europa va in guerra, ancorché senza aver gli attributi per farlo in prima persona. Probabilmente obnubilati dal clima bellico, quasi fossero ragazzini di fronte alla visione di Rambo, i Paesi europei cominciano ad accelerare sulla pratica SWIFT, la stessa che gli Usa hanno accantonato, non volendo perdere il ruolo di mediazione monetaria internazionale garantita dal clearing sul dollaro insito in SWIFT. Ed ecco arrivare il tweet del presidente ucraino Zelensky, il quale annuncia come Mario Draghi gli abbia confermato nel corso di una telefonata il sì italiano all’adozione della cosiddetta opzione nucleare finanziaria. Conferme dirette da Roma? Zero. Un silenzio imbarazzato e imbarazzante.
Al Mef, intanto, sudano freddo pensando alle conseguenze immediate su profilo borsistico per le banche e solvibilità delle aziende esposte. Infine, nel tardo pomeriggio, ecco la ciliegina. Siccome Mario Draghi stava mettendoci un po’ troppo a confermare personalmente e ufficialmente il presunto via libera all’estromissione della Russia da SWIFT, ecco che qualcuno alla redazione di Bloomberg ha pensato che fosse il momento giusto per tirare fuori dal cassetto un bel retroscena. Un incontro a Mosca fra funzionari italiani e russi per discutere di contratti e partnership economiche da miliardi di euro. E non a fine gennaio, in concomitanza con il meeting dei principali Ceo con Putin al Cremlino. Ma soltanto la scorsa settimana, per l’esattezza il 14 febbraio. Quando già si udivano i tamburi di guerra. E il pezzo è informatissimo: si parla dell’abboccamento fra Ansaldo Energia e NordEnergoGroup, di quello fra Enel e Sberbank per investire in Slovenske Elektrarne e dell’investimento da 200 milioni di euro di Rusal nel suo impianto in Sardegna. Apparentemente, informazione. Ufficialmente, un avvertimento a orologeria. O arriva in fretta l’ok all’estromissione russa da SWIFT, come vogliono gli Usa (che mandano avanti l’Europa, però) o lo scandalo potrebbe allargarsi. E, magari, oltre al danno reputazionale già in atto, potrebbe arrivare qualche schizzo di sanzione accessoria anche contro Roma, rea di intelligenza con il nemico. Magari in sede Ue. Magari una procedura d’infrazione.
Ancora dubbi sul fatto che siamo ufficialmente nel mirino come Paese, peggio che nel 1992? Oppure anche questo fa unicamente riferimento al bene supremo dei civili ucraini e all’obiettivo superiore della pace nel mondo? Ma tranquilli, perché come tutti i servi che si rispettano, anche noi italiani avremo diritto alle briciole del banchetto: a detta di Christine Lagarde e in vista del board del 10 marzo, “la Bce è pronta a prendere in considerazione qualsiasi azione sia necessaria per garantire la stabilità”. Tradotto, più Peoo per tutti anche dopo il 31 marzo. E la formula utilizzata è a dir poco evocativa: ECB ready to take whatever action needed for stability. Come nel 2012, un altro whatever a Francoforte. Pessimo segnale.
Signori, qui nessuno sta lottando per la democrazia e la libertà dei civili ucraini o contro il neo-imperialismo zarista di Vladimir Putin. Qui si sta mettendo pesantemente a repentaglio la stabilità globale per garantire unicamente la solvibilità di debiti pubblici fuori controllo e il finanziamento diretto di deficit in via di esplosione. Insomma, o guerra o un altro 2011 al cubo e combinato con un 2008 all’ennesima potenza. Non a caso, persino il Governo dei Migliori è stato commissariato da forze e interessi ben più potenti, quando ha balbettato troppo (giustamente) sull’adozione di quella misura suicida.
Cosa accadrà adesso? Io mi chiamo fuori, stavolta siamo davvero in territori inesplorati. Una cosa sola è certa: avendo scelto di sanzionare la Banca centrale russa, vietandole di fatto di utilizzare le riserve monetarie sul mercato per sostenere eventuali crolli del rublo, l’Europa e gli Usa puntano al caos ai bancomat e nelle banche della Federazione Russa, magari già dalla riapertura di stamattina. Di fatto, vogliono che il popolo si rivolti contro Putin. Avete idea gli effetti collaterali che può avere un azzardo simile?
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