“Sta diventando, è diventata una questione di bandiera, più che di sostanza”. Ne è convinta Marina Lalli, presidente nazionale Federturismo Confindustria, riferendosi alla nuova legge sulle concessioni balneari. Che fosse davvero tempo di un riordine del settore, però, sono convinti tutti.
È così, presidente?
Certo, non si poteva fare ancora finta di niente, dopo tutte le proroghe, i richiami europei e i mancati aggiornamenti. Qualcosa non funzionava, e bisognava assolutamente intervenire. Ma così, con la messa in gara di tutte le concessioni dall’inizio del 2024, senza paracadute e con la mancanza di adeguate tutele, si rischia di dissipare un tessuto produttivo che invece ha contribuito nel tempo a valorizzare e proteggere i nostri litorali.
Salvo a volte sfruttarli a tal punto da renderli o inaccessibili o stravolti per moltiplicare il guadagno personale…
Sì, a volte è capitato, ma si tratta pur sempre di eccezioni. Guardi, di fatto le spiagge non oggetto di concessioni quasi sempre finiscono dimenticate, diventano le peggiori, tanto che i concessionari limitrofi sono costretti a occuparsene comunque, per non degradare anche il loro tratto. La realtà è che i balneari hanno reso da sempre un servizio al Paese, facendo delle coste un’attrattiva turistica, direi la maggiore attrattiva turistica del nostro Paese.
Quindi la nuova normativa secondo lei danneggerà un patrimonio di esperienze da preservare?
Dico solo che si va a normare qualcosa che non si conosce. Uno dei presupposti per mettere mano seriamente alla materia sarebbe sapere di cosa si tratta. E invece a oggi non esiste ancora una mappatura dell’esistente, non è mai stata completata, non ci sono dati definitivi. E se si comincia così, allora lo scenario si fa inquietante anche per tutto quello che verrà dopo, perché parlando di concessioni demaniali si farà presto a passare dai litorali alla montagna, alle coste lacustri, ai porti turistici…
Le proteste che i balneari stanno portando avanti in queste settimane si basano soprattutto sul fatto che le loro imprese non sono considerate aziende e non possono quindi aspirare ai fondi del Pnrr, e che per le procedure di assegnazione non sono stati determinati i criteri di valutazione dell’avviamento e degli investimenti fatti.
È così: c’è l’incognita sull’incidenza del valore delle imprese che andranno a gara. Come dicevo, sembra un’inutile caccia alle streghe, dove pochi casi eclatanti, ai quali si potrebbe porre rapidamente rimedio, stanno infangando un settore produttivo invece sano e portatore di benessere e tutela dei territori. Si portano ad esempio della campagna denigratoria i canoni ridicoli di alcuni? Beh, in 24 ore si potrebbe cambiarli, triplicarli, decuplicarli, se questo fosse il problema.
Mentre invece…
Si va avanti a testa bassa, senza la volontà di trovare la quadra, una mediazione pur possibile tra le ragioni dei balneari, quelle degli ambientalisti e quelle di chi gestisce il bene comune, senza verità preconfezionate, ma cercando di far convergere su una posizione comune anche chi fa parte di schieramenti diversi. In gioco c’è anche la composizione delle commissioni che guideranno le gare, ed è evidente che sarà questo un argomento delicato, perché chi decide chi-cosa-come dovrà dimostrarsi davvero super partes.
Prevede quindi un intensificarsi di manifestazioni, di proteste, di rivendicazioni? Lei pensa di parteciparvi?
Pur senza scendere in piazza, Federturismo è attiva e presente in questa fase di tensioni. Gli incontri e le riunioni si susseguono senza sosta (l’altro giorno, sulla Bolkestein, Lalli ha partecipato al convegno europeo “Turismo e piano di ripresa Ue. Come sostenere uno dei settori più colpiti dalla crisi”, ndr), nonostante adesso tutta la filiera del turismo si trovi ad affrontare una nuova, gigantesca crisi, quella dell’Ucraina, tra disdette e mancati arrivi da molti Paesi. Ma continueremo a lavorare anche sul settore balneari, perché la gestione delle coste italiane è fondamentale per l’industria del turismo e l’economia nazionale.
(Alberto Beggiolini)
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