IL 5 MARZO SARANNO 100 ANNI DA NASCITA PASOLINI
Il 5 marzo 2022 scatta il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, l’autore che forse più di tutti ha segnato la cultura e la storia italiana del Novecento: anche solo l’elenco delle sue “attività” fa impallidire, da poeta a regista, da scrittore a filosofo, da romanziere a linguista e traduttore oltre che attore e drammaturgo.
P.P.P. come viene solitamente identificato avrebbe compiuto 100 anni tra qualche giorno, se solo non fosse stato ucciso in maniera brutale in quella circostanza ancora oggi “misteriosa” in quel dell’idroscalo di Ostaia. Tanti che lo “citano”, molti che lo “ricordano”, tantissimi che se lo “contendono” per schierare nella propria componente politico-culturale: e invece Pasolini era molto di più, era un uomo con mille contraddizioni e mille genialità. Che passava dal film cervellotico al saggio spiazzante contro le ideologie che andavano per la maggiore negli anni Settanta: «Intorno ai 40 anni mi accorsi di trovarmi in un momento molto oscuro della mia vita», così ammetteva Pasolini in uno dei libri più intimi e tormentati del geniale oggi “centenario”, La Divina Mimesis.
CENTENARIO PIER PAOLO PASOLINI: L’INFERNO E L’IO
Per “Il Sussidiario.net” lo scrittore e giornalista Giuseppe Frangi lo raccontava così quel testo così intenso e così poco “studiato” nella normale prosopopea pasoliniana della cultura dominante: «Pasolini aveva avvertito la necessità di documentare la crisi che lo aveva attanagliato alla metà degli anni 60, quando sentì svanire la vitalità delle borgate e trionfare il modello della borghesia neoconsumista (“un mondo di acquirenti”, lo definisce)». Mentre in molti si dilettano in questi giorni tremendi della guerra all’Est Europa in Ucraina a riportare le frasi e gli aforismi di Pasolini sul tema della guerra («E quando dicevo che il Movimento Studentesco non può fare la guerra, volevo dire che la guerra la fanno gli eserciti, e che gli eserciti sono delle istituzioni», per citarne uno celeberrimo), è il senso dell’Io e la cura per la persona che attraversa più di tutti i temi l’opera di P.P.P.: «Solo io, segnato da un confine: sproporzione, incredibile, tra questo piccolo me e tutto il resto del mondo, così grande, inesauribile anche nella nostalgia», scriveva l’autore bolognese nel libro ispirato alla Divina Commedia. Secondo Frangi, «Non è un libro a lieto fine La Divina Mimesis, come non è stata certo a lieto fine la vita di Pasolini. Non c’è nel libro un’uscita dall’Inferno. Ma dentro questa selva oscura, davvero a tratti troppo oscura, si sente battere il cuore ferito di un poeta, che “come un fiore, nient’altro che un fiore non coltivato”, obbedisce “alla necessità che mi vuole preso dalla lietezza che succede allo scoraggiamento”».