vIl Covid ha un impatto fortemente negativo sui tessuti del cervello, tale che riduce la materia grigia come un invecchiamento di 10 anni. Lo rivela uno studio pubblicato ieri su Nature e condotto dal dipartimento di neuroscienze cliniche dell’Università di Oxford. Sono state coinvolte persone che sono state sottoposte a scansioni cerebrali prima di contrarre il Covid e alcuni mesi dopo: 785 soggetti i cui dati sono stati raccolti da UK Biobank. Di questi, 401 sono risultati positivi al Covid tra marzo 2020 e aprile 2021.
Gli altri 384 hanno costituito il gruppo di controllo perché non erano stati contagiati, ma avevano caratteristiche simili alle persone dell’altro gruppo per età, sesso, anamnesi e stato socioeconomico, come evidenziato dal Corriere della Sera. Tutte persone tra 51 e 81 anni di età. Ebbene, i risultati hanno evidenziato una restrizione di volume oltre che danni ai tessuti nelle aree cerebrali legate all’olfatto, che però sono coinvolte anche in altre funzioni. Ciò è emerso a quattro mesi e mezzo dalla prima scansione post Covid.
COVID E CERVELLO: CAUSE DANNI IGNOTE
Hanno perso tra lo 0,2% e il 2% di materia grigia in più rispetto a chi non è stato colpito dal Covid, nonostante una malattia in forma leggera. Le cause di questi cambiamenti non sono chiare, ma non mancano le ipotesi: infiammazione e privazione sensoriale. D’altra parte, non sono chiare le implicazioni di questi cambiamenti né una correlazione con danni permanenti o disfunzioni di pensiero, memoria o altre funzioni cerebrali. Un esercizio su cui i pazienti Covid hanno mostrato un deficit è quello di connettere i punti che coinvolge lettere e numeri alternati: hanno impiegato più tempo, quindi potrebbero avere problemi nella messa a fuoco, velocità di elaborazione, ma non è un test risolutivo per una valutazione.
Infatti, le domande sono molteplici: bisognerebbe chiarire se la riduzione della materia grigia del cervello sia collegata a danni e se l’impatto deleterio sia reversibile o meno. Infatti, come evidenziato dal Corriere della Sera, le scansioni evidenziavano differenze più marcate con l’aumentare dell’età, quindi i giovani potrebbero avere una migliore capacità di recupero. Andrebbe anche approfondito il ruolo dei ceppi virali e dei vaccini.