Dietro gli spari che sentiamo alla televisione e alla radio, dietro il bagliore rosso delle bombe che cadono sulle città e sui cittadini in Ucraina vi sono sempre due uomini. Uno che spara e l’altro che muore. Uno che prende la mira e l’altro che cade ferito, che trema di paura, che fugge. Se non pensiamo a questi due uomini, che immaginiamo uno di fronte all’altro, non ci avviciniamo alla tragedia della guerra. Abbiamo bisogno di capire le ragioni geopolitiche, culturali, militari ed economiche di quanto succede, ma soprattutto abbiamo bisogno di farci carico del tremore umano del conflitto. Persone che come noi, qualche giorno fa, bevevano una birra all’uscita dal lavoro, ora dormono in una cantina mentre si ode il grido prolungato delle sirene d’allarme. Alcuni hanno deciso di arruolarsi nella resistenza, pronti a uccidere e a morire. Altri fuggono dal Paese: ora i rifugiati sono europei.
I giovani soldati russi, per i quali la milizia era un gioco, sparano contro edifici civili. La guerra è sempre un sudicio mostro e, al fondo, incomprensibile. Per farsene carico non è sufficiente guardare le mappe, l’avanzare delle truppe, i proiettili sui muri, gli edifici dissolti come burro al sole. È necessario incontrare, immaginare, due uomini armati uno di fronte all’altro. È necessario ascoltare e abbracciare chi abbandona la propria casa. Spesso ci manca sensibilità, educazione per fare questo. Perché a noi europei la pace appare come lo stato naturale dell’uomo e la democrazia lo stato naturale di una società.
L’Europa e il mondo non sono più gli stessi dalla settimana scorsa. Una potenza nucleare ha invaso un Paese europeo a quattro ore di aereo da casa nostra e questo comporta una nostra responsabilità personale. La prima responsabilità è capire. Non capiremo se non ci rendiamo conto di come il risentimento, la sensazione di essere stati danneggiati possano diventare il senso della vita. Il popolo russo, dalle sue origini, è stato segnato da una grande capacità di stupirsi, da un profondo senso del mistero. La profonda e drammatica nostalgia di altri tempi si è trasformata ora in appoggio al nazionalismo di Putin. Senza questo appoggio, difficilmente sarebbe successo ciò che sta succedendo. Non è una reazione che ci è estranea. Putin offre un succedaneo di significato, spettacolo ed esaltazione, per dare sfogo al malessere dei suoi. Cresce la nostalgia dei tempi dell’Unione Sovietica.
L’Occidente si è sbagliato, certamente, non ha avuto la sensibilità di capire cosa comportasse l’espansione della Nato, come già denunciava Kissinger. Questo non è sufficiente, però, per capire. Putin raccoglie la tradizione della Grande Russia di Caterina la Grande, ma anche la tradizione sovietica nella quale lo Stato si sostituisce all’individuo. E lo Stato ora canalizza l’ira. Il nazionalismo di Putin cerca di riempire il vuoto sociale e l’assenza di legami creata dall’individualismo con un falso concetto di appartenenza.
A lungo termine, la cosa più probabile è che l’invasione dell’Ucraina comporti per la Russia una sconfitta. Putin vuole risuscitare l’Unione Sovietica, ma l’Unione Sovietica è crollata. Mosca è molto più debole di quando i suoi carri armati invasero Praga nel 1968, di quando impose la legge marziale in Polonia nel 1983. La Russia di oggi assomiglia all’Unione Sovietica sconfitta in Afghanistan. Malgrado la sua forza militare è una potenza in declino. Putin, risuscitando l’Unione Sovietica, ha risuscitato la Nato e il significato del legame atlantico. Fino a qualche mese fa, gli Stati Uniti erano convinti che l’Europa avesse perduto interesse dal punto di vista geopolitico in favore dell’asse Asia-Pacifico. A breve, medio e, certamente, a lungo termine, si rende però necessario difendere l’Europa e l’Europa non può difendersi da sola. Occorrono, sicuramente, strategie di dissuasione, che questa volta si sono dimostrate inutili. È però necessario, soprattutto, che gli europei recuperino l’evidenza che la pace si deve costruire costantemente. Come si deve costruire costantemente la democrazia. La comoda passività è l’altra faccia del populismo. È possibile che ci si debba aspettare una valanga di rifugiati e sappiamo già che i populismi utilizzano sempre l’arrivo di stranieri per guadagnare spazio e voti.
Chi è il prossimo? La Cina invaderà Taiwan? Viviamo in un mondo pieno di autocrati. Il presidente del club è Xi Jinping. Il multilateralismo è destinato a morire, impera nuovamente la legge del più forte. La Cina, come la Russia, ha un regime nazionalista con grandi aspirazioni imperiali. Pechino, come Mosca, è ossessionata da ciò che chiama la “riunificazione”. Tuttavia, la Cina ha tempo, è una potenza in ascesa. Xi Jinping segue con attenzione la reazione occidentale all’invasione dell’Ucraina. I suoi interessi lo spingono a non rendere evidente un’aperta interferenza, ma il mondo di questo secolo sarà sempre più un mondo senza regole, dove il potere economico e il potere militare saranno sempre più dissociati dalla libertà. Questo richiede persone e comunità sociali più solide, più capaci di distinguere la verità dalla menzogna, più coscienti del valore del proprio io, meno a proprio agio, ma capaci di ricostruire continuamente la pace e la democrazia. Per evitare che ci sia un uomo di fronte a un altro uomo.
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