Il sistema informativo di previsione degli andamenti del mercato del lavoro (sistema informativo Excelsior) messo a punto da Unioncamere e Anpal sta diventando sempre più uno strumento utile per avere un orientamento su quanto sta preparandosi sul lato domanda di lavoro e sulle aspettative del sistema produttivo. I dati sono sempre più precisi e le tendenze, ormai misurate su un numero significativo di anni, permettono di cogliere per tempo i problemi che impattano sulla dinamica dell’offerta e della domanda di lavoro.
Il comunicato della seconda metà di febbraio analizza i dati raccolti nella seconda metà di gennaio ascoltando le previsioni di 88.000 imprese. L’analisi aggregata del dato ci dice che c’è una frenata significativa nelle assunzioni previste. Nel mese di febbraio emerge una previsione di circa 320 mila assunzioni con un calo di 140 mila posizioni rispetto alla previsione di inizio anno.
Risulta quindi un calo superiore al 30% delle previsioni di assunzione su base mensile anche se i valori assoluti segnano un +40% rispetto al febbraio ’21. Un anno fa eravamo però immersi in un lockdown che interessava pressocché tutti i settori economici mentre adesso siamo in fase di riapertura di tutte le attività.
I due settori che hanno un calo sopra il valore medio sono i servizi (-32%, ma +33,8% rispetto a un anno fa) e il commercio (-43,7% pur sempre con segno positivo sull’anno, +37,6%). L’industria ha una frenata del 29,5% e anche le costruzioni, nonostante il superbonus, frenano con un -20%.
Interessante per capire le ragioni della frenata è guardare alla composizione della domanda che regge per settori produttivi e per professionalità richieste.
Per l’industria, meccatronica e metallurgia coprono oltre il 50% delle previsioni di assunzione. La filiera dell’automotive è invece in arretramento sia per le previsioni di ristrutturazione in vista del passaggio all’elettrico che per la carenza di materie prime e chip che frenano la produzione attuale. Sono invece molto contenute le richieste di assunzione nel settore dei beni di consumo.
Nel terziario la ripresa delle attività della filiera dell’ospitalità, del turismo culturale e di affari è quella con un andamento più sostenuto. Continua la crescita dei settori che sono stati determinanti anche nella fase più dura della pandemia, servizi alle persone, trasporti, logistica e magazzinaggio.
La difficoltà a trovare le professionalità ritenute necessarie dalle imprese cresce anche in questa rilevazione. Almeno il 40% delle esigenze espresse si scontrano con un’assenza di offerta di lavoro adeguata. È un +1% rispetto al mese precedente. Per il 29% dei casi si ritiene sia dovuto ad assenza di candidati il mismatching esistente fra offerta e esigenze dei settori produttivi. Il 14% è dovuto a preparazione inadeguata.
I profili più difficili da reperire sono tutti nella fascia fra tecnici specializzati e coordinatori di gruppi di lavoro. Sia l’industria che i servizi, ma anche l’edilizia, denunciano una carenza di figure tecniche con alta formazione e capacità di autonomia e di gestione di processi produttivi. Sono proprio i tecnici di processi produttivi di beni e servizi (carenza valutata forte dal 68,4% delle aziende), del settore della salute (mancano per il 59,6%). Ovviamente vi è carenza di tutti i percorsi di materie tecnico ingegneristiche e scientifiche. Identica denuncia di carenza, con percentuali analoghe, sono evidenziate per operai specializzati. Mancano fonditori, saldatori, lattonieri, calderai manutentori e rifinitori edili.
È risultata in crescita la domanda di lavoro rivolta direttamente ai giovani (+2% sul mese precedente), ma essa si scontra con un mismatching sempre più accentuato fra formazione in cui prevalgono percorsi umanistici ed esigenze di formazione economica e tecnico-scientifica.
Il quadro offerto dai dati previsionali rispetta quanto emergeva dalla rilevazione statistica dell’andamento delle forze di lavoro di fine anno. Sui comportamenti rilevati negli ultimi mesi, la rilevante crescita delle dimissioni volontarie, risulta anche dalle intenzioni delle imprese che per professioni con specializzazione mostrano che vi sono grandi possibilità di migliorare le proprie condizioni di lavoro se disposti a cercare nuove opportunità.
Lo stesso, al negativo, può dirsi per molti rifiuti di collocazioni lavorative. Le condizioni contrattuali offerte vedono una forte prevalenza di tempi determinati (unico segno positivo la crescita dell’apprendistato) e di condizioni salariali al limite dei working poor.
È evidente che le tensioni salariali dovranno a breve trovare uno sbocco nei rinnovi dei contratti scaduti, in meccanismi di recupero delle fiammate inflattive in corso e di misure contro i lavori poveri. Questi interventi, più delle forme contrattuali, possono segnare un’inversione di alcuni dei comportamenti dell’offerta di lavoro oggi ritenuti anomali.
Nello stesso tempo si devono prendere decisioni di politica industriale e ambientale per ridefinire il piano energetico nazionale. L’eccessiva dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti è oggi il fattore determinante dell’aumento dei prezzi ed è un limite alla capacità produttiva di molte filiere industriali.
La scorsa settimana la Russia, con scelta criminale, ha invaso l’Ucraina. Non sappiamo ancora valutare la portata del conflitto e la sua durata. Augurandoci che si possa bloccare rapidamente e si possa tornare a trattare resta comunque un impatto sui prezzi dell’energia. Quanto detto sopra potrà essere amplificato da un’inflazione che dovesse aumentare ancora.
Gli impatti sull’occupazione potrebbero essere di ulteriore frenata rispetto alle aspettative di ripresa post-pandemia che erano state delineate a fine 2021. Perché nessuna risorsa umana vada dispersa sarebbe utile avere una rete di servizi al lavoro che gestisse le transizioni provocate dai mutamenti in corso e dai nuovi problemi della crisi internazionale.
Il ritardo dell’avvio di scelte unitarie e universali nel sostegno alle diverse fasi della vita lavorativa delle persone ci costerà più caro del previsto.
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